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Genio del popolo romano o Buon evento?


L. Licinio Lucullo

Risposte migliori

Cari amici, vi presento il mio ultimo acquisto, di cui sono particolarmente soddisfatto ...

Asta Artcoins 8E (29/01/13), lotto 467

Denario RRC 428/3, 55 a.C.

Ø mm 18, peso g 3,77

Comune

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E' una emissione che mi affascina perché ricca di simboli della romanità.

Questo è l'esemplare, ben migliore, pubblicato sui nostri cataloghi

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Due sintetiche note sul monetiere.

Quinto Cassio Longino, tribuno della plebe nel 49, sostenne Cesare, che lo nominò governatore della Spagna Ulteriore; il suo governo tirannico della provincia tuttavia danneggiò notevolmente la causa del dittatore durante la successiva guerra civile, causando una rivolta a Corduba che egli represse con spietata severità. Parte delle sue truppe gli si ribellarono nel 48, proclamando un nuovo governatore, ma gli permisero di lasciare la provincia; morì in un naufragio l'anno successivo, alla foce del fiume Ebro.

Gaio , pretore nel 44 e cesaricida, era probabilmente suo fratello o suo cugino.

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Veniamo alla moneta. Racchiude cinque simboli: lo scettro, l'enigmatica testa maschile, l'aquila su fulmine, il lituo e il vaso sacrificale denominato praefericulum

(ringrazio @@gpittini per questa interessante spiegazione sugli strumenti sacrificali: http://www.lamoneta.it/topic/73918-strumenti-sacrificali/ )

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Cominciamo con lo scettro. Imperituro simbolo di dominio, era costituito da un globo su un bastone.

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Il raffronto corre subito - non potrebbe essere altrimenti - all'esemplare di tre secoli posteriori, ritrovato dalla professoressa Panella nelle viscere del Palatino: lo scettro di Massenzio, con ogni probabilità.

Ultimo sopravvissuto di simboli con cui l'Urbe eterna dichiarava, orgogliosa, la sua pretesa di dominio sull'intero creato

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Il globo rappresentava infatti, per i Romani, l'intero creato, diremmo oggi il pianeta (la storia secondo cui si credesse, all'epoca, in una terra piatta è una leggendana urbana, priva di fondamento; sfruttando lo spostamento angolare delle ombre, matematici ellenistici addirittura misurarono il raggio della sfera terrestre, con una buona approssimazione).

Il globo, in questo suo significato di simbolo del Creato, è associato allo scettro, anzi è sottomesso ad esso, in un'emissione di Cornelio Lentulo ( http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G213/1 ) e in un'altra, che ne copia l'iconografia, di Carisius ( http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G24/4 ).

Qui invece Roma regge lo scettro e poggia il piede sul globo: http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G323/9 .

L'emissione di Lentulo è quella che ci interessa di più, ne riparleremo dopo. Vi posto il mio esemplare: acquistato da Monnaies d'Antan, Ø mm 17 - peso g 3,9. E' datata 76 - 75 a.C.

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Sì, c'è la contromarca, una "ferita" che io appprezzo sulle monete perché dà loro il segnod el vissuto.

Questa, poi, ha un suo fascino: sembra una cicatrice presa in battaglia, in netto contrasto con la bellezza, altrimenti apollinea, del volto.

-----------

Ma torniamo ai simboli: dopo lo scettro, voglio parlare dell'aquila su fascio di saette. Ne ho già diffusamente trattato ( http://www.lamoneta.it/topic/91554-valerio-flacco-e-laquila-legionaria/ ); basti dire che era una delle raffigurazioni più antiche dell'iconografia monetale, presente già sull'aes signatum; fu rpesa in prestito dalla monetazione greca, ma nell'ultimo secolo della Repubblica (dopo la riforma mariana dell'esercito) era divenuta un simbolo specifico: il simbolo del favore che Giove (= l'aquila) accordava alle legioni e, per conseguenza, dell'invincibilità delle sue armi, affiancate da quelle del Sommo padre (= le saette)

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Il lituo, ora. Era lo strumento tipico dell'augure, il simbolod ella capacità di interpretare la volontà degli dei.

Dopo aver letto le ricostruzioni di Carandini, sembra di vedere Romolo (= Remulus = "il piccolo Remo", "Remotto" o "Remino", il fratellino gracile - ma destinato a fama imperitura) che, con il lituo in mano, ritto sulla sommità del Campidoglio, traccia con il lituo il templum in aere, pronto a inaugurare l'antistante Palatino ...

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Il lituo fu sicuramente un'eredità etrusca, ma discendenva - secondo le tradizioni romane - dal bastone di Faustulo, anch'esso immortalato su un'emissione repubblicana (sull'esempolare che posto in realtà non si vede bene, ma lo posto lo stesso perché ... anche questo è mio, acquistato da LAC)

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Il lituo ha un diretto discendente: il bastone pastorale che, sebbene oggi presenti sulla sommità il Crocifisso, nella sua versione tradizionale era esattamente un lituo.

Non sorprenda questa continuità tra Chiesa cattolica e tradizione romana. Il cattolicesimo si è affermato grazie (anche) al fatto di essere stato la religione di Stato dell'impero; e peraltro il Vaticano è l'unica entità statuale che possa dirsi, sul piano giuridico, erede dell'impero (tralascio qui il discorso sulla Snata Sede come corrispettivo spirituale e universale dell'impero, che è altro discorso). La "donazione di Costantino" è notoriamente falsa, ma resta il fatto che alla fine del VI secolo il Papa cominciò a esercitare il potere temporale perché non funzionava più a dovere la macchina burocratica dell'impero (cosiddetto "bizantino", all'epoca), facendo le veci dell'imperatore. La stessa cosa avveniva a Venezia, con i dogi (= duchi, in dialetto locale).

Quindi, oggi, quel mezzo chilometro quadrato nel cuore di Roma è, in un certo senso, quel che resta della res publica romana.

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Il prtaefericulum è l'oggetto di cui meno conosco. Era un vaso sacrificale, che serviva a contenere (secondo il Dictionary of Roman coins, pubblicato da Numiswiki - http://www.forumancientcoins.com/numiswiki/view.asp?key=praefericulum ) vino o altre sostanze finalizzate alle libagioni. Non era però, a differenza del lituo, appannaggio esclusivoi degli auguri.

Ancora una volta, ne ritroviamo il discendente nella liturgia cattolica ...

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Veniamo così alla testa che a me sembra quasi apollinea, lasciata per ultima ma vero oggetto di questa discussione.

Si tratta, secondo l'opinione prevalente, del Genio del popolo romano.

Il genio era un'entità semidivina particolare ( @@Rapax e altri esperti di religione romana, correggetemi per cortesia se sbaglio): fungeva un po' da "angelo protettore", ma non era (come i nostri angeli) eterno. Fungeva da nume protettore e tramite con gli Dei. Qualcuno propone che possa derivare dalle religioni pre-islamiche, dove sono presenti i Jinn (entità tuttavia maligne), ma è più probabile che il concetto sia stato ereditato dagli Etruschi e dai Dàimon greci.

Si trattava di uno spirito guardiano che seguiva l'individuo per mantenerne l'esistenza, consigliandolo nelle decisioni difficili o (se non era propizio) limitandosi a "guardare da un'altra parte".

Nel corso dei secoli i Genii sono andati confondendosi con Mani, Lari e Penati, condividendone alcune caratteristiche; tuttavia, mentre le altre entità hanno esistenza propria, il Genio viene in essere contemporaneamente all'uomo, alla cui nascita presiede, seppur se in modo piuttosto misterioso (l'etimologia è legata a generare/gnascere). Dall'accostamento ai Lari nacque l'idea tarda che anche animali, luoghi e cosa avessero un proprio Genius; si giunse così ad "assegnarne" uno anche al Popolo romano.

Non esisteva una raffigurazione canonica del genio. Talvolta poteva persino avere forma di serpente, come in un denario di M. Volteius M. F. ( http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G147/5 ) ove si ritiene raffigurato il genius loci del sito di Roma

Il Genius Populi Romani ricorre due volte a figura intera, due volte come ritratto.

La figura intera compare la prima volta, forse (Crawford dissente con questa identificazione), nel 100 a.C. su un denario di P. Cornelius Lentulus Marcelli, http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G210/1 ; torna a presentarsi nel 74, su un denario di P. Cornelius Lentulus Spinther ( http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G214/1 ). In entrambi i casi è togato e ha, come attributo, la cornucopia; nella seconda moneta, regge anche lo scettro. Nella seconda figura è sicuramente una figura attempata; nella prima sembra più giovane, ma parliamo comunque di un'immagine troppo piccola per inferire sulla sua presunta età.

Il ritratto del Genius Populi Romani, sicuramente identificabile grazie alle iniziali GPR, ricompare nel 76-75 sulla moneta di Cornelio Lentulo ( http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G213/1 ) che ho postato al post # 7 e infine, secondo l'opinione prevalente, sull'emissione che stiamo esaminando, datata al 55 ( http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G191/6 ).

Vi invito a confrontare la moneta del 76-75 con quella del 55. Entrambi i ritratti sono accomunati allo scettro, ma sono profondamente diversi.

Il ritratto contraddistinto dalle iniziali GPR è severo e anziano. Come sull'emissione di Spinther, quasi contemporanea, ha la barba e veste la toga (visibile sulla spalla).

Passiamo ora all'ultima emissione, quella di cui stiamo discorrendo. E' un giovane scarmigliato, leggermente efebico, con uno sguardo che rende magistralmente una profondità d'animo ma sicuramente non ispira quella matura e concreta severità che veniva ayttribuita al Popolo che, armi alla mano, aveva sottomesso il mondo.

Siamo sicuri che sia proprio, anche questo, il genius Populi Romani?

In effetti una teoria differente c'è: che si tratti del Bonus Eventus, della personificazione - cioè - dell'Evento Fortunato. Anche quin abbiamo un termine di paragone, una moneta di poco antecendete (62 a.C.) su cui il Bonus Enentus è espressamente identificato. Si tratta dell'emissione di Scribonius Libo con il Puteal al retro ( http://numismatica-classica.lamoneta.it/moneta/R-G301/1 ); anche in questo caso vi posto il mio esemplare (asta CNG CNG elettronica 192, lotto 389).

Già Varrone (De re rustica 1, 1, 46) parla del Bonus Eventus, assimilandolo ad un gruppo di dodici divinità che si occupavano degli aspetti agricoli; in seguito il suo orizzonte si allargò al concetto più vasto di successo, affiancato alla Fortuna. Gli fu eretto anche un tempio in Campo Marzio e Plinio narra di una statua colossale che lo raffigurava come un giovane ricco di forza, bellezza, con in mano due mazzi di spighe e papaveri. L'iconografia lo ritrae come un giovane nudo, o avvolto in una corta clamide. In età repubblicana non fu più raffigurato.

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Insomma, secondo me sulla moneta che stiamo esaminando è raffigurato il Bonus Eventus, non il genius Populi Romani.

Le due raffigurazioni differiscono per l'acconciatura dei capelli: ordinati, resi mediante linee nette, per evidenziare stabilità e ordine interiore, nella prima emissione; lunghi e sciolti, quasi come se fossero mossi da una lieve brezza, caratteristica tipica dei modelli artistici ellenistici, nella seconda. Ma comunque la distanza iconografica che separa la menta del 55 (qeulla che stiamo esaminando) da quella del 62 (recante il Bonus Eventus) è ben inferiore di quella che la distanzia dalle moneta del 76 e del 74 (raffiguranti il Genius Populi Romani).

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Come spiegare allora lo scettro, se non è un attributo del ritratto?

Mi piace qui citare Amisano. L'autore, la cui fantasia consente secondo me spesso di "capire" le monete prima ancora di "studiarle", ritiene che - benché non siano noti episodi particolari cui l’iconografia della moneta possa essere attribuita - siano qui riportati i valori fondanti della potenza militare romana:

- il vigore fisico e, aggiungo io, il favore accordato dagli dei (l’aquila);

- la potenza delle armi (le saette);

- l’augurio tratto dal comandante (il lituo);

- la religiosità delle truppe (il vaso sacrificale);

- la disciplina (lo scettro);

- la scelta del caso favorevole (il Bonus Eventus).

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Che ne dite? Propendete per il Genio del popolo romano o per la personificazione del Buon Evento?

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