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  1. Il 20 agosto 1799, veniva impiccata, a Napoli, a soli 47 anni, Eleonora de Fonseca, marchesa di Pimentel, condannata a morte dopo essere stata processata dalla giunta di Stato: veniva impiccata con il principe Giuliano Colonna, l'avvocato Vincenzo Lupo, il vescovo Michele Natale, il sacerdote Nicola Pacifico, i banchieri Antonio e Domenico Piatti, a Gennaro Serra di Cassano. Nei giorni seguenti furono giustiziati il giurista Francesco Conforti, il colonnello Gabriele Manthoné, il docente universitario e scienziato Domenico Cirillo, gli scrittori Vincenzo Russo e Mario Pagano, Ignazio Ciaia, Ettore Carafa, Giuseppe Logoteta, ed altri militanti e sostenitori della Repubblica napolitana del 1799, che Benedetto Croce definì "il fiore dell'intelligenza meridionale" o ancora “profeti dell’Unità d’Italia”, nel suo poderoso volume dedicato a questa pagina della storia. Eleonora de Fonseca, marchesa di Pimentel, nata a Roma il 13 gennaio 1752 da una famiglia di origine portoghese, già da piccola, con la famiglia si trasferì a Napoli, città in cui, molto incline alle lettere, sin da giovane compone versi arcadici molto apprezzati che la proiettano fra i personaggi più noti degli ambienti culturali della Napoli del '700: fin dall'adolescenza partecipò ai salotti di Gaetano Filangieri, dove conobbe il dottore Domenico Cirillo e il massone Antonio Jerocades. Intrattenne intensi rapporti epistolari con Pietro Metastasio e con Voltaire, ed entrò nell'Accademia dei Filateti ed anche dell'Arcadia. Nel 1778 sposò l'ufficiale e nobile napoletano Pasquale Tria de Solis, che dopo sei anni lasciò. In questi si formò politicamente fino ad aderire attivamente alle idee repubblicane e giacobine, e proprio per il suo attivismo politico fu arrestata nell'ottobre del 1798 ma, e tre mesi dopo fu liberata per l’arrivo dei francesi a Napoli. Durante la Repubblica napolitana si occupò della redazione del periodico ufficiale "Il Monitore della Repubblica napolitana una ed indivisibile", uscito da febbraio a giugno del 1799, scritto quasi interamente da lei. Questo fu il primo giornale che varò l'"editoriale", poi adottato da tutte le altre testate. Il primo numero aprì con il seguente messaggio di esultanza: " siamo liberi in fine, ed è giunto anche per noi il giorno, in cui possiamo pronunciare i sacri nomi di libertà e uguaglianza, ed annunciarci alla repubblica Madre come suoi degni figliuoli; a' popoli liberi d'Italia ed Europa, come loro degni confratelli". L'azione combinata del Cardinale Ruffo e dell'ammiraglio Horatio Nelson, l'uno da terra e l'altro dal mare costrinsero, il 13 giugno, i francesi all'abbandono della città, mentre i repubblicani napoletani tentarono la resistenza ma, data la sproporzione delle forze, dopo qualche giorno si arresero dietro la promessa dell'incolumità per tutti, che Horatio Nelson non rispettò: migliaia di cittadini furono arrestati e molte centinaia giustiziati. Ad Eleonora de Fonseca, marchesa di Pimentel, è dedicato il Liceo Statale in Via Benedetto Croce, 2, a Napoli, liceo scientifico, delle scienze applicate, linguistico e delle scienze umane, appunto denominato Liceo Statale Eleonora Pimentel Fonseca. Nel 1999 la Repubblica italiana le dedicò un francobollo commemorativo. Per saperne di più https://it.wikipedia.org/wiki/Eleonora_Pimentel_Fonseca www.repubblicanapoletana.it/eleonora.htm www.letteraturaalfemminile.it Eleonora De Fonseca Pimentel www.letteraturaalfemminile.it/eleonora_de_fonseca_pimentel.htm www.treccani.it/enciclopedia/fonseca-pimentel-eleonora-de_(Dizionario-Biografico)/ Biografia di Eleonora Pimentel Fonseca biografieonline.it › Politica › Patrioti italiani › P › Biografie www.enciclopediadelledonne.it/.../eleonora-anna-felicia-teresa-de-fonseca-pimentel/ www.defonsecapimentel.it/eleonora/ www.9colonne.it/28207/eleonora-pimentel-br-e-le-donne-della-rivoluzione
  2. I medaglioni presentati sono quelli indossati dai confratelli dell'Arciconfraternita dell'Immacolata Concezione di Avellino durante le celebrazioni ufficiali: il primo è del '600 e ha dimensioni 12 x 14 cm (asse orizzontale e asse verticale); il secondo è del 1892 e ha dimensioni 11,5 x 14 cm (asse orizzontale e asse verticale). Entrambi sono in lamina d'argento a sbalzo. Non si conosce la data di fondazione della Confraternita dell'Immacolata di Avellino, ma nel ‘500 già esisteva, in quanto citata in un atto notarile del 1589. Questa confraternita, come quella di S. Antonio da Padova, aveva il suo Oratorio e una cappella interna alla chiesa, precisamente la prima a sinistra dell’altare maggiore, nel monastero di S. Francesco, che dopo essere stato per sette secoli uno dei simboli della religiosità delle nostre genti, venne abbattuto nel 1939, per ridare una nuova architettura alla ormai Piazza Libertà - già Largo Santissimo, poi, dal XVI secolo, Largo della Santissima Annunziata, poi Largo dei Tribunali fino al 1864. L’Oratorio, ornato splendidamente e provvisto di artistici sgabelli in legno con inginocchiatoi, era situato in un vano terraneo del chiostro, a cui i confratelli potevano accedere o da una porta di servizio del chiostro posta accanto alla chiesa o dalla porta carraia che si apriva su Via Ferriera. L’altare dell'Oratorio era impreziosito da una bella icona marmorea della Vergine, come descrive mons. Pierbenedetti, visitatore apostolico nel 1630. Nella cappella interna della chiesa, si venerava una statua lignea della Vergine, che nel 1597 venne dipinta dall’artista napoletano Giovan Antonio Giordano. Durante le processioni i confratelli indossavano un sacco bianco con una mozzetta di drappo di colore grigio. Oggi i confratelli per le cerimonie indossano un camice bianco con sulle spalle una mozzetta celeste con i bordi dorati e sopra l'abito il medaglione. Dopo la ristrutturazione del convento, i frati regolamentarono con convenzioni scritte i rapporti con le confraternite laiche ospitate. Il documento che regolava i rapporti con la Confraternita dell'Immacolata è datato 27 ottobre 1617 ed è costituito da dodici punti. Nel 1718 venne commissionata a Nicola Fumo (1647 - 1725) di Saragnano di Baronissi, per la somma di 81 ducati, una statua lignea dell’Immacolata, che venne scolpita in un sol pezzo di legno di tiglio cotto nell'olio. Nell'arco di pochi anni questa statua divenne la più venerata dagli Avellinesi, soprattutto per l’impulso del Venerabile Padre Giuseppe Maria Cesa, definito “Apostolo della Immacolata”. Quando agli inizi del ‘700 il complesso di S. Francesco venne nuovamente ristrutturato, anche l’altare della SS.ma Concezione venne rifatto nel 1740 con splendidi marmi. Dopo la morte del Venerabile Cesa, nel 1744, si aprì una controversia con la congrega della SS.ma Concezione, provocata dalle continue interferenze dei frati nella vita della confraternita e dalle pretese di aumentare lo jus funeris, per cui il padre guardiano Giuseppe Maria Cotone e gli Amministratori della confraternita l’8 giugno 1753 stipularono un atto di concordia in tredici punti, in cui si stabilivano meticolosamente i reciproci rapporti, atto che venne impugnato dai confratelli. Il 5 ottobre 1753 la confraternita chiedeva l’approvazione delle “Regole”, che giunse il 21 gennaio del 1754. Il 15 marzo del 1755 il marchese Nicola Fraggianni, Delegato della Regal Giurisdizione, sentenziò l’allontanamento della Confraternita dal monastero. I frati quando si resero conto che la Confraternita stava per portare via dalla chiesa anche la statua dell’Immacolata si opposero, offrendosi di rimborsare loro le spese sostenute. Tale controversia si trascinò sino al settembre 1768, quando il cav. Vargas Macciucca, Delegato della Regal Giurisdizione, sentenziò che “[...] li detti fratelli e sorelle se ne fussero andati via dalla Chiesa e Convento di detti religiosi con trasportarsi tutto quello che era trasportabile, e tutto quello che era loro intrasportabile si fusse pagato da’ Padri a giusto prezzo”. I frati ricorsero al Re Ferdinando IV, invocando che fosse loro concesso di conservare la statua dell'Immacolata, ma invano. Il trasferimento avvenne, la sera del 14 settembre 1768, con grande riservatezza, come riferito da Michele de Nicolais, “officiale della Regal Giurisdizione” incaricato dell’esecuzione della sentenza: “Essendomi conferito nella Chiesa de’ PP. Minori Conventuali di questa Città d’Avellino, con essersi prima avvisate le parti, alle ore tre di notte, ho fatto trasportare la statua della B. Vergine della Concezione, secondo mi viene incaricato con decreto del dì 11 di questo mese dall’Ill.mo Delegato della Regal Giurisdizione, con riserba e senza poma, nella Chiesa Cattedrale di essa Città, luogo designato da’ Fratelli precedente licenza dell’Ill.mo Mons. Vescovo, e perchè non ancora era pronta nella Chiesa Cattedrale l’icona ed altare, si pose nel Seminario, e ciò anche col consenso de’ Capitulari, ed a cautel ”. Il 7 ottobre del 1768, il Vescovo GioacchinoMartinez (Vescovo della Diocesi di Avellino dal 1760 al 1782) ed il Capitolo diedero il loro assenso all’erezione, nella Cattedrale, della cappella della SS.ma Concezione, la terza sulla sinistra entrando nell'edificio, dove è collocata, tranne che per le festività, la statua di Maria SS. Assunta in Cielo, incoronata il 14 agosto 1966 in Via Matteotti dal Vescovo di Avellino, Mons. Gioacchino Pedicini (Vescovo della Diocesi di Avellino dal 1949 al 1967) alla presenza di numerosi vescovi e sacerdoti, ai confratelli dell'Arciconfraternita dell'Immacolata Concezione, di tutte le autorità civili e militari e del popolo esultante, con una nuova e bellissima corona, si venera nella cattedrale di Avellino. Da una nota dell'Amministrazione della Confraternita datata 14 agosto 1984 si apprende che era ancora il Comitato del Largo della Libertà, detenuto dal 1768 al 1882 dalla Confraternita, che organizzava la festa dell'Assunta, ma poi i festeggiamenti passarono sotto l'organizzazione del Governato della Città, ma non sempre, ed allora altri comitati rionali e quelli delle varie corporazioni artigiane nel 1880 si costituì un comitato in Piazza Centrale, oggi Piazza Amendola, il quale si adoperava nella costruzione delle “cappelle” che riproducevano in cartapesta e facciate di celebri cattedrali, che resero noti i fratelli Festa col pseudonimo di “Carlantonio”. Dopo il trasferimento i confratelli dell’Immacolata, ebbero difficoltà nel reperire locali idonei all’erezione dell’Oratorio, così, in via provvisoria, venne stabilita una convenzione con i confratelli della SS.ma Annunziata, per poter usufruire delle loro sepolture. Con una supplica al Re veniva chiesto ed ottenuto, in deroga ad un ordine regio, di poter acquistare un sito dove costruire l’Oratorio e perciò, dopo un’attenta ricerca, Don Elia Quartulli, nel 1764, per conto della Confraternita, comprò dei locali sul lato occidentale del Palazzo Amoretti, per costruirvi, nel 1780, su progetto dell’arch. Oronzo De Conciliis, l’edificio religioso per ospitare la Confraternita dell’Immacolata Concezione, in cui ancora oggi svolge con grande entusiasmo, calore e fervore le proprie attività. In detti locali dal 7 al 12 agosto 2016, per la solennità dell'Assunta, è stata allestita dai Confratelli dell'Immacolata, una bellissima mostra degli ori donati negli anni alla Madonna Assunta, tra cui spiccano la corona dell'incoronazione del 1966, un medaglione donato da S.E. Umberto I, una corona del rosario in corniola e oro, donata dal Monsignor Sergio Melillo, per la nomina di Vescovo di Ariano, e alcuni gioielli donati dal prof. Gino Mazza, compianto e amorevole priore della Confraternita. Un aspetto particolare delle festività dell’Assunta è riservato alla processione in cui la Statua lignea, seguita dai confratelli dell'Arciconfraternita e da moltissimi fedeli, è portata tra canti e preghiere lungo le strade centrali di Avellino seguendo il seguente itinerario: Duomo, Via M. Del Gaizo, Via L. Amabile, Via C. Del Balbo, Via Circumvallazione, Via F. Guarini, Via W. Testa, Piazza A. Moro, Via C. Colombo, Piazza Cavour, Via Derna, Viale Italia, Corso Vittorio Emanuele II, Piazza Libertà, Via G. Nappi, Piazza G. Ammendola e di nuovo in Duomo.
  3. Christian123

    Medaglia Carabinieri Reali Albania 15-18

    Buongiorno. Volevo chiedervi un consulto circa questa medaglietta sul cui fronte vi è la dicitura Carabinieri Reali Albania 15-18. Ho cercato notizie online, ma non sono riuscito a trovarne. Vorrei anche sapere se ha un valore commerciale visto che io non me ne intendo. Grazie in anticipo per le vostre eventuali risposte e il vostro aiuto. p.s: mi scuso in anticipo per le immagini non ravvicinatissime, ma oltre a non essere un esperto di medaglie e numismatica sono anche poco capace con la macchina fotografica. Chiedo venia.
  4. Il 7 luglio 1647 in seguito all’istituzione di un’altra gabella sulla frutta e verdura, a Napoli il popolo si rivoltò contro il malgoverno spagnolo,che praticava una dissennata economia di prelevamento e che sfruttava sistematicamente le risorse del territorio. In seguito alla Pace di Cateau-Cambresis (1559) - tra Spagna e Francia - erano finiti sotto un Supremo Consiglio d'Italia che risiedeva a Madrid il Regno di Napoli, il Regno di Sicilia, il Regno di Sardegna, il Ducato di Milano e lo Stato dei Presidi. Il capeggiatore armato della rivolta fu Tommaso Aniello d'Amalfi, detto Masaniello (Napoli, 29 giugno 1620 – Napoli, 16 luglio 1647), impetuoso e veemente pescatore e pescivendolo, mentre l’organizzatore e fomentatore fu Don Giulio Genoino, (Cava de' Tirreni, 1561 o 1567 – Mahon, 1648) giurista e presbitero italiano, che dedicò la vita a lottare contro l'oppressione fiscale inferta al popolo. Già il 6 giugno 1647, alcuni popolani con a capo Masaniello e il fratello Giovanni bruciarono i banchi del dazio a Piazza del Mercato e il 30 giugno, durante le celebrazioni per la Madonna del Carmine, Masaniello con un gruppo di popolani vestiti da arabi ed armati di canne durante la sfilata davanti al Palazzo Reale imprecarono contro i notabili spagnoli affacciati al balcone. All'epoca Napoli vantava 250.000 abitanti, per cui era una delle metropoli più popolose dell'Impero spagnolo, anzi di tutta l’Europa e Piazza del Mercato, nel quartiere Pendino, era il centro commerciale della città, ospitando una moltitudine di bancarelle in cui si vendevano le più svariate merci, e dei palchi su cui si esibivano i saltimbanchi. Domenica, 7 luglio, dopo essere stati incoraggiati da don Giulio Genoino, un gruppo di popolani si riunì nei pressi di Sant'Eligio per sostenere il puteolano Maso Carrese, cognato di Masaniello, che capeggiava dei fruttivendoli contrari a pagare la gabella sulla frutta. Per fronteggiare l’accaduto fu chiamato l'eletto del popolo, il ricco mercante, Andrea Naclerio, che, nonostante il suo ruolo, appoggiò i gabellieri e ciò portò a una cruente lite tra Maso Carrese e Andrea Naclerio, che venne ucciso, per cui Masaniello e i suoi compagni, al grido di: “Viva 'o Re 'e Spagna, mora 'o malgoverno”, issarono la popolazione che, sbaragliati i soldati spagnoli ed i mercenari tedeschi di guardia alla reggia, raggiunse la viceregina nelle sue stanze, mentre il viceré, don Rodrigo Ponce de Leon, duca d'Arcos, scampato all'aggressione di un popolano, si rifugiò presso il Convento di San Luigi, da dove fece recapitare al cardinale Ascanio Filomarino, arcivescovo di Napoli, la promessa dell'abolizione delle imposte più gravose. Comunque nella notte tra il 7 e l'8 luglio vennero bruciati la casa di Girolamo Letizia, di Andrea Naclerio, di altri oppressori e di ricchi mercanti e i registri delle imposte e vennero liberati dalle prigioni gli incarcerati per evasione o contrabbando. Il 9 luglio Masaniello prese la Basilica di San Lorenzo e si impossessò dei cannoni ivi presenti. La rivolta si protrasse sino al 10 luglio, giornata in cui, dopo la lettura in pubblico dei capitoli del privilegio, dei sicari si avventarono contro Masaniello, che scampò all’attentato il cui mandante fu il duca di Maddaloni che fece introdurre trecento banditi nella Basilica del Carmine, ritrovo dei rivoltosi. I popolani catturano e uccisero diversi oppositori tra cui Antimo Grasso che prima di morire confessò di essere stati mandati dal duca di Maddaloni e per tanto si vendicarono su don Giuseppe Carafa, fratello del duca, che dopo essere stato ucciso fu decapitato, e la testa fu portata a Masaniello. Nello stesso giorno giunsero nel golfo di Napoli le galee spagnole di stanza a Genova agli ordini dell'ammiraglio Giannettino Doria, ma Masaniello, temendo uno sbarco, ordinò che la flotta rimanesse lontana dalla costa almeno un miglio e invitò l'ammiraglio Doria ad inviargli un ambasciatore che supplicò Masaniello, chiamandolo «Sua Signoria illustrissima», di concedere vettovaglie alla flotta e Masaniello con cesse quattrocento palate (pezzi) di pane. Giovedì 11 luglio il viceré don Rodrigo Ponce de Leon, duca d'Arcos, nominò Masaniello "capitano generale del fedelissimo popolo napoletano". L'arcivescovo Filomarino, scrivendo a Papa Innocenzo X lo descrisse così: «Questo Masaniello è pervenuto a segno tale di autorità, di comando, di rispetto e di ubbidienza, in questi pochi giorni, che ha fatto tremare tutta la città con li suoi ordini, li quali sono stati eseguiti da' suoi seguaci con ogni puntualità e rigore: ha dimostrato prudenza, giudizio e moderazione; insomma era divenuto un re in questa città, e il più glorioso e trionfante che abbia avuto il mondo. Chi non l'ha veduto, non può figurarselo nell'idea; e chi l'ha veduto non può essere sufficiente a rappresentarlo perfettamente ad altri. Non vestiva altro abito che una camicia e calzoni di tela bianca ad uso di pescatore, scalzo e senza alcuna cosa in testa; né ha voluto mutar vestito, se non nella gita dal Viceré.» Ma quando incominciò a frequentare la corte spagnola e fu coperto di onori dal viceré e dai nobili cambiò radicalmente. Così Masaniello, che da un giorno all'altro - dopo aver giurato fedeltà al re di Spagna – si ritrova al governo della città, perse in qualche modo il senso della realtà e assunse comportamenti illiberali, stravaganti ed arroganti e dal 12 luglio iniziò ad ordinare diverse esecuzioni sommarie dei suoi avversari. Lo stesso don Giulio Genuino si accorse di non aver più alcun ascendente su Masaniello, che cominciò a dare anche segni di squilibrio mentale. Già l’11 luglio, alla presenza del viceré, a causa di un improvviso malore, Masaniello perse i sensi, svenne e iniziò a manifestare i primi sintomi d’instabilità mentale, a cui, all’apice del potere, seguirono numerosi segni di squilibrio, il lancio del coltello tra la folla, le lunghissime galoppate, le nuotate nel mare di notte, l'insistere nel progetto di trasformare Piazza del Mercato in un porto, e il volere far costruire un ponte per collegare Napoli alla Spagna. La tradizione vuole che la presunta pazzia di Masaniello fu causata dalla roserpina, un potente allucinogeno somministratogli durante un banchetto nella reggia. Non si sa se è per mano dei sicari del viceré, di quelli di don Giulio Genoino o degli stessi rivoluzionari il 16 luglio 1647, ricorrenza della Madonna del Carmine, Masaniello venne assassinato nella Basilica del Carmine di Napoli, dove si era rifugiato, dopo aver cercato inutilmente, affacciato da una finestra di casa sua, di difendersi dalle accuse di pazzia e tradimento rivoltegli dal popolo, ricordandogli le condizioni di oppressione. Nella Basilica del Carmine, interrompendo la celebrazione della messa, Masaniello supplicò l'arcivescovo Filomarino per poter partecipare alla cavalcata delle autorità in onore della Vergine e poi salito sul pulpito e tenne l’ultimo discorso: «Amici miei, popolo mio, gente: voi credete che io sia pazzo e forse avete ragione voi: io sono pazzo veramente. Ma non è colpa mia, sono stati loro che per forza mi hanno fatto impazzire! Io vi volevo solo bene e forse sarà questa la pazzia che ho nella testa. Voi prima eravate immondizia ed adesso siete liberi. Io vi ho resi liberi. Ma quanto può durare questa vostra libertà? Un giorno?! Due giorni?! Eh già, perché poi vi viene il sonno e vi andate tutti a coricare. E fate bene: non si può vivere tutta la vita con un fucile in mano. Fate come Masaniello: impazzite, ridete e buttatevi a terra, perché siete padri di figli. Ma se invece volete conservare la libertà, non vi addormentate! Non posate le armi! Lo vedete? A me hanno dato il veleno e adesso mi vogliono anche uccidere. Ed hanno ragione loro quando dicono che un pescivendolo non può diventare generalissimo del popolo da un momento all’altro. Ma io non volevo far niente di male e nemmeno niente voglio. Chi mi vuol bene veramente dica per me solo una preghiera: un requiem soltanto quando sarò morto. Per il resto ve lo ripeto: non voglio niente. Nudo sono nato e nudo voglio morire. Guardate!». Poi si spogliò tra le derisioni, quindi fu calmato e accompagnato in una delle celle del convento. Dove fu ucciso con una serie di archibugiate. Masaniello era ridotto pelle ed ossa e con gli occhi spiritati a causa della malattia. Il corpo fu decapitato, trascinato per le strade del Lavinaio, e gettato in un fosso tra Porta del Carmine e Porta Nolana. La testa mozzata di Masaniello fu consegnata dal popolo esultante al viceré. Il giorno seguente il prezzo del pane subì un nuovo aumento e parte del popolo prese coscienza e andò a recuperarne il corpo di Masaniello, lo rivestì con la divisa di capitano e gli diede sepoltura. I capitani coinvolti nella congiura, come si evince da alcuni documenti conservati nell'Archivo General a Simancas, furono ricompensati dalla Corona di Spagna; anche don Giulio Genoino fu premiato; fu nominato Decano della Sommaria e Presidente del Collegio dei Dottori, ma il servigio reso e i titoli ottenuti non lo salvarono quando fu nuovamente in ostilità con la Corona di Spagna, infatti arrestato e avviato alla prigione di Malaga, ma morì a Mahón sull'isola di Minorca, durante il viaggio. Come effetto della rivolta di Masaniello, il 22 ottobre 1647 fu istituita la Repubblica Napoletana, rinfocolata da Gennaro Annese, e che fu soppressa il 5 aprile 1648. La figura di Masaniello, le cui imprese sono raccolte in appena nove giorni, è assurta nei secoli a vessillo della lotta dei deboli contro i potenti. La rivolta di Masaniello nella scena politica barocca https://books.google.it/books?isbn=8871885864 Vendita dei Comuni e vicende della Piazza Mercato a Napoli https://books.google.it/books?id=HCCpXuJdLXIC Bartolommeo Capasso: storia, filologia, erudizione nella Napoli dell ... https://books.google.it/books/about/Bartolommeo_Capasso.html?hl=it&id...
  5. Cari Amici, finalmente dopo quasi 10 anni di studi e di approfondimenti, ho il piacere di annunciare la pubblicazione del libro dello studioso numismatico Catalano, Jordi Vall-llosera i Tarres @@jordinumis : LA MONEDA DEL REGNE DE NÀPOLS SOTA SOBIRANIA DE LA CORONA CATALANOARAGONESA 1421-1423/1436-1516 I DE LA NOVA DINASTIA TRONCAL NAPOLITANA 1458-1501 Il volume si presenta veramente molto importante, in grande formato, con 460 pagine, 310 di testo corredato da splendide immagini esplicative, piu' 150 pagine di catalogo con immagini e discrizione minuziosa ti centinaia di monete. Moltissimi gli esemplari inediti presentati, un vero "must" per quest'opera che diventera' in pochissimo tempo, la migliore mai pubblicata sulla Numismatica dell'Italia Meridionale continentale nel periodo Catalano - Aragonese. Tanto che l'illustre Numismatico Crusafont ha scritto lui stesso la prefazione, complimentandosi con l'autore che ha dedicato molti anni della propria vita allo studio sistematico di tutte le monete Catalane, con particolare riferimento al Regno di Napoli. Da parte mia faccio i migliori auguri all'amico Jordi e spero che il suo immenso lavoro, unito a quello modesto degli amici come me, che hanno contributo nella stesura dell'opera, verra' apprezzato dai lettori , siano essi Numismatici, Accademici, o semplicemente curiosi che vogliono avvicinarsi allo studio della Storia e della Numismatica Medievale. Gia' si annuncia per l'irrefrenabile autore una nuova sfida .... estendere l'opera anche al Regno di Sicilia :P, in bocca al lupo caro Jordi, un abbraccio e complimenti ... AUGURI ... MAESTRO :P PS l'opera e' disponibile presso http://www.medievalnumismatic.com/oppure contattando direttamente l'autore per email: [email protected] PORTADA.pdf
  6. Ciao a tutti. Ho trovato su ebay questa moneta http://m.ebay.it/itm...638050?NAV=HOME Volevo sapere...mi fido?è periziare, però viene venduta da un tizio, non da un negozio. Vi chiedo aiuto perché il retro non mi convince tanto, però magari sono io che non sono ta to esperto...Chi mi può aiutare?
  7. Ciao a tutti. Ho trovato su ebay questa moneta http://m.ebay.it/itm/262393638050?NAV=HOME Volevo sapere...mi fido?è periziare, però viene venduta da un tizio, non da un negozio. Vi chiedo aiuto perché il retro non mi convince tanto, però magari sono io che non sono ta to esperto...Chi mi può aiutare?
  8. salve gruppo mi dareste una valutazione su questa moneta.
  9. Salve a tutti, riconosco di essere altamente ripetitivo e a dir poco scocciante ultimamente, ma i vostri consigli sono di importanza incalcolabile, perchè stavolta, differentemente da molte altre, credo di aver compiuto una discreta pescata: Cosa ne pensate di questo bel tornese? Sarà pur tosata con legenda parzialmente illeggibile (come del resto è di normale amministrazione per la tipologia), ma subito mi ha colpito l'integrità e la centratura ottima del busto. Purtroppo è stato amore a prima vista... Ho bisogno di vostri spassionati consigli (mio malgrado anche per il prezzo) ma credo che questa sia davvero la volta buona, voi che ne dite? Rinnovando i miei più profondi ringraziamenti, vi saluto augurandovi anche delle serene feste oramai imminenti :good:.
  10. Salve a tutti, vi propongo un carlino di Filippo II re che mi pare abbia una variante dell'iscrizione non censita nel CNI: D: [PHILIPP] RX ARAGO VTR; GR/VP, testa nuda. R: FIDEI DEFEN/SOR in doppio cerchio, nodo in basso. Dovrebbe essere una variante di PR 35b e di CNI XX 415, se non ho controllato male. Vi sembra interessante? Saluti, Luca
  11. Salve amici del forum, qualcuno più esperto può darmi una mano per la datazione di questo tornese con tosone di Filippo IV? Forse del 1647 per via del 7 al rovescio.. Solo un particolare per il 1647 non vi è sotto il busto il numero 4 almeno nelle schede del forum.. Può essere un inedito? O magari 1648 con data errata? grazie mille!!!! :hi: :hi: :hi:
  12. Volevo rendervi partecipi di una bellissima visita al Museo Ferroviario di Pietrarsa a Napoli che ho effettuato ieri domenica 13 dicembre 2015 con la mia famiglia, i miei figli sono rimasti entusiasti. Nella traversa Pietrarsa sul corso San Giovanni a Teduccio a Napoli c'è un gioiello storico senza eguali, l'unico in Italia nel suo genere ed il più grande d'Europa, una struttura museale mastodontica e quasi completamente ristrutturata, decine e decine di locomotive e carrozze prodotte nello stabilimento di Pietrarsa tra il 1842 e il 1900 circa, molte anche le carrozze e locomotive straniere e del nord Italia che hanno percorso per decenni la nostra penisola tra cui pezzi unici di epoca fascista riccamente decorate al loro interno con stucchi in oro ed arredi originali. Tanti i modellini gelosamente contenuti in teche di plexiglass e manufatti in ghisa e macchinari industriali dell'800 perfettamente restaurati. Il tutto sulla costa napoletana meridionale con spazi e giardini all'aperto enormi. Spero di farvi cosa gradita riportando qualche foto scattata, alla fine della struttura un'imponente statua in ghisa raffigurante Ferdinando II di Borbone nell'atto di indicare con il suo scettro il punto in cui sorse l'industria, un'industria che tra il 1842 e 1860, epoca di massimo splendore dava lavoro ad oltre 1000 operai, e che dopo il 1861 con l'annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte andò in lenta decadenza per via del trasferimento forzato dell'apparato industriale a Genova (Ansaldo). La fabbrica venne chiusa nel 1975 e dopo due anni circa ebbero luogo lunghissimi restauri, grazie alla fondazione delle Ferrovie dello Stato. Invito tutti coloro che mi leggono a visitare questo museo, a dire il vero sapevo dell'esistenza di questo museo (quasi nascosto dietro corso San Giovanni) ma non immaginavo fosse così grande e ben curato, bravissime le guide, personale altamente specializzato, il tutto servito benissimo dal collegamento ferroviario Napoli-Salerno, il museo è accanto alla stazione San Giorgio - Pietrarsa. Andate e portate i vostri familiari! Da non perdere! p.s. La mia emozione numismatica più grande è l'aver visto dal vivo la famosa locomotiva Bayard del 1839 (riprodotta fedelmente nel 1939) con le carrozze originali di epoca borbonica che fecero il viaggio inaugurale della prima ferrovia d'Italia e che noi numismatici possiamo ammirare al rovescio di questa medaglia originale dell'epoca. http://www.museopietrarsa.it/ il loro sito
  13. Buon giorno a tutti! Il nostro @@Rex Neap mi ha indotto involontariamente ad intraprendere una minuziosissima ricerca a mo' di "rastrellamento" di tutti gli esemplari di Filippo IV su vari siti. Subito mi è saltata agli occhi questa qui, per via del suo stemma quasi integro e con una legenda, sia al dritto che al rovescio, ancora parzialmente visibile. A mio parere, è un esemplare leggermente al di sopra della media. Neppure il prezzo è elevatissimo ed alquanto allettante e la moneta mi attrae sempre più... Mi piacerebbe però percepire alcuni dei vostri autorevoli pareri e porgervi un paio di domande: in che stato di conservazione lo classifichereste? Di quale variante si tratta (il nostro catalogo riporta due varianti, quella con un 8 sotto il mento e quella senza: di quale si tratta secondo voi nel caso di questo esemplare, anche se vedo molto improbabile che sia un R2...)? Ed infine, quale sarebbe un giusto prezzo da pagare, anche se questo genere di domande passano in secondo piano quando si ha a che fare con esemplari del genere? Vi ringrazio anticipatamente del provvidenziale aiuto che sicuramente mi fornirete (ce ne sono altre nella lista che desidero mostrarvi, ma procediamo con ordine... ;))!
  14. Buonasera a tutti, condivido con voi l'ultima arrivata, un bel mezzo ducato del 1693, Carlo II d'Asburgo di Spagna, il re malaticcio. Che ne pensate?
  15. Buongiorno, Quella che condivido oggi è a mio avviso una moneta molto interessante, che potrebbe riaprire il dibattito sull'esistenza di una zecca normanna prima della conquista di Salerno (1077). La moneta è in rame, ha un diametro di 26mm e pesa 2.55 grammi. Lato A (dritto?): + W / COMES su due righe Lato B: + [?] OCO / [?] VS / COM [?] su tre righe L'esemplare è complessivamente ben conservato, ma presenta incrostazioni che rendono difficile la lettura completa delle legende. Inoltre il lato B sembra avere tracce di ribattitura che rendono la legenda ancora più confusa. Ciononostante sul lato A è ben leggibile un'iniziale (W) ed un titolo (COMES), che (almeno a me) fanno subito pensare a Guglielmo d'Altavilla, detto Braccio di Ferro, conte di Puglia dal 1043 al 1046. Guglielmo fu nominato conte da Guaimaro principe di Salerno, il quale gli concesse in feudo Melfi ed i territori circostanti. Se quindi questa moneta è attribuibile davvero a quel Guglielmo, dove altro potrebbe essere stata coniata se non a Melfi? Certo potrei aver preso un abbaglio totale, e la moneta potrebbe non essere affatto normanna ma avere chissà quale altra provenienza, però nella loro semplicità le impronte richiamano un altro follaro normanno, di poco successivo alla datazione che ipotizzo per questo pezzo, emesso da Giordano principe di Capua e descritto nel catalogo (http://numismatica-italiana.lamoneta.it/moneta/W-GR1/1). Ecco le foto del pezzo
  16. Ciao a tutti, posto alla Vostra attenzione questo Follaro di Tancredi attualmente in asta, così classificato: Italy, Salerno, Tancred and William III (1093-94), follaro, basket containing three palm leaves, v/i to left t/d to right, rev., tower, rx retrograde either side (MIR 748/749), very fine, apparently an unpublished variety Secondo voi, perchè viene considerato una variante non publbicata ( apparentemente)..a me pare regolarmente censita.. Ringrazio in anticipo tutti coloro che daranno il proprio apporto.. Saluti Eliodoro
  17. Buonasera, ho questo denaro di Siconolfo per Salerno, dovrebbe essere CNI 5. Quello che mi incuriosisce è il peso, soli 0.54g, che normalmente è intorno al grammo. Il diametro invece è normale, 17mm nel punto più largo. Le foto non rendono bene, ma l'esemplare ha degli ottimi rilievi, quindi il calo di peso non si spiegherebbe con l'usura. Potrebbe essere un mezzo denaro? Se ne conoscono? Grazie a chi vorrà esprimere un'opinione Paolo
  18. Ciao a tuitti, Vi pongo all'attenzione questo rarissimo Follaro di Riccardo duca di Carinola 1121 - 1132, in vendita nella stratosferica Asta Nac.. che ne pensate? 3,48 g. + RIC CON [E]T DVX Croce potenziata. + G[A]IETA III Croce potenziata. Tondello integro, legenda leggibile, contromarca...insomma c'è di tutto... Saluti
  19. Oggi ricorre la memoria liturgica del Beato Bonaventura da Potenza, al secolo Antonio Carlo Gerardo Lavanga, nato a Potenza il 4 gennaio 1651 e morto a Ravello il 26 ottobre 1711, presbitero e religioso italiano dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, proclamato beato da Papa Pio VI nel 1775. Si legge nel Martirologio Romano: “A Ravello presso Amalfi in Campania, beato Bonaventura da Potenza, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, che rifulse per obbedienza e carità verso tutti.” Nato a Potenza nell’allora Regno di Napoli il 4gennaio 1651 da Lelio Lavagna e Caterina Pica, persone povere, ma ornate di singolare onestà di costumi e di grande fede e pietà cristiana, Carlo Antonio Lavagna, fu battezzato nella Cattedrale di Potenza e nella stessa Chiesa ricevette la Cresima, l’11 marzo 1657 all’età di 6 anni. Frequentando molto la Chiesa di San Francesco a Potenza dei Frati Minori Conventuali, il giovanissimo Carlo maturò la sua scelta vocazionale di seguire gli insegnamenti del Poverello d’Assisi, San Francesco d’Assisi e chiese di entrare come novizio della famiglia Francescana dei Conventuali Minori e il 4 ottobre 1666 vestì, nel Convento di S. Antonio di Nocera dei Pagani (Nocera Inferiore), l’abito religioso, assumendo il nome di “Fra Bonaventura”. Aveva 15 anni, ma si distinse per la grande fedeltà alla regola, ed esistono racconti piuttosto incredibili su quanto riuscì a fare per obbedienza (alcune di queste azioni furono più tardi ritenute dei veri miracoli). Il 5 ottobre del 1667 Fra Bonaventura emise la Professione semplice nelle mani del Guardiano del Convento nocerino di S. Antonio, Padre Francesco da Cerchiaro e alcuni giorni dopo, Fra Bonaventura ricevette la nuova destinazione; era il Convento di Sant’Antonio di Aversa, dove era il seminario dei giovani Professi, iniziando il corso di studi. Nel 1668 fu a Maddaloni, nel 1669 a Lapio, nel 1672 ad Amalfi. Nel 1676 venne Ordinato Sacerdote, e dal 1680 al 1703 fu a Napoli nel Convento di Sant’Antonio fuori Porta Medina, a Maranola, a Giugliano, a Montella, a Sorrento, a Capri, di nuovo a Napoli, a Ischia e poi di nuovo a Napoli, nei Conventi di Santa Maria Apparente e di Sant’Antonio fuori Porta Medina. Il suo peregrinare per i Conventi era dovuto al fatto che tutti lo volevano nel proprio Convento essendosi diffusa la sua fama di santità. Ogni Guardiano lo richiedeva, tanto da essere definito dal suo maestro di Amalfi, Padre Maestro Domenico Girardelle da Muro Lucano: “Il religioso conteso” Durante il suo soggiorno a Napoli, accorrevano a lui per la guida spirituale popolani e nobili. Nel 1703 Fra Bonaventura fu nominato dal Ministro Provinciale, Padre Bonaventura Zola, Maestro dei Novizi, e ritornò con l’incarico più importante della sua vita al Convento di Sant’Antonio di Nocera Inferiore e così dal 1703 al 1707 Fra Bonaventura formò una vera e propria scuola di santità, dando vita ad una intensa stagione spirituale, dentro e fuori il convento: moltissime persone si convertirono ad una vita più santa dopo averlo incontro. Per incarico del Vescovo di Nocera, Giovanni Battista Carafa, fu anche direttore spirituale delle Clarisse. Nel 1710 fu mandato a Ravello con altri frati, per la riapertura del Convento di San Francesco soppresso nel 1653: il Convento era fatiscente e abbandonato, con mura cadenti, aveva poche suppellettili per l’altare ed altre carenze che non rendeva per nulla facile la vita e perciò Padre Domenico Vessicchio, Guardiano del Convento e gli altri frati abbandonarono il luogo, ma Fra Bonaventura vi rimase. I motivi erano sempre quelli che hanno contrassegnato la sua vita: obbedienza al mandato del Superiore, carità verso le anime bisognose, amore per la povertà. Dal Vescovo di Ravello. che lo nominò suo confessore, gli fu affidato anche la cura spirituale dei due Monasteri delle Sacre Vergini. Anche Monsignor Catiello, Vescovo di Minori, gli affidò le cure dei Monasteri della sua Diocesi, e lo nominò suo consigliere spirituale. Perciò percorreva a piedi la strada da Ravello ad Amalfi , visitando anche i poveri. Alle sue celebrazioni eucaristiche accorreva da tutta la Costiera Amalfitana una moltitudine di genti. In prossimità della Consacrazione il volto si trasformava mentre lacrime e sudore bagnavano il frate in estasi. Morì nel convento di Ravello il 26 ottobre del 1711, per i postumi di un'operazione resasi necessaria in seguito allo sviluppo di cancrena alla gamba. Per tre giorni il suo volto si mantenne fresco. Verso la sera del terzo giorno, il corpo di Fra Bonaventura fu trasportato dall’oratorio in chiesa per essere sotterrato sotto l’altare maggiore. Durante il trasporto, alla vista del Tabernacolo, la salma aprì gli occhi, rimasti sempre chiusi dal momento in cui egli era spirato, e quasi chinò la testa di fronte al Santissimo Sacramento. Il fenomeno, alla luce delle candele, fu osservato da tutti gli astanti e fu interpretato come un segno con il quale il Signore aveva voluto premiare la grande devozione eucaristica del suo Servo; erano presenti il Vescovo e altri qualificati testimoni. Esiste una storia di dubbio gusto che narra come, molto dopo che Bonaventura era spirato, il vicario generale locale avesse ordinato a un chirurgo di prelevare un po’ di sangue dal braccio del santo; per rendere possibile la cosa, il guardiano ordinò al cadavere di sollevare il braccio e questi, miracolo di obbedienza, lo fece. Il Convento di Ravello, in Via San Francesco, 9, oggi è noto come Santuario Beato Bonaventura (Telefono e Fax: 089-857727 / 857145). Al Beato Bonaventura di Potenza sono attribuiti numerosi prodigi: vide l’anima della sorella salire in cielo, guarì un lebbroso, a Napoli, nel convento di Sant’Antonio a Porta Medina, il suo misticismo si manifestò con numerose elevazioni da terra. Fu esempio di umiltà e, pur non avendo coltivato la scienza teologica, colpiva per la profondità della predicazione. Data la sua grande disponibilità a spostarsi da un convento a un altro lungo la costiera è stato da Grieco Gianfranco, autore di una biografia del Beato, denominato “il pellegrino della costiera” Una grande devozione si conserva verso il Beato Bonaventura da parte del popolo nocerino e nella vicina Pagani; ogni anno numerosi pellegrini si recano alla sua tomba. La casa natale del Beato Bonaventura di Potenza fu trasformata agli inizi del 1900 in cappella del Beato. Sulla facciata venne apposta la seguente lapide "nel 4 gennaio 1651/da/Lello Lavagna a Caterina Pica/ qui nacque San Bonaventura/ nel 26 ottobre 1711/ da padre conventuale/ morì in Ravello/ che a patrono celeste onorasi averlo/la cittadinanza potentina/questo sacello dell'oblio rivendicando/nel 1904 restaurò ed abbelì/a perpetua ricordanza".
  20. Oggi ricorre la memoria liturgica di Maria Cristina dell'Immacolata Concezione, al secolo Adelaide Brando, ultima di quattro sorelle, nata a Napoli il primo maggio 1856, e deceduta a Casoria il 20 gennaio 1906. Fu la fondatrice delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato. Beatificata da Papa Giovanni Paolo II nel 2003, fu proclamata Santa da Papa Francesco il 17 maggio 2015. Si legge nel “Martirologio Romano”: "A Casoria vicino a Napoli, beata Maria Cristina dell’Immacolata (Adelaide) Brando, vergine, che dedicò la sua vita alla formazione cristiana dei fanciulli e attraverso la Congregazione delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramento da lei fondata promosse fortemente l’adorazione della santa Eucaristia." Maria Cristina dell'Immacolata Concezione, al secolo Adelaide Brando, ultima di quattro sorelle, nacque Napoli, il primo maggio 1856 da una benestante famiglia borghese; il padre Giovanni Brando era impiegato, come cassiere, presso il Banco di Napoli; la madre, Concetta Marrazzo, morì alcuni giorni dopo averLa messa al mondo. Adelaide Brando venne battezzata nella chiesa di San Liborio lo stesso giorno in cui nacque. Sin da bambina fu guardata con occhio di presagio fin dalla nascita: a tre anni diceva: “debbo farmi santa, voglio farmi santa”; a solo sette anni sentì, forte, la chiamata alla vita consacrata; verso i 12 anni sosteneva: “vorrei fondare un'opera per riparare i peccati che Gesù riceve nell'Eucarestia” e nella notte di Natale del 1868 fece voto di verginità perpetua. Quando espresse il desiderio di entrare fra le suore Sacramentine, il padre si oppose, ma le permise di raggiungere la sorella Maria Pia, clarissa nel monastero delle Clarisse in via Chiaia a Napoli, dette Fiorentine. Per una grave malattia fu costretta a lasciare il monastero. Soltanto nel 1875 ristabilitasi del tutto in salute entrò tra le Sacramentine del monastero di San Giuseppe dei Ruffi e nel 1876 né indossò l’abito prendendo il nome di Maria Cristina dell’Immacolata Concezione. Anche questa volta la salute cagionevole dovette lasciare il convento. Nel 1877 si ritirò come pensionante nel Conservatorio delle Teresiane a Torre del Greco (NA). Ristabilitasi raggiunse a Napoli la sorella Maria Pia che, sempre a causa salute malferma, era uscita dal convento delle clarisse. Le due sorelle e altre compagne andarono ad abitare in un appartamento della salita Ventaglieri e poi a vico Montemiletto. Scelsero come guide spirituali San Ludovico da Casoria, il Venerabile Michelangelo Longo e i sacerdoti Raffaele Ferraiolo e Polidoro Schioppa. Nel 1878 Maria Cristina dette inizio alla Congregazione delle “Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato”. Nel 1884 Lei e le consorelle si trasferirono nel paese di Casoria (NA), dove Maria Cristina radunò le giovani educande, che trovarono in Lei un modello ammirevole. Nel 1890, data l’affluenza di altre giovani nel gruppo, Maria Cristina e Maria Pia acquistarono la casa degli eredi Costa in via San Rocco e lì stabilirono le basi della Congregazione, come aveva predetto San Ludovico da Casoria a Maria Cristina: “In mezzo a questa cittadina erigerai una casa centrale”. La carità verso l'Eucarestia si trasformò in opere, infatti Maria Cristina si dedicò alla catechesi e all’insegnamento ai ragazzi e aprì delle scuole per l'infanzia; diceva: “Bisogna che le piantine vengano curate fin da piccole”. Ogni giorno inoltre aveva stabilito di preparare dei pasti per i poveri della parrocchia di Casoria “sono poverelli di Gesù, essi lo rappresentano”, che serviva personalmente nella portineria della casa. Maria Cristina voleva realizzare accanto alla Casa della Congregazione una chiesa in cui adorare ventiquattrore su ventiquattro l'Eucaristica, e il 19 febbraio 1893 venne posta la prima pietra. In questo luogo madre Brando trascorreva ogni notte della sua vita, seduta su una sedia, a tener compagnia, nella veglia e nel riposo, a Gesù Eucarestia. Ancora adesso, vi è sempre una suora in adorazione: ogni ora la campana grande della Chiesa di Casoria, suona tre tocchi, per dare il cambio alla suora. Tutte le suore in quel momento, qualsiasi attività stiano facendo, si mettono in comunicazione spirituale con la suora che sta per incominciare l'adorazione. L'Istituto delle “Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato” ottenne l'approvazione canonica il 7 luglio 1903 da Papa Leone XIII e il 2 novembre dello stesso anno la fondatrice, con molte altre suore, emise la professione perpetua. Maria Cristina si ammalò gravemente il 14 gennaio 1906 e il 20 gennaio 1906 morì. I suoi resti mortali riposano nella chiesa adiacente alla Casa madre delle “Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato” a Casoria, in via Gioacchino D’Anna. Non compì mai miracoli in vita né diede segni soprannaturali, ma per la sua bontà e dolcezza subito si diffuse la sua fama di santità. L'Istituto fondato da Maria Cristina s'incrementò con nuovi membri e case dapprima in Campania, poi nelle altre regioni d’Italia e poi anche all’Estero (Brasile, Indonesia, Colombia e Filippine), dimostrando ovunque devozione verso l'Eucaristia e solerte premura nell'educazione di fanciulli e fanciulle. La fase informativa della causa di canonizzazione di suor Maria Cristina dell’Immacolata Concezione durò dal 1927 al 1940, e il 1° marzo 1955 giunse il decreto sugli scritti. Il 4 maggio 1972 si aprì il processo apostolico: dichiarata venerabile il 2 luglio 1994, fu proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II il 27 aprile 2003 a seguito di un miracolo avvenuto per sua intercessione (miracolo approvato col decreto del 20 dicembre 2001). Dopo il riconoscimento di un secondo miracolo (Una coppia di Amorosi (BN), non riusciva ad avere un figlio; dopo due gravidanze extrauterine a Mariangela di Mauro i medici dichiarano che non avrebbe mai potuto portare a termine una gravidanza. La signora Mariangela, che da giovane era stata un'allieva della scuola fondata dalla beata Maria Cristina dell’Immacolata, Le affidò le sue preghiere chiedendoLe la grazia di diventare madre e così nel 2004 nacque Pasqualino, nonostante i medici avevano dichiarato che, dopo i problemi medici di Mariangela, la donna non avrebbe dovuto e potuto assolutamente concepire), Papa Francesco l'ha proclamata Santa in piazza San Pietro a Roma il 17 maggio 2015 insieme ad altre tre Beate, suor Maria Alfonsina Danil Ghattas, suor Giovanna Emilia De Villeneuve e suor Maria di Gesù Crocifisso (Mariam Baouardy). Nel Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede del 17 settembre 2014 alla pagina della “Promulgazione di Decreti della Congregazione delle Cause dei Santi” si legge: “Il giorno 17 settembre 2014, Papa Francesco ha ricevuto in Udienza privata l’Em.mo Card. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Durante l’Udienza, il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare i Decreti riguardanti: - il miracolo attribuito all'intercessione della Beata Maria Cristina dell’Immacolata Concezione (al secolo: Adelaide Brando), Fondatrice della Congregazione delle Suore Vittime Espiatrici di Gesù Sacramentato; nata a Napoli (Italia) il 1° maggio 1856 e morta a Casoria (Italia) il 20 gennaio 1906; … Per ulteriori informazioni www.mariacristinabrando.it
  21. Un bel gettone utilizzato per andare in carrozza da Ponte di Tappia (antico borgo oggi una via di Napoli) a Montevergine, luogo di pellegrinaggio da tutto il Sud per il culto della "Mamma Schiavona"(Madonna) e non solo. In molti testi si racconta di come fastose fossero le carrozze.
  22. Buongiorno, Posto una immagine della moneta di Roberto il Guiscardo conservata presso la Biblioteca Nazionale Francese (Monnaie de bronze, XIe siècle. BnF, Monnaies et médailles, 25 Droit/Revers). Come al solito è disponibile solo il dritto della moneta e francamente non ne comprendo il motivo. Propongo questa moneta (la prima sulla sinistra) per poterla confrontare con la RV CA-TA sotto l'aspetto dello stile che si rifà sicuramente a quello bizantino. Mi interessa conoscere il vostro parere su eventuali similitudini, se appartengono allo stesso periodo storico e se, malgrado la rozzezza della RV CA-TA, potrebbe trattarsi dello stesso personaggio (Il Guiscardo). Non chiedo poco! Vi ringrazio. Amedeo
  23. Oggi, 23 settembre, cade la Festa di San Pio da Pietrelcina San Pio da Pietrelcina, Padre Pio, al secolo Francesco Forgione, nacque a Pietrelcina (BN) il 25 maggio 1887. Fin da bambino riceveva frequenti visite di Gesù e Maria e vedeva demoni e angeli, ma poiché pensava che tutti avessero queste facoltà non ne faceva parola con nessuno. Entrato come chierico nell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, a sedici anni, il 6 gennaio 1903, fu ordinato sacerdote il 10 agosto 1910, nella cattedrale di Benevento. A causa delle precarie condizioni d salute, il 28 luglio 1916 fu trasferito, nel Convento di San Maria delle Grazie a San Giovanni Rotondo (FG), sul Gargano, dove salvo poche e brevi interruzioni, rimase fino alla morte, avvenuta il 23 settembre 1968, vivendo una vita intensa da taumaturgo e apostolo del confessionale, trascorrendo anche quattordici - sedici ore al giorno ad amministrare il sacramento della confessione, per lavare i peccati e ricondurre le anime a Dio. La mattina di venerdì 20 settembre 1918, pregando davanti al Crocifisso del coro della vecchia chiesa, ricevette il dono delle stimmate, che rimasero aperte e sanguinanti fino alla morte. Dal momento della comparsa dei segni delle piaghe del martirio di Gesù Cristo, i fedeli lo considerarono già Santo e gli attribuirono numerosi miracoli. Fondò i “Gruppi di preghiera” e un moderno ospedale, la “Casa sollievo della sofferenza”. Fu da Papa Giovanni Paolo II beatificato il 2 maggio 1999 e canonizzato il 16 giugno 2002. Maria è il segreto della grandezza e santità di Padre Pio: alla porta della sua celletta, la numero 5, c’era attaccato un cartello con la frase di San Bernardo: “Maria è tutta la ragione della mia speranza”; a Lei, nel maggio 1956, dedicò la “Casa Sollievo della Sofferenza”; il suo testamento spirituale, alla fine della sua vita, fu: “Amate la Madonna e fatela amare. Recitate sempre il Rosario”. Quando gli fu domandato se esistesse una scorciatoia per il Paradiso, Padre Pio rispose. “Sì, è la Madonna”. “Essa – diceva il frate di Pietrelcina – è il mare attraverso cui si raggiungono i lidi degli splendori eterni”. Esortava sempre i suoi figli spirituali a pregare il Rosario e a imitare la Madonna nelle sue virtù quotidiane quali l’umiltà, la pazienza, il silenzio, la purezza, la carità. “Vorrei avere una voce così forte – diceva - per invitare i peccatori di tutto il mondo ad amare la Madonna”. Lui stesso aveva sempre la corona del rosario in mano. Lo recitava incessantemente per intero, soprattutto nelle ore notturne. “Questa preghiera – diceva Padre Pio – è la nostra fede, il sostegno della nostra speranza, l’esplosione della nostra carità”. BIOGRAFIA 25 maggio 1887 Nasce a Pietrelcina (BN) da Grazio Maria Forgione, detto "Orazio" (1860 – 1946), e Maria Giuseppa di Nunzio, detta "Peppa" (1859 – 1929), quarto di otto figli, un bambino, che il giorno seguente è battezzato nella chiesa di Sant'Anna con il nome di Francesco, per desiderio della madre molto devota a San Francesco d'Assisi. 6 gennaio 1903 Entra nel noviziato dei Cappuccini a Morcone (BN), dove indossa, il 22 gennaio, l'abito religioso e prende il nome di Fra Pio. 10 agosto 1910 È ordinato sacerdote, nel Duomo di Benevento. 4 settembre 1916 Di salute precaria, è trasferito a San Giovanni Rotondo, ove, a eccezione di qualche breve assenza (negli anni 1916 - 1918), rimane fino alla fine dei suoi giorni terreni. 20 settembre 1918 Riceve il dono delle stimmate. 1922-1934 Prima indagine. Il 2 giugno 1922 si hanno i primi provvedimenti del Santo Uffizio. Il 31 maggio 1923 il Santo Uffizio, dopo un'inchiesta, afferma “non constare della soprannaturalità dei fatti attribuiti a Padre Pio da Pietrelcina”. Il 9 giugno 1931 è sospeso da ogni ministero, eccetto la Santa Messa da celebrare privatamente. Il 14 luglio 1933 può nuovamente celebrare la Santa Messa in chiesa e il 25 marzo 1934 riprende a confessare gli uomini e il 12 maggio le donne. anni ‘40 Avvia i “Gruppi di Preghiera” per fermare con la Preghiera la Seconda Guerra Mondiale. 19 maggio 1947 Iniziano i lavori per la costruzione dell’ospedale “la Casa Sollievo della Sofferenza”, che viene inaugurata il 5 maggio 1956 Settimana di Pasqua del 1948 Il giovane sacerdote Karol Wojtyla (futuro Papa Giovanni Paolo II), studente a Roma, ha sentito parlare del misterioso frate con le stimmate e volendo conoscerlo, si reca a San Giovanni Rotondo nelle vacanze di Pasqua, e vi rimane una settimana. Durante la visita che Papa Giovanni Paolo II fa il 23 maggio 1987 a San Giovanni Rotondo dice: “Questi luoghi sono legati a ricordi personali, cioè alle visite da me fatte a Padre Pio sia durante la sua vita terrena, sia, spiritualmente, dopo la morte presso la sua tomba”. Questa affermazione lascia presuppore che il sacerdote Karol Wojtyla si sia incontrato anche altre volte con Padre Pio, ma, ad oggi, non sono stati rinvenuti documenti in merito. Si potrebbe anche pensare alle tre lettere, scritte in latino e inviate al frate il 17 e il 28 novembre 1962 e il 14 dicembre 1963 da Karol Wojtyla, ormai vescovo ausiliare di Cracovia che in quei giorni si trova a Roma per il Concilio. Nella prima Wojtyla chiede delle preghiere per guarigione della dottoressa Wanda Poltawska, madre di famiglia, ammalata di cancro. Nella seconda il vescovo lo ringrazia per l'avvenuta guarigione della donna. Nella terza lettera Wojtyla fa riferimento alle precedenti richieste da lui rivolte a Padre Pio: «La paternità vostra si ricorderà certamente che già alcune volte nel passato mi sono permesso di raccomandare alle Sue preghiere casi particolarmente drammatici e degni di attenzione». Il giovane vescovo ringrazia Padre Pio per la guarigione di una donna ammalata di cancro, ma scrive anche di un figlio di un avvocato, gravemente ammalato dalla nascita e scrive «Ambedue le persone stanno bene», per cui potrebbero esserci stati anche altre lettere o incontri. 25 aprile 1959 Si ammala e sino all'8 agosto celebra raramente e non in chiesa, ma il 7 agosto, in occasione della visita della Madonna di Fatima, la statua della Madonna Pellegrina, guarisce 1960-1964 Seconda indagine. 20 settembre 1968 Solenni manifestazioni per il 50º anniversario della stimmatizzazione di Padre Pio. 22 settembre 1968 Convegno internazionale dei Gruppi di Preghiera. Celebra l'ultima Santa Messa. 23 settembre 1968 Alle ore 2.30 Padre Pio, ricevuto il sacramento dell'Unzione degli infermi, muore serenamente con la corona del Santo Rosario in mano e con «Gesù!... Maria!...» sulle labbra. 2 maggio 1999 Papa Giovanni Paolo II dichiara Padre Pio beato. 16 giugno 2002 Papa Giovanni Paolo II proclama Santo il beato Pio da Pietrelcina.
  24. Buongiorno a tutti! Vi presento un altro acquisto, di cui vado particolarmente fiero, del C.N.P.: si tratta di una moneta da 3 cinquine coniata a nome di Filippo III. Vorrei porvi alcune domande: che grado di conservazione le attribuireste, in quanto non specificato al momento dell'acquisto? Si potrebbe risalire ad una datazione più precisa del pezzo, e non un indicativo 1598-1621? Si tratta della variante con le sigle "C/FC" o di quella senza(quest'ultima più rara, personalmente con la moneta in mano non noto tali siglie, forse un occhio più fine del mio potrebbe scorgere qualcosa che io non ho notato...)? Ed infine, quale potrbbe essereun giusto prezzo di acquisto di tale esemplare in queste condizioni? Detto ciò, non mi resta che ringraziarvi anticipatamente per il preziosissimo aiuto che mi fornirete! :good:
  25. Buonasera a tutti! Vorrei porre alla vostra attenzione l'ultimo acquisto proveniente dal C.N.P.: è stato amore a prima vista... Si tratta, se non sbaglio, di un gigliato coniato a nome di Roberto d'Angiò. Vorrei porvi alcune domande in merito: La legenda riporta al D/ "ROBERT" al posto di "ROBERTVS", è quindi da considerarsi postuma, come specificato dal MIR? Inoltre, cosa ne pensate della conservazione? Mi chiedevo se è possibile attribuirgli una datazione precisa e non sommaria,infine un vostro un giudizio in termini economici non guasta mai! :good: Ringrazio anticipatamente chi conribuirà!
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