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Prove e Progetti


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A seguito dei continui dubbi riguardante le prove e i progetti del Regno e della Repubblica, e la richiesta di alcuni utenti delle normative di legge in merito ai sequestri di queste monete ho ritenuto utile rendere visibile il j’accuse della Guardia di Finanza, cioè il resoconto dell’indagine condotta nel 2000 - 2001 dalle Fiamme Gialle, documentazione che ha avuto l’autorizzazione ad essere pubblicata sul mensile Cronaca Numismatica n. 132 del Luglio-Agosto 2001 (naturalmente è la parte non coperta dal segreto istruttorio).

Essendo ben 12 le pagine da scannerizzare, per evitare il formato immagine troppo pesante in Kb e scarsamente leggibile se ridotto troppo, ho utilizzato il sistema OCR (riconoscimento ottico dei caratteri) per la conversione delle immagini contenente testo in testo modificabile con un normale programma di videoscrittura.

In allegato la presentazione del documento a cura di Mario Traina

Introduzione_Prove_e_Progetti.doc

Modificato da legionario
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Queste sono alcune monete allegate al documento:

Le 20 lire aquila araldica del 1910: i pochi esemplari noti sono falsi. Si tratta di una moneta inventata.

Le 50 lire micro coniate a titolo di esperimento nel 1989 con la data 1984.

I 20 centesimi euro coniati per errore con millesimo 1999 e “sfuggiti” alla distruzione.

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Per il periodo antecedente al 1956 (periodo repubblicano in particolare) non si parla quasi mai di donazioni, come invece avviene per il periodo 1956-1977; tutte le fuoriuscite avvenute fino al 1956 debbono considerarsi illegittime.

Sono da ritenersi quindi di libera circolazione quelle monete di prova che la Zecca, debitamente autorizzata dal Ministero con tanto di decreto, ha messo in vendita o incluso nelle emissioni per i numismatici o regalato:

• le 500 lire 1957 Caravelle con le bandierine controvento date in omaggio ai Deputati e Senatori;

• le 500 lire 1965 Dante date in omaggio ai dipendenti della Zecca;

• le 1000 lire 1970 Concordia vendute in astuccio in coppia con un esemplare normale e date in omaggio ai Deputati e Senatori;

• le 200 lire 1977 distribuite ai dipendenti della Zecca;

• le 100 lire 1974 Marconi in argento e in acmonital vendute in astuccio con un esemplare normale;

• le 20 lire 1956 date in omaggio ai dipendenti della Zecca.

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Gran bel lavoro. ;)

Certo che questi deputati e senatori non guadagnano già abbastanza per ricevere anche questi omaggi??????? :angry:

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Legionario, complimenti anche da parte mia :)

Certo che questi deputati e senatori non guadagnano già abbastanza per ricevere anche questi omaggi??????? :angry:

254847[/snapback]

Quoto :rolleyes:

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  • ADMIN
Staff

Mi sono permesso di mettere questa discussione in evidenza dato il ricorrere della vexata quaestio!

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quindi traendo un po' le fila del discorso:

non è regolamentata la vendita da parte della zecca a privati o enti pubblici di pove e progetti del regno.

detto questo... non mi spiego come le monete dello stab. johnson siano collezionabili.... chiaritemi un po' le idee ;) e poi... le monete di prova johnson erano anch'esse deposte "a roma"? :huh: toglietemi questi dubbi B)

cmq, complimenti legio!! :D

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detto questo... non mi spiego come le monete dello stab. johnson siano collezionabili.... chiaritemi un po' le idee ;) e poi... le monete di prova johnson erano anch'esse deposte "a roma"? :huh: toglietemi questi dubbi B)

255019[/snapback]

alla 10° pagina del documento Prove e Progetti hai una risposta della stessa Guardia di Finanza:

"Altro argomento di particolare importanza riguarda la coniazione di alcune prove, progetti di monetazione all'interno dello Stabilimento privato Stefano Johnson di Milano.

Per la coniazione di tali progetti di monetazione il prestigioso stabilimento ottenne l'autorizzazione da parte del Ministero del Tesoro. Va precisato in questa sede peraltro che tutte le coniazioni avvenute all'interno dello Stabilimento privato riportano le indicazioni dello Stabilimento e non della Zecca di Stato (R di Roma) ed inoltre venne utilizzato metallo di proprietà dello stabilimento stesso, di conseguenza, se appare condivisibile la teoria che per la coniazione di tali particolari tondelli lo stabilimento Johnson possa essere considerata una sorta di Officina Ausiliaria dello Stato, sia pure con le dovute puntualizzazioni, non sembra in tale circostanza essere in presenza di monetazione ufficiale, considerato anche che la Johnson operava senza per questo essere soggetta alla normativa in vigore all'epoca, ma solo in virtù di una specifica, limitata (alle sole prove e progetti, che ricordiamo, non hanno corso legale) e temporanea autorizzazione."

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detto questo... non mi spiego come le monete dello stab. johnson siano collezionabili.... chiaritemi un po' le idee

Il passo a tal riguardo mi sembra piuttosto chiaro

Altro argomento di particolare importanza riguarda la coniazione di alcune prove, progetti di monetazione all'interno dello Stabilimento privato Stefano Johnson di Milano.

Per la coniazione di tali progetti di monetazione il prestigioso stabilimento ottenne l'autorizzazione da parte del Ministero del Tesoro. Va precisato in questa sede peraltro che tutte le coniazioni avvenute all'interno dello Stabilimento privato riportano le indicazioni dello Stabilimento e non della Zecca di Stato (R di Roma) ed inoltre venne utilizzato metallo di proprietà dello stabilimento stesso, di conseguenza, se appare condivisibile la teoria che per la coniazione di tali particolari tondelli lo stabilimento Johnson possa essere considerata una sorta di Officina Ausiliaria dello Stato, sia pure con le dovute puntualizzazioni, non sembra in tale circostanza essere in presenza di monetazione ufficiale, considerato anche che la Johnson operava senza per questo essere soggetta alla normativa in vigore all'epoca, ma solo in virtù di una specifica, limitata (alle sole prove e progetti, che ricordiamo, non hanno corso legale) e temporanea autorizzazione.

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detto questo... non mi spiego come le monete dello stab. johnson siano collezionabili.... chiaritemi un po' le idee ;) e poi... le monete di prova johnson erano anch'esse deposte "a roma"? :huh: toglietemi questi dubbi B)

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alla 10° pagina del documento Prove e Progetti hai una risposta della stessa Guardia di Finanza:

"Altro argomento di particolare importanza riguarda la coniazione di alcune prove, progetti di monetazione all'interno dello Stabilimento privato Stefano Johnson di Milano.

Per la coniazione di tali progetti di monetazione il prestigioso stabilimento ottenne l'autorizzazione da parte del Ministero del Tesoro. Va precisato in questa sede peraltro che tutte le coniazioni avvenute all'interno dello Stabilimento privato riportano le indicazioni dello Stabilimento e non della Zecca di Stato (R di Roma) ed inoltre venne utilizzato metallo di proprietà dello stabilimento stesso, di conseguenza, se appare condivisibile la teoria che per la coniazione di tali particolari tondelli lo stabilimento Johnson possa essere considerata una sorta di Officina Ausiliaria dello Stato, sia pure con le dovute puntualizzazioni, non sembra in tale circostanza essere in presenza di monetazione ufficiale, considerato anche che la Johnson operava senza per questo essere soggetta alla normativa in vigore all'epoca, ma solo in virtù di una specifica, limitata (alle sole prove e progetti, che ricordiamo, non hanno corso legale) e temporanea autorizzazione."

255025[/snapback]

grazie... mi era sfuggita ;)

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  • 2 settimane dopo...

Buona sera a tutti.

Se ci atteniamo alle risultanze che emergono dalla lettura del documento della G. di F. (e solo a quelle, posto che, a distanza di sette anni dall'avvio dell'inchiesta, a quanto pare non si è ancora giunti al rinvio a giudizio degli indagati e quindi alla possibilità di acquisire tutta la documentazione che corrobora l'indagine), vi è almeno una prima clamorosa certezza:

sulla base dei documenti ufficiali della zecca nazionale, l'officina monetaria non ha mai prodotto prove o progetti di monete!

Dunque, le prove e progetti di cui si parla non possono essere usciti dal patrimonio dello Stato perchè, semplicemente, non esistono?? B)

Scherzi a parte, a più riprese, il documento della G. di F. ribadisce che non vi è alcuna prova documentale ufficiale in ordine a tale produzione e ciò autorizza a ritenere che l'indagine, per dimostrare i propri assunti, si sia avvalsa fondamentalmente della sola letteratura numismatica (Lanfranco, Pagani ecc.).

Una prima considerazione che viene da fare è che sia abbastanza singolare che per dimostrare la fuoriuscita irregolare di un consistente quantitativo di conii (e del relativo metallo per produrli), di fronte all'assenza completa di prove documentali circa la loro esistenza, per sostenere l'accusa si debba ricorrere ai cataloghi ed ai saggi sull'argomento scritti dai privati!

Possibile poi che con tutte quelle norme rigorose sulla rendicontazione dei metalli, quei controlli contabili in relazione ai quali alcuni funzionari responsabili della zecca erano persino chiamati a prestare cauzione, per oltre mezzo secolo di attività non si sia lasciata alcuna traccia documentale di tali produzioni?

Ma non sarà che molte di quelle prove e progetti in realtà vennero veramente prodotte al di fuori della zecca?

La spiegazione fornita dall'indagine della G. di F. circa la mancata rendicontazione del metallo, anche prezioso, per la realizzazione di tali conii, non appare inoltre condivisibile.

Si afferma nel documento che quel metallo sarebbe stato reperito nelle "pieghe" dei cali di lavorazione o meglio (sembrerebbe di capire) da un utilizzo "virtuoso" delle paste metalliche per le lavorazioni ordinarie, grazie al quale si sarebbero ottenuti dei surplus di metallo produttivamente inattesi, da destinarsi alle coniazioni di prove e progetti (io almeno ho capito questo).

A parte il fatto che le normative cui erano tenuti i responsabili della zecca erano e sono rigorosissime anche in relazione alla rendicontazione dei metalli recuperati dalle lavorazioni ordinarie e del monitoraggio degli standars produttivi (cali di lavorazione), non è plausibile che siano sfuggiti ai registri contabili decine e decine di Kg. d'argento e d'oro senza che nessuno si sia mai preso la briga di documentarne la destinazione.

Non potendo certamente ipotizzare una gestione tanto "allegra" delle paste metalliche (che, fra l'altro, aprirebbero ben altri inquietanti scenari ai quali è ridicolo pensare), non rimane che supporre che le prove ed i progetti di monete venissero sempre ricomprese nei quantitativi di monete da coniarsi, riuscendo così a far "quadrare" la contabilità dei metalli.

Non riesco, francamente, ad intravedere una "terza via".

Assodato che, almeno attenendoci alla letteratura numismatica in materia, le prove e progetti esistono e vennero prodotti anche dalla zecca nazionale, il secondo aspetto della vicenda riguarda la liceità o meno della "fuoriuscita" di detti conii dall'officina monetaria.

Su questo secondo aspetto del problema mi sono formato un'opinione che però, per non appesantire troppo l'intervento e per non abusare della Vostra pazienza, mi riservo di riportare successivamente.

Saluti e aspetto i Vostri interventi sul punto esaminato.

Michele

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Ciao a tutti.

L'altra "faccia della medaglia" (è il caso di dirlo!) è rappresentata dalla questione della legittimità della circolazione all'esterno della zecca nazionale del materiale di cui stiamo parlando.

La G. di F., nel documento analizzato, riporta che almeno fino al 1956 non esiste alcuna norma o, comunque, disposizione interna, che autorizzi la cessione a titolo gratuito o oneroso delle prove e dei progetti.

Sull'argomento si è già autorevolmente espresso il Dott. Varesi intervenendo nell'ambito della discussione "Monete prova" apparsa nella sezione "Legislazione" di questo Forum, sostenendo l'infondatezza dell'azione penale in corso ed affermando che "sia impreciso parlare di monete vietate in quanto nessuna legge le ritiene tali ed in effetti, all'estero, queste monete compaiono con una certa frequenza".

Ho già dissentito, sempre in quella discussione, dall'opinione del Dott. Varesi e adesso che ho avuto la possiblità di leggere il documento della G. di F. mi sento di aggiungere anche qualcos'altro a sostegno di quanto ho già scritto dall'altra parte.

Dall'indagine pubblicata emerge che per la zecca nazionale fosse "consuetudine" donare a personalità di Stato o ad alti funzionari del Ministero alcuni degli esemplari di cui si discute.

Direi che anche in assenza di specifiche disposizioni in merito, la consuetudine di cedere a tali personalità di rango qualche esemplare di questi conii, possa ragionevolmente trovare un fondamento di liceità nella funzione isituzionale dell'officina monetaria e nel prestigio rivestito dai destinatari.

Tale giusificazione peraltro cessa se la "consuetudine" si manifesta con abnormità nel quantitativo degli esemplari donati e senza una seria individuazione dei destinatari che, secondo l'indagine, erano spesso dipendenti dell'ente, politici, amici degli amici ecc. ecc.

In tale ultimo contesto, mi pare evidente che venga a mancare anche quel (pur traballante) sostegno di liceità che potrebbe giustificarsi per le ragioni anzidette.

Sostiene il Dott. Varesi che non esiste una legge che vieti la cessione di tali conii.

Ma se concordiamo sul fatto che tali produzioni venivano realizzate con materiali dello Stato, in impianti dello Stato e da dipendenti pubblici, non possiamo poi legittimarne la cessione solo perchè non esiste una legge che la vieta.

A questa stregua, allora potremmo concludere che anche le suppellettili degli uffici pubblici sono cedibili (persino a titolo gratuito) in quanto non vi è una legge che ne vieta espressamente la cessione.

Se tali produzioni appartengono al patrimonio dello Stato e lo Stato non ne ha autorizzato la circolazione al di fuori dell'officina monetaria, come possiamo spiegarne lecitamente la fuoriuscita (se non per quei casi di donazioni ad alte cariche istituzionali di cui si diceva prima)?

La circostanza poi che all'estero tali conii appaiano di frequente non è di certo un argomento per giustificarne la liceità, posto che si può facilmente ipotizzare che i possessori di tale materiale si sentano più sicuri a commerciarli all'estero per la maggiore difficoltà che l'autorità giudiziaria nazionale incontra nel perseguire fuori dai confini nazionali quei fatti che essa considera reati.

In conclusione, non mi pare facile contestare l'impostazione che la G. di F. ha impresso all'indagine, quanto meno per tutte quelle prove e quei progetti la cui "esternalizzazione" non risulta documentata o, quano meno, spiegabile con atti di particolare rilevanza istituzionale.

Saluti.

Michele

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In conclusione, non mi pare facile contestare l'impostazione che la G. di F. ha impresso all'indagine, quanto meno per tutte quelle prove e quei progetti la cui "esternalizzazione" non risulta documentata o, quano meno, spiegabile con atti di particolare rilevanza istituzionale.

Saluti.

Michele

259212[/snapback]

Dalla lettura del documento riportato da C.N. sono giunto alla medesima opinione .

Mi auguro solo che la Magistratura arrivi in tempi brevi ad una conclusione onde fornire certezze a noi collezionisti

Modificato da piergi00
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"La G. di F., nel documento analizzato, riporta che almeno fino al 1956 non esiste alcuna norma o, comunque, disposizione interna, che autorizzi la cessione a titolo gratuito o oneroso delle prove e dei progetti."

Non so se sia vero ma, anche se fosse, in un Paese normale tutto è lecito tranne quanto espressamente vietato, non il contrario.... Ricordo inoltre che la Zecca vendette ai collezionisti (basti pensare al 5 Lire del 1901).

"Dall'indagine pubblicata emerge che per la zecca nazionale fosse "consuetudine" donare a personalità di Stato o ad alti funzionari del Ministero alcuni degli esemplari di cui si discute."

Vero, questo anche dai primi del '900 (e forse anche prima)

"Direi che anche in assenza di specifiche disposizioni in merito, la consuetudine di cedere a tali personalità di rango qualche esemplare di questi conii, possa ragionevolmente trovare un fondamento di liceità nella funzione isituzionale dell'officina monetaria e nel prestigio rivestito dai destinatari."

Siamo d'accordo.

"Tale giusificazione peraltro cessa se la "consuetudine" si manifesta con abnormità nel quantitativo degli esemplari donati e senza una seria individuazione dei destinatari che, secondo l'indagine, erano spesso dipendenti dell'ente, politici, amici degli amici ecc. ecc."

Consideriamo quindi "normali" le regalie o le vendite solo se effettuate in "tiratura limitata" o a personaggi eminenti e contestiamo quelle quantitativamente superiori o donate a cariche "minori" ? Non mi sembra un criterio corretto

"In tale ultimo contesto, mi pare evidente che venga a mancare anche quel (pur traballante) sostegno di liceità che potrebbe giustificarsi per le ragioni anzidette"

Dissento totalmente

"Sostiene il Dott. Varesi che non esiste una legge che vieti la cessione di tali conii.

Ma se concordiamo sul fatto che tali produzioni venivano realizzate con materiali dello Stato, in impianti dello Stato e da dipendenti pubblici, non possiamo poi legittimarne la cessione solo perchè non esiste una legge che la vieta"

Possiamo non concordare sull'uso che la Zecca ha fatto di queste monete (vendute, regalate, scambiate con altre monete come le prove che la Ditta Johnson omaggiò alla Zecca), ma se questi comportamenti non violano alcuna legge o regolamento interno non possono essere considerati illegali, mi sembra evidente. Le leggi esistono proprio per stabilire ciò che si può fare e cosa no. Qui si parte dal presupposto che tutto quello che appartiene allo Stato è incedibile. Sarebbe quindi illegale anche la vendita da parte dello Stato dei propri beni immobili, come effettuato negli ultimi anni da alcuni nostri governanti ????

"Se tali produzioni appartengono al patrimonio dello Stato e lo Stato non ne ha autorizzato la circolazione al di fuori dell'officina monetaria, come possiamo spiegarne lecitamente la fuoriuscita (se non per quei casi di donazioni ad alte cariche istituzionali di cui si diceva prima)? "

Lo Stato non ne ha autorizzato la circolazione come monete, ovvero oggetti aventi un valore legale (ed alcune non potrebbero neanche averlo avuto, essendo coniate in piombo o comunque in metallo povero) ma non ha mai imposto la loro distruzione, non ne ha mai espressamente vietato la vendita (i cui proventi finirono nelle casse dello Stato stesso, non in quelle dei suoi dipendenti); al contrario le ha addirittura utilizzate per farne degli omaggi a eminenti personalità (vedi il Re Farouk) o lo stesso Re Vittorio Emanuele III che ricevette, come la Regina ed altre alte Cariche delo Stato, la serie del 1940 a celebrazione del 40° anno di regno. Ora lo stesso Stato sostiene che sono illegali.... no comment.

"In conclusione, non mi pare facile contestare l'impostazione che la G. di F. ha impresso all'indagine, quanto meno per tutte quelle prove e quei progetti la cui "esternalizzazione" non risulta documentata o, quano meno, spiegabile con atti di particolare rilevanza istituzionale"

Siamo al nodo cruciale della vicenda: le prove sono illegali o no ? Perchè se lo sono, partendo dalla teoria che, come beni dello Stato, erano incedibili, questo non può contare eccezioni.....illegali lo sono tutte, dalla prima all'ultima, tanto quella regalata quanto quella venduta (se non si poteva fare....). Se il problema invece è solo burocratico, ovvero l'esistenza di un documento dell'epoca che ne giustifica l'uscita (vendita o regalia), questo è un problema interno alla Zecca, e non si può certo scaricare sulle spalle dei collezionisti, a distanza di decenni. Come possiamo sapere se tutti i documenti dell'epoca sono ancora esistenti, dopo aver attraversato anche una guerra ? Basti pensare al "famigerato" 100 Lire del 1940 il cui documento di battitura è stato trovato solo pochi anni fa, proprio dalla G. di F.

Esiste infine una lettera di un funzionario della Zecca che chiede al suo superiore l'autorizzazione a vendere - COME GIA' FATTO IN PRECEDENZA PER ALTRE PROVE - un certo quantitativo di pezzi da 10 Centesimi "spiga" coniati in nichel al fine di coprire - almeno parzialmente - le spese della battitura (migliaia di pezzi). Le autorità che indagano sanno quali furono le ALTRE prove vendute ? Ne hanno documentazione ? Pare di no. Ma sequestrare, oggi, un bene che è stato regolarmente comprato (perchè in un Paese civile si deve supporre la buona fede, non il contrario) e che, negli anni, è passato ripetutamente in aste pubbliche senza che nessuno sollevasse questioni (e facendo incamerare allo Stato soldi di IVA e tasse), solo perchè in Zecca non si trova documentazione dell'avvenuta cessione, chiedo, vi sembra regolare e corretto ?

Il Procuratore che ha firmato l'ordine di sequestro ha sostenuto che si tratta di beni appartenenti allo Stato, anche se il regolamento interno della Zecca al quale fa riferimento non parla di monete, Prove o Progetti, bensì di conii, punzoni e lastre metalliche.

L'Avvocatura dello Stato, invece, in due recenti processi non ha accettato di presentarsi come avente diritto, sostenendo che non sono oggetti di sua proprietà.......

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Buon giorno.

Proseguendo sulla scorta delle notizie fornite dall'indagine della G. di F. nonchè sulla base di quanto è dimostrabile per tabulas in relazione all'argomento di cui ci stiamo occupando, vorrei aggiungere qualche ulteriore considerazione dopo aver letto il precedente intervento.

Citando quanto riporta l'indagine, ho scritto che, almeno fino al 1956, non esisterebbe alcuna norma di legge o di regolamento o disposizione interna, che autorizzi la cessione a titolo gratuito o oneroso delle prove e dei progetti.

A sostengno della tesi della liceità delle p. e p., si obbietta che "in un paese normale tutto è lecito tranne quanto espressamente vietato.." e che, "sarebbe quindi illegale anche la vendita da parte dello Stato dei propri beni immobili, come effettuato negli ultimi anni da alcuni nostri governanti"

Mi sembra opportuno spendere due parole per trattare un concetto che, per la verità, consideravo pacificamente assodato.

Mi stupisco che non si comprenda (o non si voglia comprendere) come i beni appartenenti alle pubbliche amministrazioni (salvo quelli del cosiddetto "demanio indisponibile") posso essere liberamente ceduti solo se esiste un provvedimento di rango adeguato che ne autorizzi la vendita.

Così è stato per la cessione di alcuni immobili di proprietà dello Stato, così è quando un pubblica amministrazione deve rinnovare il parco macchine o l'arredamento degli uffici, così è quando la zecca è autorizzata a vendere a privati le monete commemorative (le quali, pur avendo corso legale, non sono destinate alla circolazione ma ai collezionisti).

Una p.a. non può procedere alla vendita dei propri beni senza un provvedimento di legge o amministrativo che l'autorizzi a farlo.

Pertanto, richiamarsi al principio che ciò che non è espressamente vietato è lecito, in questo caso è del tutto fuori luogo, posto che esso riguarda di norma le condotte dei soggetti privati ma non le pubbliche amministrazioni che, operando nell'interesse dello Stato (e non dei singoli funzionari dirigenti delle stesse), devono improntare la loro azione "in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione (art. 97, I comma della Costituzione).

La tesi della "consuetudine" che giustificherebbe la fuoriuscita delle p. e p. e che indicavo nei precedenti interventi come possibile "scriminante" di un'attività che sarebbe altrimenti, certamente illecita, è accettabile (forse) solo se la giustifichiamo con la straordinarietà di tali cessioni ma non certo con l'abuso che di esse se n'è fatto.

Infatti, di fronte a Regii decreti e regolamenti che imponevano alla zecca una rigorosissima gentione dei materiali ed un'altrettanto rigorosa rendicontazione degli stessi, non trova alcun fondamento la pratica "consuetudinaria" in base alla quale si cedevano consistenti quantitativi dei prodotti realizzati, per giunta senza lasciare alcuna traccia di ciò.

Come noto, la consuetudine può anche essere essa stessa norma giuridica nei casi in cui è un'altra norma di rango maggiore che ne richiama l'applicazione (consuetudine "secundum legem") ovvero quando vi è una lacuna legislativa all'interno della quale opera il diritto consuetudinario (consuetudine praeter legem").

In nessun caso, la consuetudine è fonte di diritto quando opera "contra legem"

Nel nostro caso, anche se si riuscisse (e non è cosa scontata) a dimostrare che le cessioni avvenivano in base ad un comportamento ispirato alla consuetudine, (e ciò richiede quindi la dimostrazione che detto comportamento sia stato costante ed uniforme nel tempo e chi lo ha posto in atto fosse convinto della legittimità di esso), occorrerebbe subito dopo dimostrare che tale "consuetudine" non fosse contra legem e cioè, concretamente, non violasse altre norme giuridiche di rango più elevato.

Capite bene che, sulla base di quanto riportato dalla G. di F. nell'indagine, è già molto se si riesce a dimostrare la liceità di alcune cessioni spiegandola con la consuetudine di omaggire prestigiose autorità istituzionali e con una sorta di "promozione" dell'immagine della zecca.

Ma negli altri casi come giustifichiamo i consistenti quantitativi di metalli preziosi sottratti all'erario? La violazione dei regolamenti sulla rendicontazione dei prodotti coniati? La mancanza, nella maggioranza dei casi, degli esemplari da consegnare al museo della zecca imposta da norme ben precise?

Come si vede, il problema non è solo "burocratico" o interno alla zecca, ma prima ancora, di legalità dell'operato della stessa.

"Ricordo inoltre che la zecca vendette ai collezionisti (basti pensare al 5 lire del 1901)"

Che prove concrete ci sono di queste "vendite"?

Esistono documenti ufficiali? No.

Risultano in entrata le somme percepite in seguito a queste vendite? No.

Perchè mai le monete avrebbero dovuto essere vendute a collezionisti francesi e tedeschi e non invece anche a quelli italiani?

Il Lanfranco, Direttore della zecca per quasi vent'anni, nulla sa di questa "vendita" e nulla dice; eppure, nel suo noto saggio sulle prove e progetti tratta espressamente la vicenda delle 5 lire del 1901.

Per favore, atteniamoci ai fatti; perchè se diamo spazio alle opinioni (che non si fondano su documenti) possiamo semplicemente ripetere pareri altrui, condividendoli o meno a seconda di quello che ci piace di più.

Sta di fatto che non esistono prove certe (almeno allo stato) che ci confermino la vendita delle 5 lire del 1901.

Così come non esisterebbero (sempre secondo l'indagine della G. di F.) proventi legati alla vendita delle p. e p. che "finirono nella casse dello Stato...") nè tracce della distruzione di tutti quei conii che, inutilizzati, avrebbero dovuto (a termini di regolamento) prendere la via del crogiuolo anzichè quella delle aste.

Un'ultima considerazione sulle 100 lire 1940.

"Basti pensare al "famigerato" 100 Lire del 1940 il cui documento di battitura è stato trovato solo pochi anni fa, proprio dalla G. di F."

Se per "documento di battitura" si intende parlare dell'annotazione nel Registro del Materiale creatore della zecca della presenza dei conii relativi a tale moneta e della loro movimentazione per le operazioni di coniazione, beh certo è vero.

Ma che per tale "moneta" non esista alcun provvedimento di legge che ne disponga la coniazione e l'emissione e che quindi essa non possa essere annoverata nella monetazione di V.E. III, ciò è altrettanto pacifico.

Basti dire che di essa ne scrisse per la prima volta nel 1970 l'Ing. D'Incerti, amico personale del Re ed esimio numismatico , il quale dava notizia della moneta aggiungendo "La sorte ha voluto che fossi proprio io a venirne a conoscenza per primo...")

Tale circostanza, ove fossimo di fronte ad una moneta, appare veramente singolare, posto che il numismatico non avrebbe potuto ignorarne l'esistenza in considerazione degli stretti vincoli che lo legavano al Sovrano e della comune passione.

Peraltro dieci anni dopo, nel 1980, il Direttore della Zecca (dal 1978 al 1999) Nicola Jelpo nel suo saggio "La Moneta metallica in Italia", a pag. 34 riporta che il 1937 "fu anche l'ultimo anno in cui furono emesse monete d'oro dallo Stato italiano".

Non sembra plausibile che il Dott. Jelpo ignorasse il saggio dell'D'Incerti e, purtuttavia, egli si guarda bene dal considerare il conio del 1940 come moneta attribuibile al Regno di V.E. III.

Più realisticamente, quel conio costituisce solo un atto di omaggio a sua Maestà della banca d'Italia e della reale Zecca per il 40 anni di regno; da dove sia stato reperito l'oro? Non è dato saperlo.

Ancora una volta siamo dinanzi ad una caso di "malazecca"?

Le altre considerazioni sulla buona fede dei successivi acquirenti, che sono venuti in possesso delle p. e p. in modo pubblico e legale, se sono pienamente condivisibili sul piano morale, non lo sarebbero se si dimostrasse "l'originaria" illegalità delle fuoriuscite.

"L'avvocatura dello Stato, invece, in due recenti processi, non ha accettato di presentarsi come avente diritto, sostenendo che non sono oggetti di sua proprietà".

Intanto sarebbe interessante sapere, se i processi si sono definiti (almeno in primo grado) che cosa è stato deciso.

Sul fatto che l'A. di Stato non si sia costituita parte civile (questo mi sembra che si sia voluto dire):

- se i reati sono prescritti, il Giudice ne da atto e si limita a disporre la confisca di quanto in sequesto che, quindi torna allo Stato.

Sostenere, a questo punto, che i malcapitati collezionisti giudicati avrebbero causato allo Stato anche un danno sarebbe, effettivamente, un tantino persecutorio.

C'è però sempre il separato giudizio civile nel quale l'amministrazione (e quindi, l'Avvocatura), concluso il processo penale per prescrizione del reato, potrebbe esercitare l'azione risarcitoria non coltivata nel processo penale.

In Italia tutto è possibile.

- se i reati non sono prescritti, l'A. di Stato potrà anche non costituirsi parte civile se, anche per le motivazioni dette sopra, riterrà non giustificato farlo per sue valutazioni discrezionali (che peraltro mi pare strano che vengano esplicitate nella forma: "non ci costituiamo perchè non sono oggetti che appartengono alla Stato").

In conclusione di questo lungo e noioso intervento, sarebbe auspicabile, per ragioni non giuridiche ma che definirei quasi "umanitarie" , che si vada ad una sanatoria.

Si è fatta per le irregolarità edilizie, tributarie, valutarie, perchè non farla anche per le prove ed i progetti.

Per me questa sarebbe l'unico rimedio "all'italiana" per regolarizzare una vicenda "all'italiana".

Saluti.

Michele

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  • ADMIN
Staff

Una domanda, la zecca siamo sicuri che fosse pubblica amministrazione?

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  • ADMIN
Staff

No. La Banca d'Italia è forse statale?

Sicuramente la zecca fa parte del proligrafico di stato dal 1978, ma prima che status aveva?

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Colgo il suggerimento di bizerba per attenermi strettamente ai fatti:

1) 5 Lire 1901. Non esistono documenti dell'avvenuta vendita dei pezzi e quindi, a stretto rigor di logica trattandosi di moneta non emessa, questi dovrebbero essere soggetti a sequestro. Invece no. Il Lanfranco non fa cenno alcuno alla vendita degli stessi ai privati, è vero, ma se è per questo da anche per scontata la rifusione di TUTTI i pezzi....

2) Al pari del 5 Lire 1901 non sono soggette a sequestro altre prove come, ad esempio, i 20 Lire d'oro "Marescialli". Per questi pezzi la Zecca ha le "pezze giustificative" dell'epoca che testimoniano che sono stati omaggiati, e quindi usciti legalmente. Per questo ho parlato di "problema strettamente burocratico"; perchè alla fine, a far decidere le forze dell'ordine se procedere o meno al sequestro, è l'esistenza in Zecca di questa "pezza" (e qui ribadisco un punto: siamo proprio certi che vi siano tutti questi documenti, anche dopo una devastante guerra ?)

Anche gli esemplari omaggiati dal Re ai suoi amici o ad altre personalità (vedi ancora il Re Farouk) sono, a detta della G. di F. , soggetti a sequestro in quanto il Re ha operato un abuso di potere, regalandole. Non sono un giurista ma resto basito

3) Il regolamento della Zecca prevedeva che conii e punzoni andassero alla fine distrutti; non si parla assolutamente nè di prove nè di progetti. Accomunare i conii ed il loro prodotto è una forzatura

4) La maggior parte delle monete di prova/progetto sono in metallo povero (nichel, piombo, galvano, rame), diverse sono in argento (sempre molto rare) e poche in oro (sempre rarissime o di grande rarità); dando anche per scontato il comportamento illecito dei dipendenti della Zecca l'eventuale danno alle casse dello Stato, per il valore del metallo nobile sottratto, è stato davvero poca cosa e, sono certo, è già rientrato con tutti i soldi di IVA e tasse che i numismatici hanno versato in circa 100 anni di regolare commercio, anche tramite le aste pubbliche

5) La lettera che ho accennato nel mio precedente intervento (quella di un funzionario che richiedeva l'autorizzazione a vendere le prove, come già fatto in precedenza) mi pare sia evidente di una consuetudine da parte della Zecca che, quasi certamente, era fatta "alla luce del sole" (nessuno fa una richiesta scritta ed ufficiale per poter tenere un comportamento illecito). Se qualcuno poi si è appropriato di tali proventi, credo sia un'altra storia.

6) Il Museo della Zecca è sprovvisto di molte monete prova/progetto perchè non è stata rispettata la legge che voleva trattenuti 2 esemplari di ogni tipo. Purtroppo mancano anche altre monete, ufficialmente emesse, sottratte durante un furto del 1976, mai denunciato. Dobbiamo quindi aspettarci un sequestro di tutto ciò che manca al museo ?

7) 100 Lire del 1940. Riguarderò Cronaca Numismatica degli ultimi anni, ma mi ricordo di un articolo che riportava l'avvenuto ritrovamento di documenti, in Zecca, comprovanti l'effettiva battitura di questa moneta, che rammento fu donata dalla Banca d'Italia al Re (ed a pochissime altre persone). Possiamo discutere a lungo se si tratti di moneta reale o no, ma certo è che questi rarissimi pezzi sono soggetto a sequestro ed anche qui non capisco 2 cose:

a) Lo sono perchè non è dato sapere da dove sia stato reperito il piccolissimo quantitativo d'oro necessario a coniarli (in totale una trentina di grammi) ? Spero proprio di no. Anche perchè se l'oro fosse stato messo a disposizione della Banca d'Italia l'unica cosa che la Zecca potrebbe lamentare è il mancato pagamento del lavoro svolto, non certo la proprietà di quei tondelli metallici

B) Quando un esemplare comparve nell'asta Montenapoleone degli anni '80 lo Stato, tramite la competente Sovrintendenza, dapprima ne bloccò la vendita perchè voleva sottoporlo a notifica e successivamente desistette, lasciando la Casa d'Aste libera di venderlo: a distanza di 20 anni ci ripensa e lo vorrebbe incamerare (a gratis !!!)

8) Le due cause alle quali facevo riferimento sono cause civili, una delle quali conclusasi (almeno in primo grado). In entrambi i casi l'Avvocatura dello Stato ha ritenuto di non costituirsi parte civile motivando che non ritiene i beni oggetto della causa di sua proprietà....

Quest'ultimo punto mi pare (ma ribadisco che non sono un giurista), che "tagli la testa al toro", come si suol dire: come si fa a ritenere che questi pezzi sono di proprietà dello Stato (in quanto usciti illecitamente, bla bla bla...) quando lo stesso Stato sostiene che non lo sono ?

Bizerba, mi aiuti a capire questa cosa, perchè io "povero uomo della strada" davvero non ci riesco.

Grazie mille

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Buona sera.

"1) 5 Lire 1901. Non esistono documenti dell'avvenuta vendita dei pezzi e quindi, a stretto rigor di logica trattandosi di moneta non emessa, questi dovrebbero essere soggetti a sequestro".

Tecnicamente, la moneta da 5 Lire del 1901 non si può considerare "moneta non emessa" in quanto vi è un Regio decreto (R.D. nr. 92 del 7 marzo 1901) "che approva i tipi delle monete dello Stato" .

E' vero che, dopo la loro emissione (non si sa di quanti pezzi) per le note pressioni della Francia, le monete coniate vennero rifuse e non entrarono mai nella circolazione, ma ciò non è un requisito (quello della circolazione) necessario affinchè ci si trovi al cospetto di una moneta.

Almeno, questa opinione è sostenuta anche dal Dott. Traina e mi trova assolutamente in totale sintonia.

2) E' probabile che dinanzi alle "pezze giustificative" di prove, progetti o medaglie "omaggiate" dalla regia zecca a personalità, la G. di F. abbia ritenuto la liceità di tali cessioni e non abbia quindi proceduto al sequestro.

Gli omaggi che la casa reale rivolgeva a titolo personale a personalità sarebbero dovuti avvenire, salvo diverse disposizioni di Stato, con l'impiego di risorse proprie dei sovrani e non a spese dei contribuenti.

Se la G. di F. ha inteso sequestrare anche questo tipo di "cadeaux", non saprei, in mancanza assoluta di elementi di giudizio in proposito, cosa pensare.

"3) Il regolamento della Zecca prevedeva che conii e punzoni andassero alla fine distrutti; non si parla assolutamente nè di prove nè di progetti. Accomunare i conii ed il loro prodotto è una forzatura"

Il Regolamento della zecca citato dalla G. di F. (credo si faccia riferimento a quello approvato nel 1916) conteneva una minutissima disciplina sull'utilizzo delle paste.

In assenza di qualunque annotazione circa la produzione di prove e di progetti, si dovrebbe concludere che tutto ciò che non avesse costituito il prodotto finale della zecca (monete destinate al circolante) e cioè scarti di tondelli nonchè tondelli coniati ma destinati alla rifusione, dovesse essere deformato e posto all'interno del forno per la rifusione (artt. 207 e 225 del citato regolamento).

Così, evidentemente, non è sempre stato.

4) Non è dimostrando la presunta modesta entità del danno patito dall'erario (fra l'altro, tutta da dimostrare) che si può legittimare il comportamento illegale della zecca.

Almeno, ciò non scrimina il reato (se sussiste) e al più potrebbe solo attenuare la responsabilità penale di chi ha disposto, non essendo legittimato a farlo, di beni dello Stato.

Sarebbe come dire che gli evasori fiscali non danneggiano le casse dello Stato perchè quei "fondi neri" ottenuti frodando il fisco verranno sicuramente utilizzati per comprare beni o servizi e quindi, in ultima analisi, rientrerebbero in parte nella casse del fisco sotto forma di imposte e tasse su quei beni acquistati.

5) La lettera del funzionario della zecca (che Lei, Dott. Varesi, cita ma che non è riportata dall'indagine della G. di F. e che quindi non conoscevo fino a poco fa) può essere indicativa di una "consuetudine" dell'officina monetaria, ma è tutto da vedere se tale consuetudine sia lecita.

Finora, una spiegazione giuridicamente sostenibile di questa "consuetudine" non è stata ancora fornita e direi che non basta citare una lettera di un funzionario che chiede l'autorizzazione di vendere delle prove, per trovare una convincente motivazione.

6) E'vero che il museo è sprovvisto di molte prove e persino di alcune monete.

Ancora una volta non si è rispettata la legge.

7) In nr. di CN in cui si tratta la vicenda del 100 lire 1940 (scritto dallo stesso Ufficiale della G. di F. autore dell'indagine pubblicata) è il 175 del giugno 2005.

Come potrà leggere, si fa menzione solo del rinvenimento di un'annotazione sul registro del Materiale creatore.

Non credo che ciò equivalga ad un "ordine di battitura" e, tanto meno, ad un'effettiva coniazione di monete aventi corso legale.

Che poi la Banca d'Italia abbia utilizzato la zecca come officina ed abbia fornito il metallo è altamente possibile; resta il fatto che la zecca non era una ditta privata alla quale far produrre alcune monete (10?) a beneficio di pochi intimi, siano pur essi personalità dello Stato.

Sul comportamento dello Stato che prima blocca l'asta, poi ci ripensa, poi fa sequestare le monete c'è poco da dire................

"8) Le due cause alle quali facevo riferimento sono cause civili, una delle quali conclusasi (almeno in primo grado). In entrambi i casi l'Avvocatura dello Stato ha ritenuto di non costituirsi parte civile motivando che non ritiene i beni oggetto della causa di sua proprietà.... "

Ci deve essere un pò di confusione.

Se le cause di cui parliamo sono civili e riguardano le coniazioni oggetto del nostro argomento, l'iniziativa di promuoverle sarà stata assunta dallo Stato che ne rivendica la proprietà.

Ora, se Lei mi dice che l'Avvocatura (che tutela in giudizio ope legis lo Stato) non ha ritenuto di dover "sposare" la tesi della proprietà statuale di quelle coniazioni, mi chiedo:

Chi ha promosso quella causa civile? (Non lo Stato, a giudicare dal parere dell'Avvocatura).

Forse sarà il caso di avere qualche dato in più sulla vicenda; altrimenti, così come esposta, non è comprensibile.

Saluti.

Michele

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