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Contraffazioni e imitazioni nel Rinascimento


Paolino67

Risposte migliori

Sto finendo in questi giorni di leggere l'interessante volume nr. 6 della collezione della Banca Agricola Mantovana, dedicato alle zecche dei rami cadetti dei Gonzaga.

A parte il cercare di capire il sistema monetario dell'epoca, la cosa che salta subito all'occhio è come i signori dell'epoca, soprattutto quelli dei piccoli principati, non si facessero molti scrupoli nel contraffarre il maggior numero di monete possibili in modo da averne un tornaconto personale (peraltro leggendo qua e là nel forum mi pare di capire che questa pratica fosse comune già da secoli). Ora, se risulta abbastanza facile capire come lo spaccio di monete false all'infuori del proprio feudo procurasse vantaggi a chi le faceva coniare (in tal modo, coniando enormi quantitativi di moneta bassa, si poteva guadagnare sul minor valore di metallo pregiato usato nelle monetine in mistura rispetto al valore nominale della moneta), mi è un pò meno chiaro perchè in alcuni casi si preferisse semplicemente imitare le monete di altri stati. Lo scopo delle imitazioni era lo stesso di quello delle monete contraffatte? O forse, mentre con le monete false si era del tutto fuori dalla legalità (tanto che qualche principe si è anche beccato una scomunica per aver voluto spacciare false monete papali), con le imitazioni si era solo borderline, cercando di poter usare anche fuori dai propri confini (potendo però poi eventualmente giustificarne l'uso esterno con un semplice errore) monete che in realtà non avrebbero dovuto fuoriuscirne?

Scusate se ho detto qualche fesseria, ma sto cercando di capire meglio come funzionavano le cose in quell'epoca.... ;)

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In realtà le monete rinascimentali erano in genere accettate anche nei territori (stati) confinanti, con le dovute differenze di valore al cambio (dato che in genere ne veniva considerato il valore intrinseco......).

Allo stesso tempo però, chi non aveva modo di valutare l' effettivo contenuto di intrinseco in un determinato nominale, preferiva "rinunciare" a ricevere la moneta, per questo si cercava di imitare una moneta comunemente accettata da tutti o quasi.

Certo che da qui a tentare di fare una imitazione con meno intrinseco.... il passo era breve e la tentazione forte....... :D

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Quindi, in pratica, se ho capito bene, le monete di alcuni stati (es. Pontificio)avevano maggiore credibilità perchè meno soggette a speculazione sull'intrinseco, e questo portava molti staterelli ad imitarle in maniera da rendere più credibili anche le proprie... ma questa pratica dagli stati che emettevano moneta bassa "credibile" era accettata, tollerata, osteggiata o cosa? Da quel che ho capito la falsificazione era combattuta, mi pare invece che sulle imitazioni si chiudesse un occhio, o no?

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ciao, il fenomeno dell'imitazione è vecchio quasi quanto la storia delle monete e riguarda anche altri continenti.

Questo fatto, già di per sè spiega in parte il successo delle imitazioni.

Per il resto esistono numerose pubblicazioni sull'argomento.

Da quello che ho capito, intervenivano diversi fattori. Principalmente l'intrinseco valido e la penuria di contante.

Se vi erano queste due condizioni, il mercato le accettava.

D'altronde quando anni addietro mancavano gli spiccioli, accettavamo i miniassegni, i gettoni telefonici e quant'altro. B)

Modificato da bavastro
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Credo ci rientrasse anche un altro fattore che potremmo chiamare "prestigio" dell'autorità emittente. In sostanza la fiducia che si poneva nel fatto che le monete emesse, poniamo, dalla Serenissima o dai Pontefici fossero di buon intrinseco, di peso costante ecc. In questo rientrava ovviamente anche il peso geopolitico dell'autorità in questione, che poteva portare altri stati a imitarne le emissioni: vedi ad esempio le imitazioni balcaniche dei grossi veneziani. In ogni caso la monetazione "ai tempi dell'intrinseco" portava con sé una quantità di fattori anche psicologici di cui noi ormai ci siamo completamente scordati. Sul valore di propaganda delle emissioni monetali romane imperiali (e non solo) sono stati scritti volumi...

Ciao, P. :)

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I motivi sono tanti. Più o meno già detti.

Generalmente le imitazioni erano realizzate per monete "famose" (cioè monete riconosciute, data la potenza dell'autorità o Stato emittente, al di fuori del luogo di origine e quindi svolgevano una sorta di ruolo che oggi svolge il dollaro Usa, base degli investimenti e delle transazioni internazionali) e per monete con un buon potere di acquisto (il metro di valutazione di questo parametro era la stabilità della moneta, intesa come peso, come fino e come meno tendente alla perdita di tenore metallico).

Fiorini Ducati Genovini Zecchini Gigliati Grossi Reali d.Provisini Dinar Dobla Dirham (forse ne dimentico qualcuno) erano i nominali più imitati e contraffatti tra Europa, Asia ed Africa.

Il salto tra imitazione e contraffazione era veramente sottilissimo e tentava chiunque (dal grande Re al più piccolo dei signori con diritto e privilegio di battere moneta).Frinco e Desana sono le prime zecche che mi sovvengono.

Imitazioni e contraffazioni sono stati problemi grossi in alcuni momenti, addirittura a volte ne nacquero conflitti di scala locale.

Spesso le contraffazioni erano comunque commissionate da mercanti e non erano quindi "previste" solo dai signori titolari della zecca.In altre occasioni il Papa dava una "benedizione" alle monete falsificate, concedendo il transito di esse attraverso le proprie strade e i propri porti (generalmente Ancona) dietro pagamento di un dazio speciale.

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