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La zecca di Siena : Le origini


Risposte migliori

Si è parlato dell'argomento nella discussione sui denari, tuttavia in maniera sibillina, mi piacerebbe capirne di più e approfondire la tematica, visto anche il fatto che non è esplicitato in modo chiaro in nessuna delle opere su Siena, eccetto che nel libricino di Porri, che comunque lascia molti punti interrogativi in sospeso.

Il dubbio che l'autonomia economica senese risalga ad un'epoca anteriore rispetto alla stipulazione del diploma Imperiale (data comunque sconosciuta poichè il documento non è pervenuto) viene dall' accordo tra l'arcovescovo di Magonza e i Senesi.

I Toderi scrivono che la zecca è senza dubbio antecedente alle epistole intercorse tra il comune di Siena e l' Arcivescovo di Magonza, il quale, rapito a Montefiascone accettò un accordo con i senesi, i quali si offrivano di pagare il riscatto nel caso in cui lui si fosse impegnato con l' imperatore (di cui era cancelliere) affinchè venisse permessa alla città l' apertura di una zecca; nelle lettere dell' arcivescovo si intuisce la probabilità che nella città di Siena già fosse presente una zecca (si parla infatti solo di "CONFIRMATIONIS VESTRAE MONETAE"), e l' importanza che il fatto non fosse reso pubblico (Siena era una città ghibellina, fedele all' imperatore e non poteva abbassarsi all' apertura di una zecca clandestina e all' evasione del fisco).

Porri ci informa che in un documento del 1167 trattante la liberazione di alcuni schiavi a Siena, non ci sono tracce di moneta senese, ma solo di Pisane e Lucchesi, questo da a pensare che ancora, in quell'epoca non esistesse una zecca, dichiara altresì con certezza che, nel 1180 la zecca doveva essere aperta per la faccenda del vescovo rapito.

I Toderi ipotizzano che, nonostante il diploma di concessione non sia mai stato rintracciato, ci viene una conferma del fatto che la città lo ricevette nell' episodio in cui, quando Barbarossa assediò Siena nel 1186, tra i vari diritti, tolse anche quello di battere moneta; Porri è di un'altra opinione, crede, infatti, che il diploma non sia mai giunto a Siena e che, nell'86 l'imperatore abbia solo voluto stroncare una consuetudine fastidiosa ormai troppo longeva; nel diploma si legge infatti "et nominatium monetam et pedagium sive teloneum, quam facere CONSUEVERUNT vel FACIUNT"

A tal proposito, il Benvoglienti ci fa notare che sulla moneta senese non appare mai alcun simbolo imperiale (tanto meno il nome dell'imperatore in leggenda.

Finalmente, poi, il 31 Ottobre 1186, Enrico VI invia il diploma effettivamente noto con cui ufficializza (secondo alcuni da l'inizio) la zecca di Siena.

Ci sono altre importanti considerazioni da fare ma non vorrei correre il rischio di mettere troppa carne al fuoco... Spero nell'intervento degli appassionati e studiosi di questa zecca per ricevere chiarimenti sulla questione del periodo in cui la zecca venne aperta e della possibile apertura clandestina che pare trasparire dai documenti.

Modificato da magdi
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Interessante la discussione di magdi.

Sicuramente, in base a come è stato impostato l'argomento, occorre l'aiuto di chi studia a fondo la zecca di Siena. Speriamo intervenga e ci illumini in qualche modo.

In "Le Zecche Italiane fino all'Unità" a cura di L. Travaini, opera di recente pubblicazione, A. Montagano e G. Catoni scrivono che il primo documento dove si registra moneta senese è del novembre 1181 (Casanova 1927) e che l'apertura della zecca si può collocare in un perido di poco anteriore, tra la fine del 1180 e l'inizio del del 1181.

Non conoscevo l'ipotesi di una presunta officina "clandestina" ma non mi stupirei più di tanto. I denari lucchesi (e pisani?) erano imitati in molte aree del Centro Italia. Sarebbe importante stabilire se produceva imitazioni o "contraffazioni" i cui limiti sono difficili da definire ma basilari per capire determinate problematiche.

Sarebbe interessante anche decifrare i motivi per cui Siena ebbe un ruolo fondamentale per l'economia della Toscana medievale ma eventualmente se ne potrà parlare dopo la parte strettamente numismatica.

In attesa di vostre considerazioni

Modificato da adolfos
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In "Le Zecche Italiane fino all'Unità" a cura di L. Travaini, opera di recente pubblicazione, A. Montagano e G. Catoni scrivono che il primo documento dove si registra moneta senese è del novembre 1981 (Casanova 1927) e che l'apertura della zecca si può collocare in un perido di poco anteriore, tra la fine del 1180 e l'inizio del del 1181.

Non conoscevo l'ipotesi di una presunta officina "clandestina" ma non mi stupirei più di tanto. I denari lucchesi (e pisani?) erano imitati in molte aree del Centro Italia. Sarebbe importante stabilire se produceva imitazioni o "contraffazioni" i cui limiti sono difficili da definire ma basilari per capire determinate problematiche.

Sarebbe interessante anche decifrare i motivi per cui Siena ebbe un ruolo fondamentale per l'economia della Toscana medievale ma eventualmente se ne potrà parlare dopo la parte strettamente numismatica.

In attesa di vostre considerazioni

Ciao Adolfo... Con il termine "officina clandestina" si intende, ovviamente, un'officina operante senza il consenso imperiale, e quindi senza un diploma... Il caso, però, è molto molto singolare, poichè, al contrario di tutte le altre zecche clandestine, Siena non avrebbe mai battuto denari imitativi (almeno, nessuno ne parla e nessuno ne trova traccia), ma batte un denaro "nuovo"... Quello con la S che tutti conosciamo!

È singolare, secondo me, il fatto che un nuovo design monetale non avviato e sconosciuto, abbia subito assunto un così largo consenso in tutti i mercati del centro Italia arrivando a sostituire l'ormai affermato denaro Lucchese.

L'unica spiegazione che riesco a dare al fenomeno è che i mercati, ormai privi di una moneta solida, attendessero un nuovo denaro forte e non svalutato, non riconducibile in alcun modo a quello lucchese; probabilmente videro nel denaro di Siena una nuova moneta in grado di soppiantare il denaro lucensis. A questo si somma la notevole crescita mercantile che intraprese Siena in quel periodo e l'attività dei banchieri, oltre alla strategica posizione sulla via francigena che permetteva a queste monete di arrivare copiosamente fin sui mercati laziali (se ne trovano ripostigli nel viterbese e nella provincia di Roma.

Spero intervenga @@monbalda perchè quando discutemmo approssimativamente dell'argomento sull'altra discussione non era molto convinta di questo fatto dei denari battuti senza concezione imperiale.

Poi ci sarebbe una considerazione da fare ma prima devo ricercare il testo che ne parla perchè non vorrei tirare uno sfondone.

Rimaniamo in attesa di interventi...

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ciao, dai miei appunti risulta quanto segue:

Verso il 1175 abbiamo un documento che testimonia il problema della monetazione.

I senesi chiedono ai fiorentini di accettare un accordo commerciale, che prevede l’utilizzo nelle transazioni, di moneta pisana.

La questione nasce dal fatto che circolano sia denari lucchesi, che pisani, ma nei primi la bontà d’argento è in discesa. Pisa invece dopo secoli di chiusura ha riaperto la zecca da poco (1151) e grazie ai traffici marittimi può contare su forniture costanti di argento. Ben presto nei senesi si fa strada l’idea di battere monete proprie.

Così nel 1180 il vicario imperiale arcivescovo di Magonza Cristiano, su pressione cittadina fa riaprire la zecca, con la clausola che la concessione deve essere confermata dall’imperatore.

La conferma di Federico I avviene nel 1183.

Nel 1184 la fazione guelfa prende il potere, impedisce a Federico I l’ingresso nella città e sconfigge le sue truppe.

Nel 1186 Enrico VI assedia Siena senza successo e annulla i privilegi concessi, tra i quali la zecca.

Qualche mese dopo una delegazione di senesi reca all’imperatore una congrua somma e ottiene una nuova concessione.

Se non ricordo male, tutto ciò devo averlo letto in un volume edito a cura della Banca Monte dei Paschi,

"Le monete della Repubblica senese".

Modificato da bavastro
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ciao, dai miei appunti risulta quanto segue:

Verso il 1175 abbiamo un documento che testimonia il problema della monetazione.

I senesi chiedono ai fiorentini di accettare un accordo commerciale, che prevede l’utilizzo nelle transazioni, di moneta pisana.

La questione nasce dal fatto che circolano sia denari lucchesi, che pisani, ma nei primi la bontà d’argento è in discesa. Pisa invece dopo secoli di chiusura ha riaperto la zecca da poco (1151) e grazie ai traffici marittimi può contare su forniture costanti di argento. Ben presto nei senesi si fa strada l’idea di battere monete proprie.

Così nel 1180 il vicario imperiale arcivescovo di Magonza Cristiano, su pressione cittadina fa riaprire la zecca, con la clausola che la concessione deve essere confermata dall’imperatore.

La conferma di Federico I avviene nel 1183.

Nel 1184 la fazione guelfa prende il potere, impedisce a Federico I l’ingresso nella città e sconfigge le sue truppe.

Nel 1186 Enrico VI assedia Siena senza successo e annulla i privilegi concessi, tra i quali la zecca.

Qualche mese dopo una delegazione di senesi reca all’imperatore una congrua somma e ottiene una nuova concessione.

Se non ricordo male, tutto ciò devo averlo letto in un volume edito a cura della Banca Monte dei Paschi,

"Le monete della Repubblica senese".

A quanto mi risulta, non si conosce il diploma imperiale cui fai riferimento, e non vi è neanche la certezza che l'arcivescovo abbia rispettato la promessa...

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Non mancano nel forum gli esperti di monetazione senese, ma in attesa di eventuali loro interventi, qualcosa posso aggiungere o confermare.

Tutto nasce dal documento di cui parlava sopra Bavastro, datato 11 gennaio 1181 stile senese, in cui il Vescovo di Siena dava licenza di innalzare un monastero, ponendo una penale di lire cento in denari senesi ; è la prima documentazione della moneta senese, moneta nuova.

Quindi intorno al 1180 il denaro senese circolava ed era riportato nei contratti ; l'Arcivescovo di Magonza d'altronde aveva riportato la conferma imperiale.

Nel contempo il patto monetario tra Firenze e Siena del 22 marzo 1176 porta ad escludere l'esistenza per entrambe le città di una zecca .

Quindi tutto avvenne tra il il 1176 ed il 1181, ma tutto fa pensare che la data giusta sia vicina al 1180 ,perchè se Siena avesse avuto una qualche idea di coniazione già nel 1176 ,non avrebbe pattuito con Firenze quell'accordo monetario.

Quindi dovrebbe essere stato intorno al 1180 o poco prima la data probabile della coniazione.

Secondo quesito perchè Siena decide di coniare una moneta sua ? Il denaro di Lucca incontrastato dominatore stava sempre più svilendosi e decadendo anche nel contenuto argenteo, l'accordo tra Firenze e Siena del 1176 porta all'impegno tra le due città di usare la moneta di Pisa ; la moneta di Pisa era in auge e servì per un certo periodo come base per le trattative nel territorio in questione.

Ma i senesi per un pò si accontentarono di questo accordo, ma dopo non molto capirono che questo gli stava stretto; Siena ebbe una straordinaria ascesa nel mondo finanziario fino a raggiungere primati anche in campo europeo.

I commerci stavano espandendosi,c'era bisogno di moneta buona,e Siena lo capì.

Nacque una moneta importante il denaro ,successivamente si accostò il grosso per le transazioni più importanti ; se Firenze fu la città dell'oro, Siena fu la città dell'argento.

E coniò una moneta capolavoro, una moneta dell'identità con un logo la sua S che durò nel tempo come moneta vincente e della tradizione, moneta ormai accreditata e riconosciuta anche nei commerci e negli scambi economici.

Siena voleva rivendicare il suo prestigio ottenuto e non voleva perdere posizioni sulla vicina rivale fiorentina.

Una moneta che incarna la sua identità con la S volutamente molto evidente,la rivendicazione del nome della città anche in leggenda, ma un occhio alla tradizione cristiana con quella croce patente sul rovescio, indubbiamente un mix che fu vincente e riconosciuto anche dai mercati, che poi alla fine sono quelli che contano, come sappiamo bene tutti.

Modificato da dabbene
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Visto che la discussione sta cadendo nella parte bassa della pagina prima ancora di aver messo un punto, vorrei rinvigorirla un po', sperando nell'intervento (presto o tardi) di qualche commento più autorevole sull'argomento.

Pare che i denari di Siena siano uno dei pochissimi casi monetali la cui leggenda, oltre alle solite informazioni stilistiche dell'epigrafia che ne permettono una datazione approssimativa, ci da anche una notizia in più che si lega alla toponomastica della città.

La leggenda recita al D/ la scritta "sena vetus", in cui la parola "sena" è al singolare (come siamo abituati a sentirla nominare Tutt'oggi). C'è da dire, però, Che gli studi sull'etimologia del vocabolo, fanno emergere il fatto che, durante il periodo in cui si apre la zecca a Siena, si ha una trasformazione del nome della città, per cui si passa dal singolare al plurale per poi tornare dal plurale al singolare. Domenico Maria Manni, nel suo "osservazioni istoriche sopra i sigilli antichi de'secoli bassi", afferma, grazie ad uno studio su di un sigillo e Supportato da altri studi antecedenti, afferma che nel 1170 la città di Siena era già comunemente ed ampiamente chiamata al plurale; da anni, infatti, si erano aggiunti al nucleo primitivo della città, altri "quartieri" che la resero un insieme di "piccoli borghi", i quali poi, espandendosi, tornarono ad avere la sembianza di unica città.

È tuttavia da prendere in considerazione il fatto, come ci fa notare il Porri citando altri illustri studiosi che hanno affrontato l'argomento, che, seppur raramente, giá dagli anni '20 del secolo in questione si trovi sporadicamente il plurale (senas o senae), tuttavia, a mio modesto parere, questi casi sono solo rari episodi che non comportano un'usanza tale da utilizzare il plurale anche sul conio, viceversa, nei documenti commerciali successivi all'anno 70, il plurale diventa veramente prevalente nei documenti, rispetto al singolare che, viceversa, assume un uso notevolmente sporadico.

Si desumerebbe dunque che, l'apertura della zecca risale ad un periodo antecedente al 1170.

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Altra nota importante, è l'aggettivo utilizzato accanto al nome della città: "vetus"... La vecchia Siena .... Questo per distinguere, appunto, il "terzo di cittá" (termine con cui si indicava la parte di Siena più antica, tolti dunque i nuovi borghi); questo indica che giá si faceva una distinzione, che l'idea di città era forte e staccata dai nuovi quartieri, i quali, probabilmente, non venivano ancora percepiti come parte integrante di Siena; il SENA VETUS della leggenda suona un po' come una sorta di "questa è la moneta di noi del castello vecchio, non è la moneta di quelli di S.Martino e compagnia bella"; nonostante, dunque, il plurale non fosse ancora arrivato nel gergo comune, e non si fosse ancora colta l'idea della "nuova siena" che comprendeva anche i nuclei più nuovi, si aveva già la percezione di dover "proteggere" il nucleo più vecchio dall'espansione dei nuovi abitati... sintomo del fatto che ancora doveva arrivare concretamente l'idea delle SIENE: una cittá più grande che unisce tutti! Questo, secondo me, ci aiuta nel collocare la zecca in un periodo anteriore al 1170...

Attendiamo ancora, magari qualche addetto ai lavori sa dirci qualcosa di più... Mi interessava soprattutto l'intervento di Monica, la quale mi era parsa molto ben informata sull'argomento e scrisse un post veramente interessante (quello mi dette la curiositá necessaria ad iniziare lo studio di questo particolare riguardante Siena) nella discussione sui denari... Spero possa mettere un po' d'ordine tra i dati che brutalmente ho scritto.

Magdi

Modificato da magdi
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Interessanti le tue considerazioni. Però il documento citato da bavastro e dabbene, che è del 1176 (a Siena che stile si usava per la datazione?) in genere è preso a testimonianza del fatto che a quella data non potesse esserci a Siena una zecca già in attività. Però chissà, uno sguardo fresco sull'argomento... ;)

Si riesce ad avere una citazione di questo documento?

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@@magdi: finalmente riesco ad intervenire anche qui (mi scuso ma questo periodo è quello di massimo lavorativo, mentre il sabato è sempre "condito" da qualche convegno o evento da organizzare o a cui partecipare: per cui è difficile trovare il tempo ed il modo di contribuire attivamente alla vita del forum).

In realtà circa la datazione dei primi denari di Siena mi parevano molto sensati sia i post di bavastro che quello di Mario, mentre la mia idea in base alle evidenze documentarie ed archeologiche l'avevo già espressa - mi pare chiaramente - qui : http://www.lamoneta....105#entry937558 . Personalmente non ritengo che i senesi abbiano coniato moneta molto anteriormente al 1180. In effetti l'assenza del nome dell'imperatore tra le legende dei primi denari potrebbe confermare una coniazione avvenuta prima della concessione ufficiale (anche poco prima però ;)), ma in realtà entrano in gioco altri problemi politici (sui quali adesso non mi dilungo ma che leggerete presto altrove ... :)) che differenziano questo dal caso pisano, di circa 30 anni precedente.

Per quanto riguarda l'iscrizione SENA VETVS invece secondo me sei un poco fuori strada, perchè con ogni probabilità ci si riferisce ad una città ancora più antica dell'antico nucleo medievale, ovvero a quella della presunta e mitologica fondazione romana (Saena Julia, al singolare appunto: http://it.wikipedia....Storia_di_Siena), alla quale nel medioevo e nella prima età moderna spesso i senesi si sono rifatti, e sopratutto in momenti di "polemica" nei confronti delle autorità centrali (sullo scorcio del secolo XII l'imperatore, nei primi decenni del XVI secolo il ducato fiorentino).

Se in queste monete del secolo XII ci si richiama alla romanitas di Siena che le dà un'antica auctoritas, precedente ed indipendente alla formazione dell'impero germanico, in quelle degli inizi del Cinquecento ed ancora in quelle della repubblica ritirata in Montalcino si inserisce più chiaramente il motivo della lupa che allatta i gemelli. Sulla lupa "capitolina" di Siena si può leggere questo brano dai toni leggeri ma in fondo non scorretto e divertente: http://www.iloveroma.../lupasenese.htm , mentre qui trovate le immagini di alcuni esemplari presenti nella città toscana: http://commons.wikim...tolina_di_Siena.

Quindi concluderei dicendo che l'uso al singolare del nome della città e l'appellativo vetus non sono elementi ai quali mi affiderei per retrodatare le prime emissioni di denari senesi...ricordando poi le altre evidenze già presentate e discusse...

In attesa di eventuali altre vostre considerazioni

un saluto ed una buona domenica a tutt* MB

Modificato da monbalda
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Inviato (modificato)

Interessanti le tue considerazioni. Però il documento citato da bavastro e dabbene, che è del 1176 (a Siena che stile si usava per la datazione?) in genere è preso a testimonianza del fatto che a quella data non potesse esserci a Siena una zecca già in attività. Però chissà, uno sguardo fresco sull'argomento... ;)

Si riesce ad avere una citazione di questo documento?

Da qualche parte, forse, dovrei averne la trascrizione... Forse sul Porri, o forse sul Promis,,, ricordo che in uno di questi ci sono vari documenti trascritti... Magari anche quello del 1176. Comunque, se ti riferisci al documento che stabilisce le transazioni in moneta pisana, credo che, anche nel caso in cui si fosse battuta moneta a Siena, dubito fortemente che qualcuno lo scrivesse in un trattato ufficiale tra città diverse, e che piuttosto, viceversa, si tendesse a nascondere il fatto, visto che non esisteva alcun diploma imperiale.

Modificato da magdi
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Per quanto riguarda l'iscrizione SENA VETVS invece secondo me sei un poco fuori strada, perchè con ogni probabilità ci si riferisce ad una città ancora più antica dell'antico nucleo medievale, ovvero a quella della presunta e mitologica fondazione romana (Saena Julia, al singolare appunto: http://it.wikipedia....Storia_di_Siena), alla quale nel medioevo e nella prima età moderna spesso i senesi si sono rifatti, e sopratutto in momenti di "polemica" nei confronti delle autorità centrali (sullo scorcio del secolo XII l'imperatore, nei primi decenni del XVI secolo il ducato fiorentino).

Se in queste monete del secolo XII ci si richiama alla romanitas di Siena che le dà un'antica auctoritas, precedente ed indipendente alla formazione dell'impero germanico, in quelle degli inizi del Cinquecento ed ancora in quelle della repubblica ritirata in Montalcino si inserisce più chiaramente il motivo della lupa che allatta i gemelli. Sulla lupa "capitolina" di Siena si può leggere questo brano dai toni leggeri ma in fondo non scorretto e divertente: http://www.iloveroma.../lupasenese.htm , mentre qui trovate le immagini di alcuni esemplari presenti nella città toscana: http://commons.wikim...tolina_di_Siena.

Quindi concluderei dicendo che l'uso al singolare del nome della città e l'appellativo vetus non sono elementi ai quali mi affiderei per retrodatare le prime emissioni di denari senesi...ricordando poi le altre evidenze già presentate e discusse...

un saluto ed una buona domenica a tutt* MB

Grazie@@monbalda per l'intervento

Di questo richiamo classico, mi pare di ricordare, ne parla anche il Promis... Poi, anche nel volume MPS se ne fa cenno... Ma a me è parsa valida anche questa interpretazione (che viene data dal Porri) perchè, secondo me, è molto più vicina al contesto di quegli anni... (con ogni probabilità mi sbaglierò... È solo un'idea)...

L'assenza del nome dell'imperatore non è, Secondo me, probatorio del fatto che si fosse iniziata una coniazione prima del diploma... Perchè comunque, anche quando il diploma c'era, i denari hanno continuato/iniziato ad essere battuti senza alcuna citazione all'autorità imperiale...

Un saluto, Magdi

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Supporter

Caro magdi,

passate in rassegna le evidenze disponibili ...ciascuno è libero di pensare o propendere per quello che vuole. Però francamente io non ci trovo tutto questo significato a riportare sulle proprie monete, le prime mai emesse in quei secoli, i riferimenti al vecchio nucleo della città medievale, mentre tutto altro significato assume il riferimento alle mitiche origini antiche, in generale e maggior ragione in certi contesti politici.

Bisogna poi anche tenere conto della particolare percezione del passato che si ebbe fino al tardo Medioevo , in cui passato non antico o recente, presente e futuro venivano visti come unica cosa, ovvero sulla stessa linea temporale, ed invece si avevano idee fantastiche e mitologiche circa le origini ed il passato primigenio (basta vedere come cominciano tutte le cronache o gli annali medievali fino al pieno XIV secolo: Adamo ed Eva, le origini romane e poi un balzo diretto o quasi al X-XI secolo), oltretutto con una particolare fascinazione per il glorioso passato di Roma. E tu che non abiti lontano da Pisa e conosci bene la sua cattedrale, sai quante "citazioni" della classicità sono messe in mostra in questo edificio, che il manifesto più alto della "romanitas" pisana.

Comunque per te e per gli altri che volessero approfondire questi temi consiglio alcune letture che secondo me fanno sempre bene per capire il mondo medievale, prima di sbilanciarsi a dire cosa "è più vicino al contesto di quegli anni":

Un grande classico: J. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante e altri saggi sul lavoro e la cultura nel Medioevo, di cui si può leggere qui un riassunto/recensione: http://web.tiscali.i...el mercante.htm

Qualcosa di meno noto (Il fascino di Roma nel Medioevo), che però parla di un genere di testo, i Mirabilia urbis Romae, che a partire dal XII secolo ebbe una notevole diffusione nella penisola italica e non solo (ovviamente negli ambiti di chi sapeva leggere, e checchè se ne dica i monetieri sapevano leggere ;)): http://books.google....AAJ&redir_esc=y

Quindi un paio di lavori di Chiara Frugoni, che ricordano aspetti utili sulla percezione del tempo e la raffigurazione dell'antico nelle città medievali italiane: Una lontana città, Torino, Einaudi 1997 http://it.scribd.com...ni-nel-Medioevo; oppure Storia di un giorno in una città medievale, Bari, Laterza 2002: http://books.google....ved=0CDcQ6AEwAA ; http://books.google....bs_similarbooks

Sulla Romanitas di Pisa tra XI e XII secolo infine è noto il saggio G. Scalia, "Romanitas" pisana tra XI e XII secolo. Le iscrizioni romane del Duomo e la statua del console Rodolfo, in "Studi Medievali", XIII/II, 1972, pp. 791-843, citato sia negli studi sul Duomo stesso (http://books.google....ved=0CD0Q6AEwAQ ) che negli studi di Settis su La memoria dell'antico nell'arte italiana: http://books.google....ved=0CEkQ6AEwAw .

Un saluto e...alla prossima :) MB

Modificato da monbalda
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Caro magdi,

passate in rassegna le evidenze disponibili ...ciascuno è libero di pensare o propendere per quello che vuole. Però francamente io non ci trovo tutto questo significato a riportare sulle proprie monete, le prime mai emesse in quei secoli, i riferimenti al vecchio nucleo della città medievale, mentre tutto altro significato assume il riferimento alle mitiche origini antiche, in generale e maggior ragione in certi contesti politici.

Bisogna poi anche tenere conto della particolare percezione del passato che si ebbe fino al tardo Medioevo , in cui passato non antico o recente, presente e futuro venivano visti come unica cosa, ovvero sulla stessa linea temporale, ed invece si avevano idee fantastiche e mitologiche circa le origini ed il passato primigenio (basta vedere come cominciano tutte le cronache o gli annali medievali fino al pieno XIV secolo: Adamo ed Eva, le origini romane e poi un balzo diretto o quasi al X-XI secolo), oltretutto con una particolare fascinazione per il glorioso passato di Roma. E tu che non abiti lontano da Pisa e conosci bene la sua cattedrale, sai quante "citazioni" della classicità sono messe in mostra in questo edificio, che il manifesto più alto della "romanitas" pisana.

Comunque per te e per gli altri che volessero approfondire questi temi consiglio alcune letture che secondo me fanno sempre bene per capire il mondo medievale, prima di sbilanciarsi a dire cosa "è più vicino al contesto di quegli anni":

Un grande classico: J. Le Goff, Tempo della Chiesa e tempo del mercante e altri saggi sul lavoro e la cultura nel Medioevo, di cui si può leggere qui un riassunto/recensione: http://web.tiscali.i...el mercante.htm

Qualcosa di meno noto (Il fascino di Roma nel Medioevo), che però parla di un genere di testo, i Mirabilia urbis Romae, che a partire dal XII secolo ebbe una notevole diffusione nella penisola italica e non solo (ovviamente negli ambiti di chi sapeva leggere, e checchè se ne dica i monetieri sapevano leggere ;)): http://books.google....AAJ&redir_esc=y

Quindi un paio di lavori di Chiara Frugoni, che ricordano aspetti utili sulla percezione del tempo e la raffigurazione dell'antico nelle città medievali italiane: Una lontana città, Torino, Einaudi 1997 http://it.scribd.com...ni-nel-Medioevo; oppure Storia di un giorno in una città medievale, Bari, Laterza 2002: http://books.google....ved=0CDcQ6AEwAA ; http://books.google....bs_similarbooks

Sulla Romanitas Pisa tra XI e XII secolo infine è noto il saggio G. Scalia, "Romanitas" pisana tra XI e XII secolo. Le iscrizioni romane del Duomo e la statua del console Rodolfo, in "Studi Medievali", XIII/II, 1972, pp. 791-843, citato sia negli studi sul Duomo stesso (http://books.google....ved=0CD0Q6AEwAQ ) che negli studi di Settis su La memoria dell'antico nell'arte italiana: http://books.google....ved=0CEkQ6AEwAw .

Un saluto e...alla prossima :) MB

Ho finito i "mi piace" ... Comunque grazie degli spunti che leggerò attentamente nei prossimi giorni :) un saluto

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Direi Magdi che hai da leggere ques'estate ! :blum: :blum: ,scherzi a parte ne terrò conto anch'io degli importanti riferimenti bibliografici dati da Monbalda,comunque tornando al famoso documento tra Siena e Firenze ,è lo stesso Toderi a parlarne : " Con un documento del 22 marzo 1175 ab incarnatione, i comuni di Siena e Firenze firmavano un accordo monetario ; poichè , secondo i calendari stile senese e fiorentino , l'anno aveva inizio il 25 marzo con la festa dell'Annunciazione,la data esatta è il 22 marzo 1176. L'accordo consisteva nell'impiego da parte delle due città di usare, come base per le contrattazioni nei propri territori,la moneta pisana."

Perchè venne scelta la moneta pisana invece per esempio della lucchese è abbastanza spiegabile dal momento specifico monetario dell'epoca, ma quella senese poco dopo diventerà a sua volta moneta buona, di buon argento, di riferimento anche nei mercati.

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