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IGNORED

CARLINO CARLO V L'AQUILA


Risposte migliori

Ti allego l'immagine di un reale apparso in vendita dalla Numismatica Picena.

Qui c'è un altro esemplare in vendita sempre alla numismatica Picena

http://www.numismaticapicena.com/home/index.php?page=shop.product_details&flypage=shop.flypage&product_id=2260&category_id=277&manufacturer_id=0&option=com_virtuemart&Itemid=26

Quello precedente sai a quanto era stato messo in vendita ?

....no perchè questo che è in vendita adesso è un po caro direi .....

Grazie

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Qui c'è un altro esemplare in vendita sempre alla numismatica Picena

http://www.numismaticapicena.com/home/index.php?page=shop.product_details&flypage=shop.flypage&product_id=2260&category_id=277&manufacturer_id=0&option=com_virtuemart&Itemid=26

Quello precedente sai a quanto era stato messo in vendita ?

....no perchè questo che è in vendita adesso è un po caro direi .....

Grazie

Sinceramente non ricordo il prezzo di vendita. Per quanto riguarda quest'altro anche se può sembrare caro, qualcuno l'ha a cquistato quindi...

Noto che ultimamente i prezzi di determinate monete siano (o appaiono) più alti del solito, ma regolarmente vengono vendute, che dire è il mercato (spero).

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Grazie per la risposta :)

Il fatto è che ho l'impressione , da qualche mese a questa parte , che questo tipo di moneta , cosi' come i piu' comuni Carlini aragonesi , stiano diventando davvero troppi in circolazione .....

Per cui consideravo alto il prezzo del Reale in virtu' della suddetta constatazione .

Saluti D'Aragona II

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  • 3 settimane dopo...
  • 2 settimane dopo...

Grazie per il fantastico articolo su questa "prima" assoluta. Le zecche abruzzesi sono ancora motivo di inaspettate scoperte...mi pare di ricordare un quattrino per Giovanna II della Zecca di Guardiagrele comparso solo pochi anni fa. Certo questo cavallo ha tutto un altro splendore "rivoluzionario"! Per la bibliografia ricordo il catalogo di una straordinaria mostra sulla Zecca de L'Aquila con molti pezzi rarissimi e unici allestita presso la Cassa di Risparmio della Provincia, forse 5 o 6 anni fa. Se lo ritrovo vi fornirò ulteriori dettagli.

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molto interessante, specie la teoria del monogramma. Fa piacere ogni tanto vedere una monetina spesso ignorata, che ha il suo momento di notorietà.

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Awards

Dicevo...a quanti di voi studiano appassionatamente le monete della gloriosa zecca aquilana, oltre agli intramontabili "classici" (Lazari, Fusco) e ai nuovi astri come Andreani, consiglio (qualora non lo conosceste) un libricino presentato come catalogo della mostra di Casa Signorini Corsi, che si tenne a L'Aquila presso il Salone della Carispaq tra il 15 aprile e il 16 maggio 2003. Sono illustrati i 111 pezzi della collezione, ricca di esemplari unici e rari (tra cui il carlino per Chieti di Carlo VIII di Valois) ma soprattutto impreziosita da un'interessante cavalcata storica politica ed economica sulle vicende che accompagnarono le turbinose aperture e chiusure di zecche in terra d'Abruzzo tra l'epoca angioina e gli albori della casa imperiale d'Asburgo. Il breve saggio, scritto da Raffaele Colapietra, tra i maggiori storici locali, forse il maggiore ancora in vita, presenta una rapida ma ricchissima rassegna di documenti ufficiali e privati e di scritti numismatici, alcuni dei quali forse sottovalutati o ignorati da altri studiosi, oltre a riuscire a conferire complessivamente un senso alle molte vicende di sfondo, solo apparentemente particolaristiche, che hanno accompagnato l'attività delle zecche abruzzesi. Segue una disamina strettamente numismatica dei pezzi presentati in mostra scritta da Vincenzo Lemme (autore della prima pubblicazione sul carlino di Chieti - Rivista Italiana di Numismatica e Scienze affini XCII - 1990) con le illustrazioni in coda. Unico limite: le riproduzioni fotografiche, pure di buona qualità, presentano tuttavia una dimensione costante per cui, se risultano ben leggibili e molto ingranditi i nominali di piccolo modulo (celle, bolognini, quattrini) ne riescono penalizzate le monete di modulo largo (coronati, carlini). Il titolo molto semplicemente è "Le zecche abruzzesi", edito dalla GTE srl per conto della Carispaq nel 2003. Ecco la copertina con il fantastico carlino di Chieti:

zecche_abruzzesi.jpg

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Sono illustrati i 111 pezzi della collezione

Ovviamente gli esemplari della collezione Signorini-Corsi sono ben più di 111 ed abbracciano, oltre a quelli pubblicati nel citato catalogo, anche altre monete abruzzesi ed aquilane, nonché napoletane e di altre zecche italiane. La collezione è stata dapprima repertoriata a mezzo di schede fotografiche con relativa descrizione e numerazione. Tale repertorio è custodito presso il consorzio dei Beni Culturali in L’Aquila alla via Simonetto, che suppongo oggi inagibile se non crollato, dato che si trova nella zona rossa. Successivamente una selezione (direi la migliore) è stata presentata nella mostra Carispaq con relativo catalogo. La catalogazione in schede della collezione, da me personalmente ricatalogata in forma privata presso il Consorzio, ha rivelato numerosi errori di attribuzione tra la zecca napoletana e quella aquilana, peraltro segnalati alle due graziose ragazze presenti, nonché al boss V. P. Il punto in comune tra la catalogazione generale della Collezione e il catalogo della mostra consiste nel fatto che le monete di Carlo V col noto simbolo sono attribuite a Napoli e non ad Aquila.

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Le sono molto grato Sig. Perfetto per la Sua puntuale precisazione e per la preziosa testimonianza e Le chiedo scusa se ho peccato di imprecisione. Il mio intervento era volto a cercare di conferire maggiore risonanza ad una pregevole iniziativa della cara città dell’Aquila che forse non ha avuto un’adeguata diffusione sugli abituali canali rivolti al mondo degli esperti, a cui certo non mi fregio di appartenere ma che questo canale virtuale mi dà il privilegio di contattare.

Tornando al thread principale sullo strano monogramma (?) impresso su alcuni carlini di Carlo V per Napoli. Stasera ho fatto una tonificante sessione di palestra sfilando dagli scaffali il ciclopico volume “Studi di numismatica (1934-1984) del Dottor Giovanni Bovi”, tomo di indiscutibile utilità per chi voglia approfondire la monetazione napoletana o semplicemente aumentare la massa dei propri deltoidi.

Arrampicandomi sulla sua copertina e cercando di guadagnare l’indice generale, mi sono faticosamente riportato a pagina 529, dove principia il pregevole studio monografico “Le Monete di Napoli sotto Carlo V (1516-1554)” originariamente apparso per l’Estratto dal B.C.N.N. – Anno XLVIII – 1963. A pagina 553 c’è un interessante capitoletto (La zecca di Aquila sotto Carlo V) che sostiene, documenti alla mano, l’improbabile assegnazione di quel simbolo alla zecca dell’Aquila, fintanto si voglia credere (com’è consuetudine consolidata) che la lettera R, così frequentemente associata a quel simbolo su diversi esemplari di carlini, sia da riferirsi al Mastro di Zecca Luigi Ram.

Riporto il capitolo per intero, visto l’interesse che può rivestire ai fini di questa discussione e la mirabile ricerca archivistica di fonti il più possibile dirette.

(I parte)

“Il 30 aprile 1520 Carlo V concesse l’apertura della Zecca di Aquila (Lazari). Pare che questa concessione non sia stata eseguita perché il 5 novembre 1523 Aquila chiedeva che si potessero eseguire capitoli e grazie già concessi dal Vicerè de Lanoy alla città stessa, fra i quali quello di poter battere moneta e tenere Zecca, ma senza risultato (I. Ludovisi, Documenti inediti dell’Archivio municipale dell’Aquila. Doc. 24 “Boll. Soc. di Storia Patria” Antinori, XV).

Un documento del 14 luglio 1527 (ibid.) diretto al Regio Capitano di Aquila, firmato dal Vicerè Don Carlo di Lanoy, dimostra la volontà di questo di fare riattivare la zecca.

Ne trascrivo qualche rigo:

<< Havendomene supplicato la Università et Homini de questa Cita de laquila che volessimo fareli bactere la cecca in dicta cita et fare moneta; perché mr. Marcello [Gazzella] se oppone, volemo essere informati da voi como è stato solito farese quando si è bactuto argento in detta Cita et factone moneta. Pertanto incontinente ne manderete dicta informatione, acioché possiamo poi opportunamente provvedere; et cossì si exequa et non altramente, restituendo la presente al presentante >>.

Nel 1529 Aquila che si era ribellata a Carlo V fu occupata dal Principe di Orange che richiese 15.000 ducati per concedere il perdono alla città.

Da un importante documento dell’anno 1568 (A. S. N. Officialium et operatorium regie sicle cunet monete np cum fedelissima civitate neap. super immunitatibus intrascriptis. Sez. Giust. Pand. Nuova, II vol., 290-13) riporto la testimonianza di Giamo Alimanno lavorante della regia Zecca:

<<…esso testimonio fo de bisogno con tutte sue scomodità andare con li altri monetarii a fare la zecca et battere lla per servitio della Regia Corte in la città dell’Aquila quando se revoltò et commese la ribellione et lla assistero alcuni dì da circa vinti dì et de poi per ordine del Ill.mo Principe de Orancie et del S.or Conte de S.ta Agata ritornarsene in Napoli con tutta l’argentaria pigliò il detto Signore Principe da L’Aquila, la Matrice e se ne vennero a fare ditta moneta ne la regia zeccha di Napoli dove sempre esso testimonio in tutti mandati tanto de dì tanto de notte ei stato et quando stettero in l’Aquila non li correva provisione nesciuna si non quella che si guadagnavano…>>.

Un altro testimonio Ligorio Pirro disse:

<<…essendo stata commessa rebellione per la città dell’Aquila quale teneva facoltà di possere cugnare per detta rebellione perse detta facultà et cossì detto Ecc.te S.re Conte in nome de la Regia Corte andò a pigliare possessione de la zeccha de detta città del Aquila dove portò molti laboranti et operarij a cugnare moneta et esso testimonio fo posto a capo della lista ma come che cascò malato se impediò non nci andò altramente et aliud…>>.

Nel 1554 si chiedeva ancora l’apertura della Zecca di Aquila (G. Pansa, La zecca di Aquila nella prima metà del secolo XVI, Riv. Italiana di Numismatica, 1905 fasc. II p.201 e segg.) e a questa apertura faceva ostacolo il mastro di Zecca di Napoli che voleva avere la facoltà di inviare gli operai adatti. Nel 1547 si concedeva alla città di Aquila di coniare monete << de argento videlicet tarini carlini, mezi carlini d’argento et cavalluzzi de arrame puro che la moneta se cugna de presente et cugnarrà in napole con farence alcuno signo perché se conosca essere cugnate in laquila…>> (G. Pansa, Documenti inediti relativi alle Zecche abruzzesi nei sec. XV e XVI. Suppl. a M. Cagiati 1913, n. 8-9-10).

E’ chiaro che le monete coniate ad Aquila dovrebbero avere un segno particolare. La coniazione ordinata nel 1547 ebbe luogo? E quando?

Da quanto ho scritto sono portato a credere che verso il 1528 si coniarono monete in Aquila e che nel 1529 fu sospesa la coniazione in detta città e continuata a Napoli. A seguito del rescritto del 1547, dopo lunga interruzione, probabilmente furono coniate monete che dovevano avere un segno particolare.

(segue...)

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E qui arriviamo alla parte che più ci interessa...

(II parte)

Desidero qui dire qualche parola su di un segno [monogramma] che farebbe riconoscere facilmente le monete coniate ad Aquila sotto CarloV.

Il Sambon scrisse a proposito del tarì del 1542:

<< Sur quelques pièces, au milieu de l’inscription, se trouve le monogramme suivant [monogramma], indiquant probablement le controleur de l’atelier d’Aquila >>.

Questa ipotesi, assolutamente gratuita, fu accettata dal Cagiati e dal re Vittorio Emanuele III, nelle rispettive opere numismatiche. Se veramente la Zecca di Aquila ha funzionato verso il 1528 e nel 1529 osservo che nessuna delle monete di questo periodo ha alcun segno distintivo rispetto alle napoletane. Se la zecca ha ripreso le coniazioni a seguito del rescritto del 16 giugno 1547, ciò avvenne dopo che Ram, sospeso nell’aprile 1546, con decreto del Collaterale del 3 giugno 1547, fu definitivamente privato dell’ufficio di mastro di Zecca. Quindi sono portato a credere che le monete battute in gran numero da Ram, portanti il caratteristico segno, non siano state battute ad Aquila, perché la zecca sembra fosse chiusa dal 1529 al 1547. Se detto segno sulle monete del Ram non indica la zecca di Aquila, non ha questo valore indicativo neanche sulle monete con la lettera A né quando sta solo.

Quanto ho scritto è in dipendenza dei documenti trovati e studiati fin’oggi; mi auguro che altri studiosi possano trovare documenti nuovi che illustrino, con maggior compiutezza, il funzionamento della zecca di Aquila e il significato esatto della sigla misteriosa.

Debbo in ultimo ricordare che il Volume XVIII del C. N. I. a pag. 107 n. 103 e 104 descrive 2 carlini del tipo di quelli battuti dal Ram nel 1542 che portano al diritto, oltre la solita leggenda, una “aquiletta piccolissima”; nella Tavola IV n. 23 è illustrato un esemplare di tale moneta; per l’aquiletta sul detto carlino, debbo fare queste osservazioni:

1. Di tali monete debbono esserne state coniate ben poche, non avendone vista in alcuna collezione pubblica o privata.

2. Tale moneta è in contrasto con quanto ho scritto, in base ai documenti dei quali oggi disponiamo, cioè che le monete di questo tipo non si batterono ad Aquila perché la Zecca era chiusa.

3. La detta moneta depone contro l’ipotesi del Sambon che le monete col segno [monogramma] siano state battute ad Aquila, perché è cosa poco verosimile che, contemporaneamente, si usassero, per la stessa zecca, due segni di zecca differenti.

Ho avuto una sola volta occasione di vedere uno degli esemplari che passarono nella collezione Reale, e ricordo che l’aquila non solo era piccolissima, ma deforme.”

IMG_0001-3.jpgIMG_0002-2-1.jpg

Insomma: un bel saggio a sfavore della tesi “aquilana”. Ma il giallo resta aperto…

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La diatriba rimane aperta e senza documentazione certa possiamo solo fare teorie. Se la città dell'Aquila ha coniato monete sotto Carlo V, sicuramente ha "marcato" queste emissioni con qualche segno distintivo. Come simbolo ha sempre usato l'aquiletta e questo depone a sfavore del simbolo oggetto della discussione. Ma nello stesso tempo dubito si possa assegnarlo a Luigi Ram, perchè esso è presente anche nelle monete che riportano la A di Girolamo Albertino, quindi non sarebbe stato lecito contrassegnare una moneta con le sigle di due mastri di zecca che comunque non hanno mai lavorato insieme, ma uno successore dell'altro. Non ho mai avuto modo di vedere dal vivo il Carlino citato dal CNI con l'aquiletta, ma non ricordo dove lessi che la stessa era talmente fatta male, da far dubitare che si trattasse proprio del simbolo di zecca.

Memmo Cagiati, rafforza la teoria del Sambon, descrivendo il simbolo come un monogramma del nome Aquila (anzi l'idea fu del suo disegnatore, Alberto Tufano, un ragazzino dalle doti fuori dal comune visti i suoi disegni), ma anche in questo caso siamo nel campo delle ipotesi.

Penso che una soluzione definitiva sia ancora lontana.

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Le sono molto grato Sig. Perfetto per la Sua puntuale precisazione e per la preziosa testimonianza e Le chiedo scusa se ho peccato di imprecisione.

Le scuse si porgono per cose ben più gravi, queste sono meno delle inezie. Il mio era solo uno spunto per proseguire il discorso. Inoltre ho la sensazione che ci conosciamo in qualche modo, se non addirittura di persona.

L’elaborazione della mia modesta teoria che fra qualche giorno, se non fra qualche ora potrete leggere è semplicemente custodita tra le fonti già conosciute. L’importante è interpretare il latino maliziosaziomente, unitamente ad altro tipo di studio.

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Trovo molto interessante l'intervento di JunoMoneta, penso che abbia iniziato a imboccare la strada giusta e si vede che ha letto con attenzione l'articolo di Panorama Numismatico e i documenti del'500 pubblicati da Bovi sulla zecca di L'Aquila durante il regno di Carlo V d'Asburgo. Infatti .......... questi documenti sono proprio quelli che sono stati presi in considerazione per la stesura dell'articolo sul monogramma di L'Aquila sul Cavallo di rame.

MOLTE COSE COINCIDONO con i documenti del Bovi, ad esempio....... la zecca di L'Aquila (chiusa da decenni) riaprì dopo una certa data e infatti .......... il famoso monogramma è presente proprio sulle monete marcate dal maestro di zecca Luigi Ram in poi e non prima. Mi spiego meglio ......... da questi documenti ci risulta ............ che nel 1520 Carlo V concesse alla città di L'Aquila l'apertura della zecca ma essa, per motivi a noi non noti, venne riaperta solo nel 1528 dal nuovo maestro di zecca Luigi Ram, a conferma .............. si legga la lettera del 1527 che dice che in quell'anno il maestro allora in carica Marcello Gazella non volle ancora aprire la zecca aquilana .................. e infatti .............. sulle monete con la sigla G del Gazella non vi è alcun monogramma!!! Nell'articolo http://www.ilportaledelsud.org/novitas_rengi.htm sono menzionati tanti altri motivi supportati da documenti che coincidono con quanto affermato dagli autori e .......dulcis in fundo ............... il monogramma presente nella leggenda del Cavallo Aquilano è posizionato (vedi un po' che combinazione!) alla stessa maniera di quello delle monete di Carlo V, capovolto quindi rispetto alla leggenda, una combinazione....? Non penso proprio.

Al di là di tutto comunque ................ le affermazioni fatte nell'articolo hanno un po' di riserva, la certezza matematica è impossibile ............. è chiaro che, in futuro, ciò verrà confermato al 100% soltanto dopo il ritrovamento di ulteriori documenti o altri Cavalli con lo stesso monogramma (magari più nitido). La cosa importante è aver fatto un primo passo .............. soltanto chi non scrive non sbaglia.

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Le scuse si porgono per cose ben più gravi, queste sono meno delle inezie. Il mio era solo uno spunto per proseguire il discorso. Inoltre ho la sensazione che ci conosciamo in qualche modo, se non addirittura di persona.

L’elaborazione della mia modesta teoria che fra qualche giorno, se non fra qualche ora potrete leggere è semplicemente custodita tra le fonti già conosciute. L’importante è interpretare il latino maliziosaziomente, unitamente ad altro tipo di studio.

Me ne rammarico, ma sono certo di non avere mai avuto l'onore, né ricordo tra le mie conoscenze alcun Simonluca, nome particolarmente raro e che difficilmente avrei potuto dimenticare. Del resto non occupo nessuna posizione ufficiale tra gli esperti, e pure tra i collezionisti occupo da diversi anni una posizione assolutamente defilata.

Attendo con ansia il parto della Sua - ho motivo di ritenere illuminante - teoria...e il riferimento sibillino al latino che non ho afferrato contribuisce ad alimentare questo desiderio. Spero di leggerla presto su queste "finestre".

@Francesco: felicissimo di avere stimolato ulteriori considerazioni. Anche a me quella aquletta "piccolissima e deforme" della Collezione Reale ha dato da pensare. Secondo me si dovrebbe indagare maggiormente tra le sparse fonti della storia locale piuttosto che tra le strade già battute da altri studiosi di numismatica. Studiarle per poi metterle a confronto con questi ultimi. Certo uno studio simile può richiedere tempi lunghissimi, senza voler considerare le condizioni in cui ancora versa buona parte della popolazione aquilana, inclusi archivi storici...ma è bene comunque che non si dimentichi quella città, che se ne continui a parlare, anche se solo dalla nostra ristretta prospettiva numismatica. ;)

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Devo essere necessariamente sincero...Ebbene sono soddisfatto.

Sono soddisfatto perchè l'intento principale dell'articolo è stato raggiunto. Il famoso simbolo è ritornato all'attenzione di tutti e ci si sposta in avanti sempre di più con le ricerche. Lo scrivente e il caro amico Francesco proprio questo si erano posti in fase di ideazione e stesura dell'articolo. Le nostre riflessioni, a differenza di numerosi studi secolari in tema, aggiungono ulteriore verve logica e presentano dei dati nuovi, possibilmente da prendersi in considerazione, ossia questa nuova moneta pubblicata, che reca uno "strano" segno difficile da inquadrare, inedito e soprattutto molto simile a quello presente sulle monete di Carlo V. Partiamo da una serie di dati di fatto (posizione, forma, etc.) incontestabili, legati con documenti anch'essi incontestabili e veritieri. La nostra interpretazione di ciò è quella che tutti hanno potuto leggere ma non pretendiamo che tutti la accettino in quanto essa rappresenta una teoria, frutto del nostro modo di vedere la faccenda. A differenza di teorie più o meno strampalate che abbiamo avuto modo di leggere e che tuttora si rincorrono in molte menti numismatiche, la nostra anche se non ha pretesa di verità e di conclusione è basata su dati concreti, che seppur non esaurienti sul tema, costituiscono materiale per eventuali ulteriori approfondimenti. Ribadisco: alcuni spunti che forniamo sono elementi oggettivi non noti prima della nostra pubblicazione, quindi costituiscono un passo in avanti nella ricerca del significato del simbolo. Se qualcuno dovesse sciogliere il simbolo in maniera corretta ma diversa dalla nostra, apportando nuove notizie o confutando la nostra tesi, sia io che Francesco saremmo contenti perchè ci troveremmo nella situazione di aver risolto un dubbio importante. Non solo contenti ma anche grati! Speriamo allora che il contributo di Simonluca Perfetto possa farci muovere verso questa direzione.

Purtroppo in Italia, da tempo, molti numismatici si dedicano a questa disciplina più per cercare notorietà che per fornire un contributo utile alla causa, veramente sentito e con fini essenzialmente filantropici, donando un proprio contributo alla cultura. Molti numismatici tendono sempre ad apparire, cercano di crearsi il mito da star o semplicemente si sentono bene alla prospettiva di poter leggere il proprio nome in un titolo o in una bibliografia. Ebbene questo spirito è quanto mai conflittuale ed assolutamente in contrasto con la volontà di progredire. Mi rendo conto che gli stessi accademici non sono esclusi da questo processo, infatti chi è solito leggere pubblicazioni di un certo registro oppure conosce minimamente alcuni soggetti saprà che una parte dei professori di Numismatica delle università si "fanno le scarpe" l'uno con l'altro, si sparlano dietro e si punzecchiano di continuo. Si tratta di una triste realtà nostrana già messa in evidenza più volte da menti che appartenevano a contesti del passato, ossia quel passato tanto glorioso per la Numismatica del nostro Paese. Il confronto era basato sul rispetto altrui anzitutto, e anche in caso di disaccordo non si cercava di primeggiare o rivaleggiare ma si cercava di esplicare, di far capire. Purtroppo questa gente di oggi è fuori strada, e tutto sommato li considero anche fortunati perchè vivono in uno Stato (Italia) dove una serie di comportamenti sono consapevolmente ignorati. Questa gente per dirla in soldoni, all'estero non avrebbe alcuno spazio e tanto meno voce in capitolo. Per esempio, volendo considerare un estremo, il vergognoso comportamento di alcuni individui estromessi da questo forum perchè non curanti delle regole che ne determinano l'esistenza, finalizzato all'insulto, alla minaccia, all'offesa hanno qualcosa a che fare con la Numismatica? Ben nulla ovviamente. Sarebbe stato pensabile qualcosa del genere 50 anni fa? Certamente no.

Questa lunga digressione è fondamentale perchè mi permette di introdurre un concetto di primaria importanza: avanzare una teoria. Avanzare delle teorie, se si posseggono delle basi utili e solide (ovviamente rifuggendo da amenità infondate e frivolezze), è il cuore della ricerca. Se la teoria viene ad essere confutata e di conseguenza scartata, anche essa ha avut il suo utile compito, ossia quello di venire a chiudere una specifica strada a favore di altre possibili, nel momento in cui essa stessa viene ad essere confutata. Sembra banale, ma questo è il principio che ha condotto l'umanità verso le scoperte basilari della scienza... Faccio un esempio chimico-fisico: l'atomo!

Di conseguenza se la nostra teoria sulla moneta in oggetto dovesse essere confutata, ha avuto comunque un ruolo utile, (1) riproporre il tema all'attenzione di tutti, (2) aver percorso una determinata via da poter evitare di essere considerata.

JunoDM oneta mi fa piacere il suo intervento perchè vuol dire che ha stimolato in lei interesse ad informarsi su alcune tematiche, ma la sua affermazione

un bel saggio a sfavore della tesi “aquilana”. Ma il giallo resta aperto…
si fonda su una documentazione che noi conosciamo, già consultata e soprattutto già verificata, come appare evidente da una approfondita lettura del nostro studio. D'altro canto devo anche ammonirla perchè lei se da un lato non accetta la nostra tesi, non ne propone un'altra nuova, riprende un qualcosa che noi già conosciamo e che già consideriamo nel testo (anzi che motiviamo ed argomentiamo ancor più) ma non ci fornisce alcuna motivazione o spiegazione chiarificatrice personale. Il suo intervento, mi dispiace dirlo, non è scientificamente utile.

Questa nostra pubblicazione, ben nota anche all'estero, ha stimolato la fantasia di numerosi numismatici e ci fa veramente piacere. Proprio oggi un autore spagnolo mi ha scritto di un intervento sulla questione, dopo avermi chiesto l'autorizzazione all'uso dell'immagine della moneta. Addirittura post-data la moneta e intravede una legenda con radice ebraica. Ovviamente sono assolutamente in disaccordo e non trova riscontro quanto da egli sostenuto.

Ad ogni modo aggiungo il link:

http://www.imperio-numismatico.com/baul-de-oro-f26/novitas-rengi-pedro-alvarez-de-toledo-t7897.htm

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Caro Gionata,

ho letto e apprezzato molto il suo intervento come i tanti di Francesco. Non avevo assolutamente la pretesa di scrivere nulla di nuovo, solo di porre all'attenzione dell'iniziatore del thread (iachille) la visione integrale di parte di un saggio (non mio) inteso proprio a chiarire la questione dello strano marchio impresso sul carlino di Carlo V per Napoli. Il mio intervento non pretendeva assolutamente di insegnare nulla ad alcuno (tantomeno a Francesco che ha inserito il testo da me riportato nella bibliografia del suo appassionante articolo sul cavallo di Ferrante) e il testo da me citato esiste ed è a disposizione (sfortunatamente non di moltissimi) da oltre 40 anni. Appunto desideravo solo "socializzarlo" in questo contesto affinché potesse essere letto da quanti non ne erano a conoscenza, avendo proprio per oggetto la moneta d'argento in testa al thread e non il cavallo di Ferrante. Mi pare che Francesco abbia inteso questo mio intervento nella sua genuina intenzione, diversamente da altri come lei. Non posso che rammaricarmene, ringraziandola comunque per aver manifestato la Sua opinione.

Aggiungo i miei più sinceri auguri per l'importante lavoro di approfondimento culturale che persone come Lei e Francesco stanno portando avanti nel cercare di mettere in luce inediti aspetti della monetazione napoletana, in particolare del periodo aragonese a cui sono personalmente molto interessato.

Modificato da JunoMoneta
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solo di porre all'attenzione dell'iniziatore del thread (iachille) la visione integrale di parte di un saggio (non mio) inteso proprio a chiarire la questione dello strano marchio impresso sul carlino di Carlo V per Napoli.

E ti ringrazio.

Non poche sono state le letture di questa discussione 3275. ;)

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solo di porre all'attenzione dell'iniziatore del thread (iachille) la visione integrale di parte di un saggio (non mio) inteso proprio a chiarire la questione dello strano marchio impresso sul carlino di Carlo V per Napoli.

E ti ringrazio.

Non poche sono state le letture di questa discussione 3275. ;)

Molte letture perchè l'argomento è interessante, molto interessante. Ed è affrontato in maniera seria e serena da utenti competenti. E perchè no, magari si viene anche a capo di qualcosa.

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  • 3 settimane dopo...
interpretare il latino maliziosaziomente

So che siete tutti grandi studiosi, certamente più bravi di me, per cui nell’ultimo intervento ho voluto offrirvi uno degli indizi più generici, che, da solo, si può difficilmente ricondurre alla nostra causa, ma almeno spero di aver soddisfatto la vostra sete di studio! Oltre a questo indizio vi è un altro frammento, stavolta in lingua d’epoca molto più importante di quello latino. Inoltre ho considerato una moneta particolare. La fusione di questi 3 elementi permette di ascrivere le monete col misterioso simbolo alla zecca aquilana…..ma in questa fase non ho ancora spiegato il significato del simbolo, cosa che come ho scritto sopra deriva da un ulteriore studio.

A seguito di tali argomentazioni e dato che ormai il mio modesto studio è pubblico sia in Europa che in Italia vi chiedo:

il misteriorso simbolo sarà la stilizzazione del nome RAM?

O il monogramma del nome Aquila?

1zlda95.jpg

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20zp3m8.jpg

O quello che io ho cercato di dimostrare?

O qualcos’altro ancora?

Ovviamente per rispetto dei numerosi acquirenti non potrò elargirvi la mia soluzione a breve, ma nel frattempo vi ho offerto qualche elemento in più.

Grazie a tutti.

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Ovviamente per rispetto dei numerosi acquirenti non potrò elargirvi la mia soluzione a breve,

Ne deduco che ci sarà un'anteprima...in quale eletta rivista / pubblicazione, se non chiedo troppo?

Gradirei immensamente rientrare tra i privilegiati acquirenti e leggerLa nella tristemente dimessa forma cartacea... ;)

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Grazie per la cortesia e la sollecitudine con cui mi ha risposto. :)

Ho cercato di risponderle in PM, ma non riesco a trovare la mia inbox. Ho letto il suo messaggio, ma ora l'ho perduta... :huh:

Modificato da JunoMoneta
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