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Tornese con pietra focaia


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DE GREGE EPICURI

Questo tornese di Filippo III del 1611 (4,4 g. e 23 mm) porta al D la pietra focaia con il nome del re, ed al rovescio una cornucopia piena di frutti; ho scoperto dal nostro catalogo, fra l'altro, che non è così comune. Ma quello che mi ha colpito, visto che pratico soprattutto la numismatica romana, è la cornucopia. E' notevole la quantità di immagini riprese da monete greche e romane nel '500 e nel '600, soprattutto a Mantova, Napoli e in altri regni e principati molto sensibili alla cultura del Rinascimento: duchi a cavallo che richiamano l'Adventus o la Profectio; colonne e capitelli; aquile e fenici; il globo terracqueo, serpenti, cornucopie, ecc. Allo stesso tempo, compaiono però immagini della modernità, come appunto la pietra focaia, galeoni di recente costruzione, e così via. Che ne pensate?

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La cornucòpia, letteralmente "corno dell'abbondanza", (dal latino cornu, "corno" e copia, "abbondanza"), è un simbolo mitologico di cibo e abbondanza. Secondo la mitologia greca è il corno perduto dal fiume Acheloo nella lotta con Ercole per Deianira e riempito dalle Naiadi di fiori e di frutta, come simbolo dell'abbondanza, alludendo con ciò alla fertilità della valle dove scorreva l'Acheloo e all'imbrigliamento del fiume stesso per opera di qualche principe velato sotto il nome del semidio. In forma di corno traboccante frutta e fiori, è spesso presente nei dipinti in braccio alla figura simbolica dell'abbondanza.
Tratto da Wikipedia.

Simbolo della fertilità: è raffigurato da un corno, che in origine era quello della capra Amaltea, nutrice di Giove, colmo di frutti e circondato d’erbe e fiori; era attributo di molti dei e dee ritenuti dispensatori dei beni della terra necessarî alla vita umana. La leggenda voleva che essendosi spezzato uno dei corni della capra Amaltea che nutriva il piccolo Giove, il corno fosse riempito di frutti, circondato di fronde, e donato da Giove alle ninfe. Un'altra leggenda voleva che Ercole, vinto Acheloo, gli strappasse uno dei corni e lo consacrasse ugualmente alle ninfe. È probabile che nel corno di abbondanza si debba vedere solo una trasformazione del corno di animale, di cui in antico ci si serviva come di vaso da bere. Spontanea doveva nascere l'idea di accoppiare il corno da bere coi frutti, a significare quello che in un'umanità primitiva doveva bastare per il benessere della vita. Ed è naturale che l'emblema divenisse specialmente l'attributo degli dei che dispensano i beni terreni. Il corno di abbondanza appare raramente quale attributo di Giove e di Ercole; più spesso appare nelle figurazioni di Ade (Plutone) e di Dioniso; anche Satiri e Menadi, Sileno e il dio Pane ne sono talora forniti. In età posteriore la figurazione del corno d'abbondanza diviene via via più frequente. Da Alessandria, dove la dinastia dei Lagidi lo ebbe in particolare onore, l'emblema trovò larga diffusione in Grecia, in Italia e a Roma, specie sulle monete. Per i Romani, di cui è noto lo spirito realistico, esso acquistò un'importanza di primo piano, e rimase non solo l'attributo dei fiumi, ma si accompagnò con la figurazione di ogni divinità allegorica cui si attribuisse un senso o un augurio di prosperità, di fertilità e anche di felicità pubblica. Quindi la Fortuna, la Vittoria, la Pietà, la Concordia, l'Annona, la Felicità, l'Abbondanza, l'Onore, il Genio del Popolo romano lo ebbero come emblema, particolarmente sulle monete imperiali. E assai note e frequenti sono le figurazioni plastiche analoghe, specie del Genio di Augusto, del Genio del Popolo romano, delle Provincie, e infine della Fortuna, divinità di ben maggiore importanza a Roma che in Grecia. Per tali concetti è naturale che anche divinità maggiori, come Cerere, Giunone, Cibele, Hestia (e i suoi seguaci, gli dei Lari), siano figurate col cornucopia, che appare variamente ornato e striato, e decorato di nastri. Alla bocca del corno sono per lo più mele, melograni e una focaccia piramidale di farina e miele.

Dalla Treccani

La prima moneta del regno di Napoli ad averla incisa (peraltro Doppie) è il Doppio Sestino di Federico III d'Aragona (1496 - 1501) classificato al n. 9 del PR e al n. 108 del MIR

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DE GREGE EPICURI

Questo tornese di Filippo III del 1611 (4,4 g. e 23 mm) porta al D la pietra focaia con il nome del re, ed al rovescio una cornucopia piena di frutti; ho scoperto dal nostro catalogo, fra l'altro, che non è così comune. Ma quello che mi ha colpito, visto che pratico soprattutto la numismatica romana, è la cornucopia. E' notevole la quantità di immagini riprese da monete greche e romane nel '500 e nel '600, soprattutto a Mantova, Napoli e in altri regni e principati molto sensibili alla cultura del Rinascimento: duchi a cavallo che richiamano l'Adventus o la Profectio; colonne e capitelli; aquile e fenici; il globo terracqueo, serpenti, cornucopie, ecc. Allo stesso tempo, compaiono però immagini della modernità, come appunto la pietra focaia, galeoni di recente costruzione, e così via. Che ne pensate?

Ciao Gianfranco @gpiccini , apprezzo molto il tuo post e la linea datagli sull'analisi iconografica. Complimenti per le osservazioni, interessante la tua analisi sul simbolismo numismatico in base alle epoche e al loro riutilizzo, sarebbe bello interagire tra noi prendendo in esame le stesse tematiche iconografiche per Napoli presenti nei nominali in rame a confronto con quelle utilizzate per l'argento e l'oro.

Tanto per fare qualche esempio: nel periodo vicereale dei tre Filippo (1554-1665) troviamo nei nominali in oro, e molti in argento lo stemma, su molti nominali in argento troviamo poi diverse raffigurazioni accompagnate da motti propagandistici o provocatori che in pompa magna trasmettono messaggi legati spesso alla figura del sovrano, al suo governo, alla sua fede cattolica, eccetera, cito ad esempio; DEFENSOR FIDEI, EGO IN FIDE, OMNES AB IPSO, QUOD VIS, IN HOC SIGNO VINCES, eccetera). Discorso molto più complesso è ad esempio quello per il rame, qui i messaggi in molte di esse sono davvero benaugurali e spesso sfociano in veri e propri sberleffi per il loro palese riferimento all'abbondanza e alla ricchezza del popolo minuto ......... cosa non vera se consideriamo le condizioni miserevoli di gran parte del popolo tassato fino all'impossibile. Qui lascio la parola ad altri utenti, loro certamente si divertiranno nello scovare immagini di monete napoletane di rame del periodo in oggetto. Ogni motto latino nasconde spesso significati che vanno al di là della numismatica e spesso passati inosservati sotto le mani del popolo di allora, l'epoca di Filippo III era molto enigmatica, specialmente tra il 1616 e il 1620 .............. non dimentichiamoci che in questo periodo ci fu il celebre vicere duca di Ossuna ..................

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DE GREGE EPICURI

Ho visto che non solo nella monetazione reale, ma persino in quella della Prima Repubblica Napoletana ricorrono temi classici. Anzitutto la sigla SPQN, in omaggio alla Repubblica Romana. Ma anche la parte iconografica: ad es. il grano porta al rovescio un cesto di frutta (immagine W-15938/cat del nostro catalogo) richiama da vicino dei rovesci romani, come questo di Caracalla per Filippopoli:

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Facendo parte dell'Impero Spagnolo, il Regno di Napoli presenta una serie di rappresentazioni classiche che attribuiscono la potenza dei cesari anche ai sovrani spagnoli: teste laureate, busti con drappeggi, corone radiate, aquile, ecc.


Fonte Cataloghi Online


Fonte Cataloghi Online


Fonte Cataloghi Online


Fonte Cataloghi Online

ho fatto incetta di immagini dal catalogo

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DE GREGE EPICURI

Grazie per queste numerose immagini. Nell'ultima (4 scudi di Carlo V), la Pace brucia non solo delle armi, ma anche dei libri! Ignoro la data di emissione di questa moneta, ma suppongo si tratti dei perfidi libri di Lutero, Calvino, Melantone ecc. Qui la Pax Romana ha assunto un profilo decisamente più moderno.

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