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IGNORED

Quiz numismatico (18)


heldrungen

Risposte migliori

Niente da fare :P

Vi do un ultimo aiuto: per il significato, pensato al "fiato" in senso metaforico (biblico persino ...) e tenete anche presente che mia nonna amava lasciarsi andare ad affermazioni un po' catastrofiche ;)

Per la collocazione geografica, se vi decidete una buona volta ad abbandonare la costa e inoltrarvi nell'entroterra troverete un luogo antichissimo e pieno di misterioso fascino :o

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Ebbravo azzogsal! Finalmente! :D

Beccatevi subito questa citazione bibliografica:

Pietro Laureano, GIARDINI DI PIETRA. I Sassi di Matera e la civiltà mediterranea

Libro2.jpg

Sulla base di questo saggio il centro storico di Matera è stato dichiarato dall'UNESCO patrimonio dell'umanità. Quanto a mia nonna, diceva sempre (tradotto un po' a senso):

"Che devo fare visto che non posso trovare la pace eterna?" ("sfiatare" nel senso di "schiattare"...)

Ve l'avevo detto che era un tipo piuttosto catastrofico :P

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I dialetti sono assolutamente affascinanti, e in più ci si può leggere la storia di un Paese.

Che uno sia più bello o più brutto è a parer mio puramente una questione di gusto e di abitudine all'ascolto. Una volta credevo che lo spagnolo fosse "grezzo" rispetto all'italiano, ora lo trovo meraviglioso... ho avuto semplicemente occasione di esserci immerso e di praticarlo un po'.

Nella Storia d'Italia Garzanti, non mi ricordo più quale volume, ci sono alcune cartine geografiche interessantissime che mostrano le zone di confine fra le parlate d'origine greca al Sud, italica al Centro e celtica al Nord: il tutto inserito in una matrice latina ha creato quel che oggi sono dialetti, nessuno inferiore all'altro.

Tralaltro viaggiando mi sono reso conto che gli stati nazionali hanno imposto lingue unitarie a territori molto grandi, così pare che al confine fra Italia e Francia, Francia e Spagna e così via ci sia un confine linguistico netto e deciso. Questo è solo il frutto della storia, ma in realtà c'è solo raramente un confine geografico netto (uno secondo me è l'appennino fra Toscana ed Emilia, o molto ovvio, quello fra Trentino e Alto Adige). Da Venezia a Barcelona in realtà si scivola attraverso mutazioni d'accento e di vocaboli senza soluzione di continuità fra Veneto e Catalano.

Italiano: posizione

Veneto: posisiòn

Francese: position

Castigliano: posición

Le ultime tre parole si pronunciano quasi allo stesso modo.

Allo stesso modo nel mio stesso dialetto ci sono differenze locali anche marcate, mia moglie è da un paese a 70 km dal mio:

Italiano: civetta

Vicentino: ciùa

Veneziano: soleta

E allora? Amo conoscere il mio dialetto per cercare la bellezza di quello degli altri.

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caro Rob, hai perfettamente ragione in tutto....o quasi ! Personalmente, e già l'ho spiegato, non parlavo di quanto un dialetto fosse più bello dell'altro, ma di quanto fosse più o meno elegante e musicale...e in questo il parere personale lascia spazio ai dati di fatto. Per quanto particolare e bello possa essere, non vorrai dirmi che il nuorese è dolce e musicale quanto romagnolo o il parmense.....giusto per fare un esempio

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I dialetti sono assolutamente affascinanti, e in più ci si può leggere la storia di un Paese.

Che uno sia più bello o più brutto è a parer mio puramente una questione di gusto e di abitudine all'ascolto. Una volta credevo che lo spagnolo fosse "grezzo" rispetto all'italiano, ora lo trovo meraviglioso... ho avuto semplicemente occasione di esserci immerso e di praticarlo un po'.

Nella Storia d'Italia Garzanti, non mi ricordo più quale volume, ci sono alcune cartine geografiche interessantissime che mostrano le zone di confine fra le parlate d'origine greca al Sud, italica al Centro e celtica al Nord: il tutto inserito in una matrice latina ha creato quel che oggi sono dialetti, nessuno inferiore all'altro.

Tralaltro viaggiando mi sono reso conto che gli stati nazionali hanno imposto lingue unitarie a territori molto grandi, così pare che al confine fra Italia e Francia, Francia e Spagna e così via ci sia un confine linguistico netto e deciso. Questo è solo il frutto della storia, ma in realtà c'è solo raramente un confine geografico netto (uno secondo me è l'appennino fra Toscana ed Emilia, o molto ovvio, quello fra Trentino e Alto Adige). Da Venezia a Barcelona in realtà si scivola attraverso mutazioni d'accento e di vocaboli senza soluzione di continuità fra Veneto e Catalano.

Italiano: posizione

Veneto: posisiòn

Francese: position

Castigliano: posición

Le ultime tre parole si pronunciano quasi allo stesso modo.

Allo stesso modo nel mio stesso dialetto ci sono differenze locali anche marcate, mia moglie è da un paese a 70 km dal mio:

Italiano: civetta

Vicentino: ciùa

Veneziano: soleta

E allora? Amo conoscere il mio dialetto per cercare la bellezza di quello degli altri.

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beh questo succede perché nel primo medioevo esisteva, come oggi per l'inglese, una lingua comune tra tutti i popoli d'europa affacciati sul mediterraneo.

La lingua, chiamata Romancio (che ha dato il nome alle lingue romanze) era diffusa sia dai commercianti che dai poeti, giullari etc. che ha dato vita al Provenzale e al Catalano e poi via via si è diffusa soprattutto attraverso le corti (se pensi che a Ferrara ancora in pieno '400 i poeti provenzali erano di casa alla corte dell'intellettuale duca Lionello d'Este).

Ma questa non era l'unica lingua "franca" esisteva anche il Sabir, compresa davvero in tutto il mediterraneo dalla spagna araba, alla francia del sud sino alle coste del medio oriente (egitto e turchia compresi).

Il sabir era una specie d'esperanto che pescava tra l'arabo, le lingue romanze e neolatine, il maltese, il greco etc. ancora nel '600 era molto diffusa, solo nelle classi mercantili, lo stesso Molière nel Borghese Gentiluomo ne lascia una divertente parodia.

Non credo che il discrimine geografico fossero gli appennini dato che il volgare italiano è nato a Firenze dunque oltre l'appennino.

Il padre Dante fu anche inventore dell'eloquentia vulgaris, non tradusse in lingua i fonemi del fiorentino, come pare logico pensare, infarcì, invece la sua lingua scritta di moltissime parole provenienti dal nord (anche a causa del suo esilio in romagna e veneto) e poi s'ispirò anche al romancio scritto dalla scuola siciliana e quello appennino cioè quello del cantico delle creature di S. Francesco.

Tutto questo mix oggi lo chiamiamo italiano.

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  • 3 settimane dopo...
beh questo succede perché nel primo medioevo esisteva, come oggi per l'inglese, una lingua comune tra tutti i popoli d'europa affacciati sul mediterraneo.

La lingua, chiamata Romancio (che ha dato il nome alle lingue romanze) era diffusa sia dai commercianti che dai poeti, giullari etc. che ha dato vita al Provenzale e al Catalano e poi via via si è diffusa soprattutto attraverso le corti (se pensi che a Ferrara ancora in pieno '400 i poeti provenzali erano di casa alla corte dell'intellettuale duca Lionello d'Este).

Ma questa non era l'unica lingua "franca" esisteva anche il Sabir, compresa davvero in tutto il mediterraneo dalla spagna araba, alla francia del sud sino alle coste del medio oriente (egitto e turchia compresi).

Il sabir era una specie d'esperanto che pescava tra l'arabo, le lingue romanze e neolatine, il maltese, il greco etc. ancora nel '600 era molto diffusa, solo nelle classi mercantili, lo stesso Molière nel Borghese Gentiluomo ne lascia una divertente parodia.

Non credo che il discrimine geografico fossero gli appennini dato che il volgare italiano è nato a Firenze dunque oltre l'appennino.

Il padre Dante fu anche inventore dell'eloquentia vulgaris, non tradusse in lingua i fonemi del fiorentino, come pare logico pensare, infarcì, invece la sua lingua scritta di moltissime parole provenienti dal nord (anche a causa del suo esilio in romagna e veneto) e poi s'ispirò anche al romancio scritto dalla scuola siciliana e quello appennino  cioè quello del cantico delle creature di S. Francesco.

Tutto questo mix oggi lo  chiamiamo italiano.

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Affascinante! Non sapevo del Sabir e del Romancio come lingue franche: in effetti mi chiedevo in che lingua comunicassero i mercanti italiani (i "Lombardi", che poi magari invece erano fiorentini o senesi...) ai mercati della Champagne, o i Genovesi o Veneziani a Tunisi. Hai qualche riferimento da darmi - testi, siti web o altro?

P.S. il discrimine geografico è principalmente d'accento: emiliano-toscano o romagnolo-marchigiano

Modificato da rob
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i "Lombardi", che poi magari invece erano fiorentini o senesi... ai mercati della Champagne

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... o romani! I denari provisini (=di Provins, nella Champagne) emessi dal Senato Romano stanno lì a dimostrarlo :)

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i "Lombardi", che poi magari invece erano fiorentini o senesi... ai mercati della Champagne

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... o romani!

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:lol: :lol: :lol: hanno "osato" non citare i romani :blink:

Paleo' qui dobbiamo intervenire duramente :lol:

A parte tutto mi spiace Rob ma a dire il vero non ho delle fonti reperibili.

Per il Romancio ho consultato da pischello il "compendio storico della Letteratura Italiana" di Luigi Russo (quindi un classico) e sulla Ròmania (come venivano chiamate le terre romanze e poi neolatine) ho usato un articolo del Crescini del 1908 in "Rivista d'Italia"...ma forse questo non è più recuperabile se non in un qualche archivio o biblioteche universitarie e Biblioteche nazionali di Firenze e Roma.

Per il sabir sono partito da Molière e da alcune note e bibliografie che ho trovato nel Borghese Gentiluomo e che ho citato nella tesi ma adesso chissà dov'è finita :rolleyes:

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Per il Romancio ho consultato da pischello il "compendio storico della Letteratura Italiana" di Luigi Russo (quindi un classico) e sulla Ròmania (come venivano chiamate le terre romanze e poi neolatine) ho usato un articolo del Crescini del 1908 in "Rivista d'Italia"...ma forse questo non è più recuperabile se non in un qualche archivio o biblioteche universitarie e Biblioteche nazionali di Firenze e Roma.

Per il sabir sono partito da Molière e da alcune note e bibliografie che ho trovato nel Borghese Gentiluomo e che ho citato nella tesi ma adesso chissà dov'è finita  :rolleyes:

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A Fre' mi stupisci co 'ste dotte citazioni! Non fosse che sei così irreparabilmente votato al cazzeggio ... :lol:

... e comunque a Rob si perdona tutto ;)

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:lol: :lol: le so tutte!

Perché mi vedevi perso nei post di cazzeggio?

Beh beh fidati di noi anziani...in fondo fra me e te intercorrono più di dieci anni...insomma un po' di rispetto, che diamine :P

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Per il Romancio ho consultato da pischello il "compendio storico della Letteratura Italiana" di Luigi Russo (quindi un classico) e sulla Ròmania (come venivano chiamate le terre romanze e poi neolatine) ho usato un articolo del Crescini del 1908 in "Rivista d'Italia"...ma forse questo non è più recuperabile se non in un qualche archivio o biblioteche universitarie e Biblioteche nazionali di Firenze e Roma.

Per il sabir sono partito da Molière e da alcune note e bibliografie che ho trovato nel Borghese Gentiluomo e che ho citato nella tesi ma adesso chissà dov'è finita  :rolleyes:

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A Fre' mi stupisci co 'ste dotte citazioni! Non fosse che sei così irreparabilmente votato al cazzeggio ... :lol:

... e comunque a Rob si perdona tutto ;)

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Vi ringrazio per la Vostra magnanimità, Eccellenza! :P

Più seriamente, hai perfettamente ragione; qui però ti pongo la domanda (perché non ho certezze dalla mia parte): il denaro provisino di Roma nasce perché i mercanti romani ne avevano portato a casa il modello, o perché i pellegrini ne portavano con sè talmente tanti che circolavano liberamente nei mercati romani (e quindi la zecca di Roma ha provveduto ad imitarli per assicurare buona circolazione anche alle sue monete)?

Che ci fossero mercanti romani alle fiere della Champagne non c'è dubbio, anche Giovanni Tabacco li cita nel suo saggio "La storia politica e sociale - Dal tramonto dell'impero alle prime formazioni di Stati regionali" all'interno della Storia d'Italia Einaudi, ma furono proprio loro a far creare il provisino romano?

Modificato da rob
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in fondo fra me e te intercorrono più di dieci anni...

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Nah ... appena sei ;)

Più seriamente, hai perfettamente ragione; qui però ti pongo la domanda (perché non ho certezze dalla mia parte): il denaro provisino di Roma nasce perché i mercanti romani ne avevano portato a casa il modello, o perché i pellegrini ne portavano con sè talmente tanti che circolavano liberamente nei mercati romani (e quindi la zecca di Roma ha provveduto ad imitarli per assicurare buona circolazione anche alle sue monete)?

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Giusta osservazione. Direi l'uno e l'altro. Nelle fonti che ho letto (se non ricordo male ne parla anche il Muntoni) si dice che di denari provisini "i mercanti romani ne riportavano in grandi quantità dalle fiere della Champagne", o qualcosa del genere. E' chiaro che nel momento in cui il Senato Romano intorno alla metà del XII secolo, in una fase in cui l'autorità temporale dei papi era ai suoi minimi storici, decise di dare inizio alle proprie emissioni autonome, scelse come modello una moneta che a Roma era già conosciuta e apprezzata. Dato che a Roma affluivano pellegrini da tutto l'Occidente cristiano, molti dei quali proseguivano poi per la Terrasanta, è ragionevole pensare che a Roma circolasse denaro praticamente di tutta Europa. Evidentemente la scelta cadde sul provisino per un surplus derivante dal fatto che ne circolavano grandi quantità, o comunque che era una moneta particolarmente ben accetta. Questo surplus può derivare anche dall'influenza dei mercanti, la cui corporazione non mi stupirei se avesse facoltà di mettere bocca nella "politica monetaria".

Questi ovviamente sono solo ragionamenti, sarebbe interessante se qualcuno avesse modo di citare qualche testo scientificamente più fondato. Credo che Grierson e la Travaini abbiano scritto abbondantemente sull'argomento della moneta di imitazione.

Ciao, P. :)

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Giusta osservazione. Direi l'uno e l'altro. Nelle fonti che ho letto (se non ricordo male ne parla anche il Muntoni) si dice che di denari provisini "i mercanti romani ne riportavano in grandi quantità dalle fiere della Champagne", o qualcosa del genere. E' chiaro che nel momento in cui il Senato Romano intorno alla metà del XII secolo, in una fase in cui l'autorità temporale dei papi era ai suoi minimi storici, decise di dare inizio alle proprie emissioni autonome, scelse come modello una moneta che a Roma era già conosciuta e apprezzata. Dato che a Roma affluivano pellegrini da tutto l'Occidente cristiano, molti dei quali proseguivano poi per la Terrasanta, è ragionevole pensare che a Roma circolasse denaro praticamente di tutta Europa. Evidentemente la scelta cadde sul provisino per un surplus derivante dal fatto che ne circolavano grandi quantità, o comunque che era una moneta particolarmente ben accetta. Questo surplus può derivare anche dall'influenza dei mercanti, la cui corporazione non mi stupirei se avesse facoltà di mettere bocca nella "politica monetaria".

Questi ovviamente sono solo ragionamenti, sarebbe interessante se qualcuno avesse modo di citare qualche testo scientificamente più fondato. Credo che Grierson e la Travaini abbiano scritto abbondantemente sull'argomento della moneta di imitazione.

Ciao, P.  :)

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Ho dato un'occhiata al "Coins of Medieval Europe" del Grierson, ma il dettaglio non è affatto sufficiente: ci vorrebbe il MEC... quando me lo potrò permettere! Il recente testo della Travaini potrebbe contenere qualche risposta, come dici tu.

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