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80 Lire Carlo Felice 1827


Risposte migliori

Caro Michele, caro Piergi

se i graffi fossero successivi alla coniazione apparirebbero slabbrati e deturpanti. Sono sicuramente antecedenti, anche se qualche volta l'esito estetico è poco piacevole e ci si chiede, come giustamente avete fatto, quando mai ...

Per quanto riguarda il risultato di un tondello limato (ovviamente nel XIX secolo si trattava di lime speciali e piuttosto costose) dopo la coniazione, mi piacerebbe testarlo di persona. Tutto quello che posso dire è solo teorico. Quando la parte coniata è "bassa" (es. fondi) la forza del conio agisce per più tempo e per una distanza maggiore e pertanto tende a distendere e far scomparire i graffi. Ma sui rilievi (es. caratteri e bordo) il lavoro di stampa è inferiore e i difetti rimangono più marcati. Quanto poi al loro aspetto e localizzazione, essi dipendono anche dalla forma del tondello (piana, oppure lievemente convessa o concava) e dal tipo di lima utilizzata (e non posso escludere altri device come spazzole metalliche, ma si tratta di pura congettura).

Modificato da Giov60
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Sciolgo la riserva in fretta, poiché ho trovato fra i miei appunti la conferma documentale di quanto ho scritto sopra circa il divieto di utilizzare la lima per aggiustare il peso dei tondelli.

 

La previsione che ricordavo è però contenuta in una disposizione del Regno d'Italia e cioè nel Regio decreto 9.11.1861, n. 327 - Art. 80 - che approva il Regolamento per la Direzione delle Zecche ed è quindi postuma rispetto alla coniazione di cui parliamo.

 

A partire dalla data del Regio decreto, l'uso della lima per "aggiustare" i tondelli è bandito espressamente, tanto che il comma secondo prevede che:

 

"Qualora nell'aggiustamento dei tondini venga fatto uso della lima, è cura del Verificatore di rifiutare tutti indistintamente i pezzi che presentano la menoma traccia della medesima

 

La verifica che a questo punto mi piacerebbe fare sarebbe quella di controllare se nei precedenti Regolamenti per le zecche del Regno di Sardegna ci fosse un'identica disposizione, fermo restando che se nel 1861 si è vietato l'uso di aggiustare i tondelli con la lima, ciò potrebbe significare che in precedenza tale modalità era invece praticata.

 

Ad ogni buon conto, Vi posto di seguito il testo integrale dell'art. 80:

30ml1qc.jpg
 

 

Per quanto riguarda l'impressione che ha avuto l'amico Pier circa il fatto che le rigature sul 100 lire postato da Giovanni siano successive e non precedenti la coniazione, è appunto la stessa sensazione che ho avuto io.

 

In questo caso, se così fosse, ci sarebbe un'altra anomalia da spiegare e cioè quella di aver "aggiustato" il peso della moneta non sul tondello (come, al più, si sarebbe dovuto fare) ma direttamente sulla moneta coniata.

 

Saluti. :hi:
Michele

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Abbiamo scritto contemporaneamente, dunque leggi il mio post #26.

Ovviamente la tecnologia dell'Ottocento con le nuove presse monetali introdotte anche in Italia verso la metà del secolo (sarei curioso di sapere quando nel Regno di Sardegna) richiedeva sempre migliori performance. Dunque le "brutte" monete precedenti non apparivano più accettabili ... Tuttavia l'uso della lima non era stato proscritto (come ben si legge) ma erano stati censurati i risultati in cui fosse evidenziabile. Nel Regno d'Italia da allora in poi i dischetti erano portati a peso con dei tornietti (però ne ignoro le caratteristiche).

Modificato da Giov60
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"Tuttavia l'uso della lima non era stato proscritto (come ben si legge) ma erano stati censurati i risultati in cui fosse evidenziabile."

 

Beh, stabilire che il Verificatore della zecca rifiuterà tutti indistintamente i tondelli che presenteranno anche la minima traccia di limatura, in realtà significa vietare l'uso della lima per aggiustare il peso dei tondelli, nel senso che la Zecca non avrebbe potuto accettare tondelli limati.

 

Che poi qualche tondello limato passasse ugualmente non lo possiamo escludere....ma sarebbe stata l'eccezione e non la regola.

 

Mi chiedevo, peraltro, se la portata di questa disposizione fosse in realtà diretta a quelle zecche più abituate a fare uso frequente della lima e che nel 1861 diventarono zecche del Regno d'Italia.

 

In realtà, mentre i cosiddetti (e impropriamente detti) "graffi di conio" sono ad esempio molto comuni sulle monete borboniche del XIX secolo, lo sono molto meno su quelle sabaude dello stesso periodo

 

Non saprei, francamente, come "leggere" questa diversità di comportamento delle zecche ed è per questo che inviterei gli amici "savoiardi" a verificare se in qualche Regolamento del '700 o dell'800 delle zecche del Regno di Sardegna fosse esistente, già prima del 1861, una disposizione analoga a quella riportata dall'art. 80,

 

L'esistenza di una tale disposizione spiegherebbe come nella monetazione piemontese dell'800 i "graffi di conio" siano un fenomeno alquanto raro, se paragonato a quello riscontrabile sulle monete di altre zecche (vedi ad esempio Napoli).

 

Saluti.

M.

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Ciao Giovanni.

Interessante commento il Tuo, che mi porta a considerare come la pratica di "aggiustare" con la lima il peso del tondello esuberante non fosse propria delle sole zecche borboniche ma venisse applicata anche dalle zecche del Savoia nel XIX secolo.

Confesso che non lo sapevo e che ......non me l'aspettavo.

A questo punto chiederei a Cinna74 se può darci il peso esatto della Sua moneta.

Le operazioni di "spianamento", "lisciatura" o "spazzolatura" dovrebbero aver sottratto un po' di peso alla moneta.

O sbaglio?

Saluti.

M

Un po come si fa oggi quando vai a duplicare una chiave....in campo monetario oggi questo non avviene ovviamente piu.

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Ecco nella prossima Negrini 41 un marengo per Torino di Carlo Felice datato 1827, graduato FDC, con i soliti graffi di aggiustamento al R/. Notare che generalmente questi aggiustamenti venivano fatti su una sola faccia della moneta, in particolare al R/!

 

post-14514-0-09113700-1452074135_thumb.j

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Ciao Domenico. :hi:.

 

La procedura di "aggiustamento" con la lima del peso del tondello esuberante, alla quale, fra l'altro, Giovanni ha dedicato studi specifici (sono a conoscenza del Suo apprezzato intervento all'ultimo Convegno di Napoli), non sembra tuttavia avere (almeno nella prima metà del XIX secolo) la stessa diffusione nelle zecche degli Antichi Stati italiani.

 

Non dispongo, ovviamente, di statistiche ufficiali in proposito (che, immagino, neppure esistano) ma mi rifaccio solamente ad una constatazione empirica, che tutti noi possono rilevare esaminando il mercato numismatico.

 

Per fare un esempio chiaro, mi riferisco al fatto che mentre per le monete borboniche della prima metà del novecento non è infrequente leggere nelle descrizioni dei venditori la frase che la moneta è affetta  da "consueti graffi di conio" (dove per "graffi di conio" dobbiamo intendere quello che Giovanni precisava più sopra), nella monetazione sabauda o anche in altre monetazioni dello stesso periodo non mi sembra di avere mai sentito utilizzata la stessa espressione.

 

In altre parole, se il "graffio di conio" delle monete borboniche è un difetto tanto ricorrente da essere considerato da molti numismatici come un difetto "consueto", in altre monetazioni coeve non lo è affatto e ciò, considerando che le zecche dell'epoca utilizzavano, più o meno, la stessa tecnologia ed erano certamente fra di loro in contatto (come scriveva Giovanni), mi porterebbe a pensare che potessero esservi già dai primi dell'800 dei Regolamenti che in alcune zecche limitavano od escludevano l'uso della lima per l'aggiustamento del tondello esuberante, magari disponendo che tale tondello non potesse essere "aggiustato" con la lima (così da deturparlo e da renderne "difettosa" la successiva coniazione) ma prescrivendo per l'aggiustamento" l'uso dei "tornietti" di cui faceva cenno sempre Giovanni o, addirittura, prevedendo la rifusione tout court del tondello con conforme per eccesso al peso legale.

 

La disposizione riportata nell'art. 80 del primo Regolamento delle zecche del Regno d'Italia è, in tal senso, mi pare abbastanza eloquente.

 

Se è vero che nel 1861 la tecnologia delle zecche doveva essere molto migliorata rispetto agli inizi del XIX secolo, non è da escludersi che la situazione operativa e tecnologica delle varie zecche che venivano a trovarsi da quel momento sotto la stessa Autorità non fosse esattamente omogenea.

 

Da qui l'ordine, rivolto al Verificatore delle zecche del neonato Regno d'Italia, di non accettare più tondelli aggiustati con la lima.

 

Ma se si sentì il bisogno di prevenire una tale evenienza, è lecito pensare che qualcuna (o tutte?) le zecche confluite nel Regno d'Italia facessero ancora uso di questa antica pratica nel 1861?

 

Saluti e buon 2016 :hi:  

Michele

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Ciao Giovanni.
 
"Notare che generalmente questi aggiustamenti venivano fatti su una sola faccia della moneta, in particolare al R/!"

 

Presupponendo che l'aggiustamento avveniva sul tondello e non sulla moneta coniata, ciò significa che l'operatore aveva cura di posizionare il tondello "aggiustato" in modo tale che la faccia limata corrispondesse al conio del rovescio?

 

M

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@@bizerba62.

 

Esattamente! Può sembrare complicato ma non è così.

Ti riporto parte di una lettera (inedita) che il direttore della Zecca di Bologna (Salvigni) scriveva al suo superiore Isimbardi, direttore della Zecca di Milano, in data 16 gennaio 1811, durante il Regno d'Italia:

"(...) Dietro poi le avvertenze fattemi colla pregiata sua 10 corr. N. 81 io mi sono portato all’officina in cui si stavano coniando i pezzi da una lira, ne ho esaminato un centinajo circa e li ho trovati perfettamente centrati ed impressi; non ho però lasciato di nuovamente raccomandare agli stampatori tutta la possibile diligenza ed esattezza. In questo incontro è pur sembrato che le quante volte cadeva sulla parte limata del tondino l’effigie, questa non riuscisse perfetta, e che l’impressione venga meglio ove si abbia l’avvertenza di far cadere sulla parte limata lo stemma, ed ho perciò ordinato che previamente vengano i tondini disposti in modo che ciò appunto succeda. Avendo parimente osservato che l’impressione di alcuni pezzi era difettosa per non essere i tondini limati a dovere ed in piano, io ho seriamente ammonito il capo limatore perché sorvegli scrupolosamente gli operai da lui dipendenti onde i tondini vengano lodevolmente limati.”

 

Come vedi in quel tempo c'era una attenzione maniacale al posizionamento del tondino nella pressa.

;)

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Si...mi trovate daccordo su quanto scritto....ma l'uso della lima era una consuetudine...ripeto...come quello che fatto il duplicato di una chiave toglie le scorie di metallo con una lima..idem si faceva per le monete...anche perchè nessuno immaginava l'esistenza di collezionisti esigenti...gli operai di una volta, la maggior parte semi analfabeti, cercavano di fare al meglio il loro mestiere e si preoccupavano di far immettere sul mercato monete che non presentassero particolari difetti

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Vorrei ringraziare tutti gli intervenuti perchè avete reso molto interessante la presente discussione.

Se ho ben capito anche la moneta che posto di seguito è interessata dallo stesso procedimento di limatura del tondello pre coniazione. Questo nonostante i segni interessino la perlinatura in quanto la pressione del conio, minore sui rilievi, non sarebbe riuscita ad uniformarle.

 

post-34862-0-84937400-1452246514_thumb.j

 

Posto qualche altra foto del mio esemplare di 80 lire che ho capito essere, anche se in maniera lieve, restaurata (non so se il termine è adatto). Potreste aiutarmi a capire cosa scrivere sul cartellino che vorrei affiancargli?

 

post-34862-0-63428700-1452247643_thumb.j

 

 

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