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I Romani davano il resto?


Rapax

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Sostanzialmente stiamo dicendo la stessa cosa, diciamo che quantomeno dalla metà del secondo secolo nei flussi di monetato circolanti per le casse della repubblica, quindi dalla riscossione di tasse al pagamento degli oneri militari, il denario ero il fulcro di tutto.

Indicativamente, si può rilevare che sempre dalla metà del secondo secolo il bronzo viene battuto a livello sporadico... in certe fasi davvero molto sporadico (ciò che non molto propriamente ho chiamato “buchi”).

Tu dici che la moneta enea battuta in precedenza e sporadicamente integrata era sufficiente al fabbisogno interno... io è qui che ho forti dubbi, soprattutto in considerazione della crescita demografica e del conseguentemente incremento anche delle piccole transazioni commerciali. L’abbandono della vita rurale schiacciata dall’imporsi del latifondismo, unitamente alla concorrenza dei prodotti agricoli provenienti dalle nuove province portò Roma ad un incremento demografico enorme... ed il periodo è proprio questo.

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Indicativamente, si può rilevare che sempre dalla metà del secondo secolo il bronzo viene battuto a livello sporadico... in certe fasi davvero molto sporadico (ciò che non molto propriamente ho chiamato “buchi

 

da cosa hai dedotto questa sporadicità di emissione?

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Un aumento demografico imponente si porta dietro, come prima conseguenza, una forte spinta inflazionistica.....il che avrebbe ridotto ancora l’utilità del circolante eneo a favore di quello argenteo con i suoi sottomultipli. 

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9 ore fa, Tinia Numismatica dice:

Circolavano insieme o sono stati ritrovati insieme? 
a  prescindere da un sempre possibile periodo di transizione tra un nominale e un sistema e l’altro, mi definisci “ circostanza appurata dai ritrovamenti”? 
in che percentuali e giaciture .....

Il riferimento sono gli Atti del X Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici - Napoli 18-19 giugno 1993 sulla monetazione romano-campana. 

Nel dettagliato elenco dei ritrovamenti/ripostigli/stipi votive sono riportati numerosi casi di compresenza di bronzi con leone e Minerva/protome equina assieme a pezzi fusi.

Se dalla compresenza si puó inferire la circolazione coeva, sorge spontanea la domanda su che valore rappresentassero. Le conseguenze che ne hanno tratto gli studiosi sono variegate (e a volte al limite del fantasioso).

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Ripostigli di monete "selezionate" sono sinonimo di tesaurizzazione, depositi in stipi votive possono dare indicazioni in merito ai periodi di frequentazione del luogo sacro... diciamo che ogni rinvenimento fa un po' storia a sé, per poi essere paragonato con depositi analoghi al fine di effettuare le opportune considerazioni.  Argomento estremamente interessante, che meriterebbe più di un approfondimento.

 @Tinia Numismatica naturalmente si sta portando avanti il discorso per sommi capi... ma non siamo i soli a farlo se consideriamo che un'analisi un po' più capillare del volume delle emissioni enee è stata debitamente "scansata" da illustri nomi della numismatica repubblicana, molto probabilmente perché non si hanno sufficienti elementi oggettivi per poter impostare con criterio e rigore il discorso.

Il fatto è che delle anomalie a mio parere ci sono. E' giustissimo quello che dici, ovvero che l'incremento demografico porta con sé una forte spinta inflazionistica, compensabile con un accorto ma massiccio aumento della massa monetaria in circolazione. E qui è il denario ad avere un ruolo centrale, non ci sono dubbi. Al tempo stesso il solo denario, pur perdendo potere d'acquisto, resta un nominale di un certo valore,  idoneo in contesti di micro transazioni commerciali solo se accompagnato dai suoi sottomultipli. Ad esempio, nel periodo che va dal 150 al 100 a.C. dove sono questi sottomultipli? Non ci è giunta testimonianza monetale di sesterzi, abbiamo solo il quinario della Fundania. Eliminati i sottomultipli in argento viene logico pensare alla monetazione enea. Parlando di assi ci sono noti 10 tipi (RRC 206/2, nelle seria dalla 210 alla 217 e 219/2) emessi a ridosso del 150 e 6 tipi noti battuti, secondo la cronologia del Crawford, dal 114 al 100. Nel trentennio di "buco" del nominale eneo di più alto valore assistiamo però all'emissione di un buon numero di sottomultipli dell'asse. Mi rendo perfettamente conto che impostare un simile ragionamento prendendo come parametro di riferimento le tipologie monetali note ha enormi limiti, ma lo scopo è quello di avere un grossolano parametro di riferimento da comparare al volume di emissioni del denario.

L'emissione di sottomultipli dell'asse (in particolare modo nel periodo a cavallo del 130) ci indica comunque che un quadrante in quegli anni aveva ancora ragion d'essere, ma per cosa esattamente? Per compensare alla carenza di quel nominale in quel particolare periodo? Se partiamo dal periodo a ridosso delle guerre puniche ed ipotizziamo una crescita demografica lineare fino ad Augusto (cosa certamente non corretta, ma che permette di ottenere una stima cautelativa al ribasso), possiamo dire che la popolazione di Roma si sia triplicata negli anni a cavallo tra II e I secolo? Se così fosse parliamo di mezzo milione di abitanti... 

In questo quadro demografico il monetato eneo circolante dal periodo post annibalico sarebbe stato sufficiente? Io dico di no, se consideriamo che il volume di emissioni immediatamente successivo all'introduzione del sistema denariale non consentiva una diffusione capillare della moneta, che nelle transizioni commerciali del quotidiano è andata ad affiancarsi sicuramente ad altre forme di scambio quali il baratto, che non cessò certo di esistere nel momento in cui videro la luce i primi denari.

Detta in soldoni, in un quadro complessivo la mia idea è che parrebbe esserci arrivata poca testimonianza di bronzo monetato rispetto alle effettive necessità di una potenza in costante espansione economica, demografica ed egemonica.

 

 

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1 ora fa, Scipio dice:

Il riferimento sono gli Atti del X Convegno del Centro Internazionale di Studi Numismatici - Napoli 18-19 giugno 1993 sulla monetazione romano-campana. 

Nel dettagliato elenco dei ritrovamenti/ripostigli/stipi votive sono riportati numerosi casi di compresenza di bronzi con leone e Minerva/protome equina assieme a pezzi fusi.

Se dalla compresenza si puó inferire la circolazione coeva, sorge spontanea la domanda su che valore rappresentassero. Le conseguenze che ne hanno tratto gli studiosi sono variegate (e a volte al limite del fantasioso).

Più fantasiose che variegate credo.

comunque un periodo di transizione ci deve essere stato , potrebbe spiegare la compresenza in attesa di procedere al cambio del vecchio( vecchissimo) circolante col nuovo....ipotesi un po’ traballante ma possibile. 
dubito fortemente che la gente andasse in giro con in tasca assi da 250 grammi quando poteva usarne di equivalenti da pochi grammi. Senza contare la mia del tutto sopita ipotesi che l’aes  grave non fosse realmente moneta corrente ma solo moneta di conto ,rituale o tributale , soprattutto finito il periodo a valore intrinseco. 
in ogni caso, con gli argentei e le spezzature si coprivano i 4-8-12-16 assi 

se dovevi pagare sette assi , succedeva un po’ come adesso con gli euri: adesso quando fai colazione cambi 5 euro e ti danno una manciata di spicci. Al tempo gli davi un quinario e ti davano un asse di resto. Oggi , al terzo cambio di 5 euro , ti ritrovi con un paio di etti di moneta di basso valore unitario quindi al quarto acquisto metti tutto insieme e paghi con gli spicci avuti in resto. 
mal tempo, vista la costanza dell’animo umano, presumo funzionasse allo stesso modo. Cambiavi l’argento finché gli assi non erano troppi e poi usavi quelli per la seguente transazione. Alla fine il circolante eneo era sufficiente. 
anche perché, sulla scorta di quanto detto a proposito dell’aumento di popolazione delle città, la spinta inflazionistica probabilmente aveva ridotto di parecchio le cose acquistabili con la moneta base( L asse) a favore di quelle che ne richiedevano più di uno. È un po’ la situazione di oggi in cui i tagli da uno/due centesimi sono in odore di eliminazione perché quasi inutili e più costosi da realizzare del loro valore facciale. Probabilmente, a roma, dopo un po’ , con un asse o due, compravi poco o niente, e questo spingeva la moneta multipla dello stesso ad un uso più intensivo relegando l’asse ai margini. 
Puo darsi che i “buchi” produttivi che riporti siano dovuti ad una mancanza di necessità di emettere altro eneo, essendo già sufficiente e ancora in corso il vecchio , da parte dei magistrati monetari che si limitavano a battere denari ( più richiesti) col loro patronimico. E solo in specifiche situazioni emettevano monetale eneo. 
non so dirti perché di alcuni magistrati si reperiscano meglio quadranti che assi, forse perché più facili da perdere....credo che una comparazione con una tabella di prezzi del periodo potrebbe far dedurre quali monete venissero più utilizzate e pertanto emesse in numero maggiore. 

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Concordo essenzialmente su tutto...e comunque grazie davvero per la pazienza!

Ipotizziamo che le testimonianze monetali giunte fino a noi ci abbiano consentito di ricostruire un quadro piuttosto coerente all'effettiva situazione, propria della realtà romana del periodo (e non credo ci siano chissà che motivi per farci pensare il contrario). Un potenziale problema però è nella nostra mentalità moderna, che vuole la moneta quale unico fulcro delle transazioni economiche. In antichità non era così... il problema è che il concetto di antichità è un tantino esteso.

Sappiamo che gli abitanti dei territori rurali al di fuori di Roma vivevano grazie ad un'economia di sussistenza, con tutta probabilità avevano più dimestichezza col cambio un bue per dieci pecore rispetto a quello un denario per dieci o sedici assi...e non contestualizziamolo all'età regia, ma al periodo della seconda guerra punica.

Non dimentichiamo poi che il famoso "legionario medio" riceveva quale compenso non solo moneta ma anche generi per così dire di prima necessità... anche il grano era un valore.

E ricordiamoci anche del De agri cultura di quel Catone che vedeva in quella agreste la ricchezza più nobile.

Tornando al nostro legionario mariano del primo post, siamo così sicuri che vivesse in una realtà equiparabile a quella odierna in termini di concezione della moneta quale unico e solo mezzo di scambio? Secondo me il nocciolo della questione è tutto qui, noi inquadriamo il tutto in ottica troppo moderna, proiettiamo la nostra concezione in modo un po' troppo "totalitario".

Se il nostro amico legionario, stressato e desideroso di qualche distrazione, si fosse poi recato da una della tante prostitute della Suburra e al posto dei tre assi richiesti le avesse offerto tre pagnotte, questa avrebbe rifiutato?

Non avrebbe di certo rifiutato se il legionario in questione fosse del periodo annibalico e fosse rientrato dalla battaglia di Zama... agli albori del primo secolo qualche dubbio in più ce l'ho, ma non credo si possano escludere con troppa leggerezza anche in questo periodo micro transazioni effettuate con mezzi differenti dalla moneta. 

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Per quanto riguarda il periodo imperiale , quello socio economico meglio documentato , consiglio la lettura di questo libro :

Storia economica e sociale dell'Impero Romano , di Michael Rostovtsev . edito da : La Nuova Italia (esaurito , solo usato) e dalla Sansoni editore nel 2003

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Sappiamo che gli abitanti dei territori rurali al di fuori di Roma vivevano grazie ad un'economia di sussistenza, con tutta probabilità avevano più dimestichezza col cambio un bue per dieci pecore rispetto a quello un denario per dieci o sedici assi...e non contestualizziamolo all'età regia, ma al periodo della seconda guerra punica.

 

gli “abitanti rurali “ (a parte i contadini ciociari ) esterni a roma erano popolazioni che avevano una familiarità con le transazioni basate sulla moneta da ben prima dei romani....dubito che usassero il baratto 

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17 minuti fa, Agricola dice:

Per quanto riguarda il periodo imperiale , quello socio economico meglio documentato , consiglio la lettura di questo libro :

Storia economica e sociale dell'Impero Romano , di Michael Rostovtsev . edito da : La Nuova Italia (esaurito , solo usato) e dalla Sansoni editore nel 2003

E per il periodo repubblicano cosa abbiamo?

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Tornando al nostro legionario mariano del primo post, siamo così sicuri che vivesse in una realtà equiparabile a quella odierna in termini di concezione della moneta quale unico e solo mezzo di scambio? Secondo me il nocciolo della questione è tutto qui, noi inquadriamo il tutto in ottica troppo moderna, proiettiamo la nostra concezione in modo un po' troppo "totalitario".

 

””” considerato che il favore dei legionari si comprava a ci peso d’argento e ancor più quello dei mercenari, dubito molto che avrebbero accettato qualsiasi altro metodo di remunerazione che non fosse stato pratico da portarsi appresso e spendibile in ogni luogo per lo stesso valore.....soprattutto se consideri la durata della ferma e il fatto che erano sempre o quasi in movimento. Cosa avrebbero dovuto portarsi dietro?....no, solo il metallo nobile poteva essere accettato e speso ovunque, dentro e fuori dai territori romani. ””””””

Se il nostro amico legionario, stressato e desideroso di qualche distrazione, si fosse poi recato da una della tante prostitute della Suburra e al posto dei tre assi richiesti le avesse offerto tre pagnotte, questa avrebbe rifiutato?

“”””penso proprio di sì, ce lo vedi il legionario che va in giro con le pagnotte o altro per la suburra? A giocare a dadi puntando cicoria e polli?....no, era il denaro che girava....non inquadrarli in in ottica troppo moderna ok, ma neanche inquadrarli in un ortica da arcadia e primitivismo...la moneta è nata perché se ne avvertiva il bisogno e come tale ha soppiantato qualsiasi altra forma di commercio minuto, immediatamente e soddisfacentemente....”””””

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2 ore fa, Tinia Numismatica dice:

E per il periodo repubblicano cosa abbiamo?

Non conosco un testo specifico che tratti di economia monetale per il periodo repubblicano , tra i tanti testi che accennano al tema monetario potrei citare la prima parte , relativa alle monete repubblicane , del primo volume dei tre , di Silvana Balbi de Caro : Roma e la Moneta , edito dalla Banca d' Italia .

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1 ora fa, Agricola dice:

Non conosco un testo specifico che tratti di economia monetale per il periodo repubblicano , tra i tanti testi che accennano al tema monetario potrei citare la prima parte , relativa alle monete repubblicane , del primo volume dei tre , di Silvana Balbi de Caro : Roma e la Moneta , edito dalla Banca d' Italia .

Contiene una tabella o un elenco di prezzi per genere e per periodo specifico...? 
 

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6 ore fa, Tinia Numismatica dice:
considerato che il favore dei legionari si comprava a ci peso d’argento e ancor più quello dei mercenari, dubito molto che avrebbero accettato qualsiasi altro metodo di remunerazione che non fosse stato pratico da portarsi appresso e spendibile in ogni luogo per lo stesso valore.....soprattutto se consideri la durata della ferma e il fatto che erano sempre o quasi in movimento. Cosa avrebbero dovuto portarsi dietro?....no, solo il metallo nobile poteva essere accettato e speso ovunque, dentro e fuori dai territori romani. 

Se il nostro amico legionario, stressato e desideroso di qualche distrazione, si fosse poi recato da una della tante prostitute della Suburra e al posto dei tre assi richiesti le avesse offerto tre pagnotte, questa avrebbe rifiutato?

“”””penso proprio di sì, ce lo vedi il legionario che va in giro con le pagnotte o altro per la suburra? A giocare a dadi puntando cicoria e polli?....no, era il denaro che girava....non inquadrarli in in ottica troppo moderna ok, ma neanche inquadrarli in un ortica da arcadia e primitivismo...la moneta è nata perché se ne avvertiva il bisogno e come tale ha soppiantato qualsiasi altra forma di commercio minuto, immediatamente e soddisfacentemente....”””””

Concordo, non ho mai messo in discussione il tipo di pagamento nei confronti dell'esercito, che di fatto rappresenta il mezzo di immissione massiccia di nuovo monetato per eccellenza... come abbiamo detto in argento. 

Sul secondo punto le perplessità mi rimangono, non mi ci vedo il legionario andare a signorine pagando in pagnotte le... (farebbe anche rima, ma evitiamo), ma se tutte le spese spicce si sarebbero potute portare a termine solo e soltanto grazie alla moneta ad oggi non dovremmo avere testimonianze di monetato eneo o di frazioni argentee del denario ben più più consistenti di quelle che effettivamente abbiamo?

La moneta ha soppiantato qualsiasi altra forma di commercio minuto immediatamente e soddisfacentemente... io nutro forti dubbi su quell'immediatamente, o meglio, sto provando a capire di che lasso temporale stiamo parlando.

Sul fatto che gli "abitanti rurali" fossero avvezzi all'uso della moneta ben prima dei romani... dipende di chi parliamo e di quando parliamo... i poveri tapini (alias i contadini ciociari) prima della riforma di Mario morivano di fame e non credo fossero avvezzi a maneggiar chissà quanta moneta, non erano gli abitanti di città italiche o magno greche. Non credo di inquadrare il problema in ottica primitivistica... il problema era serio e concreto. Non sto parlando di tempi arcaici, il periodo è sempre quello compreso tra la seconda guerra punica e la fine del II secolo. Questi piccoli agricoltori non erano certo pochi e furono loro ad andare ad ingrossare le fila del proletariato urbano, nullatenente. Le questioni sollevate dai Gracchi rappresentavano una minaccia reale, traevano fondamento da un problema concreto.

Già i primi denari anonimi circolarono molto e sono testimonianza di un immenso sforzo fatto da Roma per imporsi con le proprie armi e parallelamente con la propria moneta, ma al tempo stesso continuarono ad esistere contesti sociali basati su micro economie di sussistenza. L'esistenza del proletariato urbano, ben rimpolpato dall'afflusso di coloro che un tempo erano piccoli agricoltori e che avevano rappresentato il nerbo dell'esercito penso non possa essere messa in discussione e questo considerevole numero di "nuovi" nullatenenti non poteva certo contare su gruzzoletti di denari per sopravvivere. E' in questi contesti che reputo possibile, ancora alla fine del II secolo, l'esistenza di altre forme di scambio. Se invece tale ipotesi è da considerarsi assurda tutto il commercio minuto avveniva necessariamente con moneta enea... e a questo punto mi piacerebbe sapere che fine ha fatto tutto il monetato in metallo vile necessario a sostenere tale quadro economico. Se mi dite che bastava "rabboccare" saltuariamente il circolante battuto cent'anni prima io resto fortemente perplesso.        

 

 

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6 ore fa, Tinia Numismatica dice:

Sappiamo che gli abitanti dei territori rurali al di fuori di Roma vivevano grazie ad un'economia di sussistenza, con tutta probabilità avevano più dimestichezza col cambio un bue per dieci pecore rispetto a quello un denario per dieci o sedici assi...e non contestualizziamolo all'età regia, ma al periodo della seconda guerra punica.

 

gli “abitanti rurali “ (a parte i contadini ciociari ) esterni a roma erano popolazioni che avevano una familiarità con le transazioni basate sulla moneta da ben prima dei romani....dubito che usassero il baratto 

Infatti: tutti i vicini di Roma, greci ed etruschi, erano avvezzi all’uso della moneta e per di più al sistema bi/tri metallico. Roma, secondo le teorie prevalenti, non usa moneta fino al III sec aC poi in un tempo relativamente breve produce bronzi fusi che pesano chili tipo decussis (mah) e la cd mezza litra Roma/Cane da un grammo.

Peraltro non si saprebbe bene cosa si comprava con una semuncia, sicuramente legata all’asse.

Tutto ció in un contesto dove in realtà l’inflazione era davvero bassa, se consideriamo come evolve poco la paga di un legionario (argento) fra le guerre puniche e il I sec. d.C. e che con un asse (bronzo) nel I sec dC ci compravi ancora qualcosa (dopo più di 300 anni dalla data presunta di introduzione)

Allora o i Romani erano totalmente irrazionali (e la monetazione sarebbe l’unico campo) o c’è qualcosa che non torna in come viene ricostruita la cronologia della monetazione repubblicana. E magari ci sfuggono avvenimenti quali ritiro e sostituzione del circolante eneo.

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Il ritiro del circolante è sicuramente una variabile che va presa in considerazione, ma per quale motivo tali eventi avrebbero avuto una così grande incidenza sulla monetazione enea e meno su quella in argento?  Possiamo spiegarlo col fatto che l'occultamento di gruzzoli frutto di tesaurizzazione interessa come logico principalmente il denario? Se così fosse la ricostruzione odierna risulterebbe distorta rispetto a ciò che veramente fu in termini di tipi e quantità di nominali emessi.

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Io penso (senza alcuna pretesa di scientificità) che l’argento coniato su tondello spesso si tesaurizzava e ha resistito al tempo. Il bronzo si tesaurizzava poco o niente, probabilmente veniva ritirato e il tempo ha fatto il resto.

Varrone parlava di libelle e simbelle d’argento e non ne è rimasta traccia ( comprensibile a vedere i pochi sesterzi argentei che sono giunti fino a noi).

Ritrovamenti di litre e doppie litre bronzee   sono assolutamente sporadici, ma nella sola stipe votiva di vicarello ce n’erano quasi 2000. Evidentemente, per me, circolavano e tanti le avevano in tasca.

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Diciamo che su sesterzi ed emissioni di analoghe dimensioni le caratteristiche fisiche della moneta stessa possono aver influito pesantemente sull'esiguo quantitativo giunto fino a noi.

Tornando però al bronzo del periodo in esame, il discorso di @Scipio ha sicuramente senso, però mi piacerebbe trovare qualche piccolo indizio a sostegno dell'esistenza di un numero ben più considerevole di monetato eneo. Preciso che stiamo provando a portare avanti una bella discussione divulgativa, quindi a volte mi tocca fare un po' il bastian contrario proprio per dare un seguito al discorso che, in caso contrario, si arenerebbe. 

Dove poter trovare qualche minimo indizio? Prendere in esame Babelon e Crawford, quindi due testi scritti a quasi un secolo di distanza l'uno dall'altro, potrebbe portare a qualcosa?  Se effettivamente ci è giunta una testimonianza concreta di monetazione enea che rappresenta però solo una parte rispetto a ciò che era in realtà, nel giro di un secolo ricco di rinvenimenti quanti esemplari non conosciuti dal Babelon sono stati poi identificati dal Crawford? 

È una "verifica" che non ho mai fatto e purtroppo la tabella di concordanza del Crawford non aiuta molto.

Diciamo però che se da tale verifica emergesse qualcosa l'indizio ci sarebbe. In caso contrario risulterebbe quantomeno improbabile pensare ad un numero di tipologie marcatamente più consistente rispetto alle tipologie ad oggi note. 

Gli assi saltano fuori un po' ovunque, da stipi votive, da rinvenimenti sporadici ed isolati, da depositi di fondazione, da fiumi e corsi d'acqua. Se in cent'anni nulla di "nuovo" è emerso temo che si possa ragionare solo in termine di volume di emissione degli esemplari noti.

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Forse qualcosa ho trovato... riporto uno stralcio di un contributo di Maria Cristina Molinari:

Resta più difficile comprendere come funzionasse il sistema monetario nel suo complesso e per quali ragioni di volta in volta venisse emessa la moneta. A questo proposito diverse interpretazioni sono state avanzate dagli studiosi nel tentativo di ricostruire l'economia romana, il sistema degli scambi, la funzione della moneta e la sua circolazione. In generale due sono state le posizioni storiografiche predominanti nel corso dell'ultimo secolo: la "visione modernista", sostenuta a partire da M. Rostovzev (1926), e quella "primitivista" che ha avuto nella seconda metà del Novecento il più accanito sostenitore in M. Finley (1977) e proseliti nella scuola anglosassone. Nel primo caso si propone un'immagine dell'economia romana, in particolare di quella imperiale, di tipo espansionistico con un forte sviluppo dei commerci e della manifattura; nel secondo si ipotizza una visione statica della produzione dei beni, ridimensionando il diffondersi delle relazioni mercantili-monetarie in un'economia che comunque rimane "duale" dove persistono, accanto ad un settore monetarizzato e commercializzato, prevalenti forme di autoconsumo. Comunque i due modelli ricostruttivi implicano anche un diverso modo di spiegare le motivazioni della produzione di metallo coniato, attribuendone il merito ora ad una sorta di "empirica politica monetaria" dell'autorità imperiale, ora ad una semplice esigenza di procurarsi i mezzi adeguati per far fronte alle proprie spese. Parimenti si verifica una diversa interpretazione delle riforme monetarie o ancor più delle manipolazioni del metallo coniato praticate a partire dal I sec. d.C., nonché dei modelli di circolazione e di diffusione della moneta nei territori dell'Impero (significativo in questo senso il contributo sostanziale, ma molto discusso di K. Hopkins [1980] sulle tax-producing regions, ovvero i territori provinciali dove venivano prodotti i beni, e le tax-consuming regions, le aree dove stazionavano le forze militari che costituivano la più consistente e significativa spesa pubblica). 

Se comunque si è ipotizzata un'economia duale in età imperiale direi che anche in ambito repubblicano varrebbe la pena approfondire.

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Mi piace contribuire con una mia personale visione, sapendo che puó essere immediatamente smentita, solo al fine di stimolare ulteriori contributi dei tanti esperti che leggono il forum.

La storia millenaria di Roma la vede sempre acquisire il meglio (o il nuovo) degli usi e costumi dei popoli che incontra e sottomette: dalla spada corta dei celtiberi alla filosofia dei greci al culto di Mitra dei persiani.

I romani all’inizio non commerciano, prendono. Le donne dai Sabini, le navi dai greci della campania, i territori dei veienti, degli etruschi e dei latini. Probabilmente la moneta non serve loro, interessati solo ad ager e pecudes, e se bisogna pagare una multa all’erario o comprare schiavi utilizzano barre di bronzo.

Poichè italici, greci e etruschi (e le stesse colonie romane: Alba Fucens, Cosa) hanno questo mezzo di scambio che semplifica i commerci con gli altri popoli lo adottano, coniano (o fanno coniare) e fondono (ricordate tresviri AAA flando feriundo? Insieme!)  moneta con l’etnico in genitivo plurale arcaico ROMANO, come i greci. Coniano un gran numero di monete su più tipologie, idonee allo scambio sia con popoli avvezzi all’uso di moneta fiduciaria che a quelli che prediligono il valore in base al peso.

Il conio dell’argento prima è limitato (poche miniere) poi si incrementa con la conquista della Spagna, ed anche lì si conia su metriche diverse, come il gladio ispanico si affianca alla formazione a testudo. Si avvia la produzione massiccia dei quadrigati e mezzi quadrigati (dracme) in base a un piede greco ridotto, dei denari (e quinari e sesterzi) e dei vittoriati che probabilmente sono il trait d’union.

La logica dei romani era innanzitutto pratica, non ideologica: se é utile si fa.

Ovviamente tutto questo sproloquio non avvicina di un millimetro alla risposta alla domanda “cosa si comprava con una semuncia”, ma puó contribuire a confutare la necessità di un approccio dogmatico.

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18 ore fa, Rapax dice:

Il ritiro del circolante è sicuramente una variabile che va presa in considerazione, ma per quale motivo tali eventi avrebbero avuto una così grande incidenza sulla monetazione enea e meno su quella in argento?  Possiamo spiegarlo col fatto che l'occultamento di gruzzoli frutto di tesaurizzazione interessa come logico principalmente il denario? Se così fosse la ricostruzione odierna risulterebbe distorta rispetto a ciò che veramente fu in termini di tipi e quantità di nominali emessi.

@Rapax che l’argento coniato in denari non venisse ritirato (se non nei casi di tosatura) credo sia storicamente dimostrato dalle contromarche imperiali (es. VESP IMP) sui denari repubblicani consunti ma in regola col peso. La ragione credo derivi dal fatto che il denario divenne lo standard, tanto che dopo la svalutazione dell’asse i denari con segno di valore X sicuramente circolarono  ancora col valore di 16 assi.

Forse così non fu per i sesterzi d’argento, magari ritirati quando si iniziô a coniarli in bronzo.

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C'è stata la massiccia operazione di ritiro del circolante, argento incluso, avvenuta nel 107 d.C. ad opera di Traiano. Ma si tratta di un solo caso... personalmente non ne conosco altri.

Appena riesco vorrei provare ad approfondire un attimo le tesi di Rostovzev e Finley, più che altro con la speranza di rintracciare eventuali fonti che al momento non abbiamo considerato e che potrebbero interessare il periodo in esame.  

 

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Sul tema connesso @gpittini in una bella discussione di qualche annetto fa:

La restituzione dei denari repubblicani da parte di Traiano potrebbe aver avuto uno scopo opportunistico. Sembra che, dopo 150-200 anni, circolassero ancora molte di queste monete di buon argento, che furono ritirate per coniare denari di lega più bassa, con guadagno per l'erario; per dare un "contentino" ai cittadini, che erano affezionati a queste belle, buone e storiche monete, se ne conio' un certo numero di esemplari " di restituzione".

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DE GREGE EPICURI

Visto che sono stato citato, dò un modestissimo contributo a questa bella discussione. Credo che in letteratura si trovi un sacco di materiale in proposito, che ovviamente esprime pareri anche molto contrastanti, come già è stato detto. Sicuramente sono stati studiati più l'oro e l'argento anche perchè il bronzo, avendo circolazione fiduciaria, è molto più difficile da "ricostruire" a livello quantitativo.

Crawford (e non solo lui) sosteneva che lo Stato romano quando emetteva moneta non si curava quasi per nulla delle esigenze dei cittadini, ma solo delle proprie: pagare le spese pubbliche (soprattutto l'esercito) e riscuotere le tasse. Forse questo può essere vero per il periodo repubblicano, mentre già da Augusto il principe, che aveva bisogno di essere popolare e di avere un vasto appoggio, si è occupato maggiormente anche della moneta spicciola. Se mancavano i quadranti, come si faceva a pagare l'ingresso alle terme? Il fatto che noi oggi ne troviamo abbastanza pochi dipende da varie ragioni, che sono state già citate: andavano persi, nel terreno si ossidavano molto e si disintegravano, probabilmente venivano anche rifusi (come gli altri bronzi, specie se consunti), ecc.

Quanto alla semuncia, faccio notare però che, finchè è stata prodotta, non era una moneta proprio piccolissima, visto che prima di scomparire pesava comunque circa 1,2 g., cioè come gli AE4 di Teodosio e Arcadio, che sono abbondantissimi.

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Effettivamente in letteratura il materiale c'è, anche se non è di facilissima reperibilità. Ho iniziato ad approfondire un po' e sostanzialmente il quadro che parrebbe venir fuori da studi più recenti tende a bocciare la visione primitivista in favore di una modernista rivisitata, ma per noi il problema di fondo resta in quanto il quadro pare chiaro per l'ambito imperiale, ma non per quello repubblicano. Ad esempio il Lo Cascio parla di società ed economia totalmente monetizzata, ma il riferimento è sempre all'ambito imperiale. Altro punto fermo è la partenza da un'economia votata all'autoconsumo, ma è proprio la ricostruzione della fase di transizione a risultare problematica. Si parte dalla prima guerra punica e da qui in poi il tutto si complica enormemente. Entrano in gioco dinamiche sociali molto complesse che interessano Roma e l'Ager Romanus prima, l'Ager Italicus dopo, le problematiche derivanti dal reclutamento e dal censo, l'avvento del latifondismo concomitante con lo sviluppo di un'economia di mercato, che deve fare però i conti con l'impoverimento di quelle classi sociali escluse da queste dinamiche. In questa fase di evoluzione economica esiste sicuramente un'economia aperta al commercio, al mercato, al guadagno, ove la moneta ricopriva certamente un ruolo centrale ed esclusivo, ma parallelamente esistevano contesti sociali che rendono la Roma Repubblicana diversa da quella Imperiale caratterizzata da un'economia totalmente monetizzata. Può non essere significativo, ma quest'ultima caratteristica riferita all'ambito repubblicano ancora non l'ho trovata.

Modificato da Rapax
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