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IGNORED

Parlando di monete con mia nonna :)...


Inkub0

Risposte migliori

L'altro giorno parlavo con mia nonna 87enne del valore effettivo che un "aquilotto" aveva negli anni della sua giovinezza.

Mi ha risposto che con 5 lire compravano il pane per circa una settimana, perchè allora costava "19 soldi" al Kg Sono rimasto stupito dal fatto che considerasse la lira soltanto nella sua interezza, mentre considerava come sottomultipli i "soldi".

È ovvio che ai suoi tempi non venivano prodotte monete con valore facciale in "soldi" e lei stessa mi confermava, ricordandolo nitidamente, che sullo spiccolo da 1 soldo c'era la spiga, su quello da due un'ape su fiore, sui quattro una "fimmina a nuda" :D. È strano il fatto però che al sud (si parla di reggio calabria) sia stata diffusa ai tempi di Vittorio Emanuele III questa "nomenclatura parallela", poichè, come sappiamo, nel precedente regno delle due sicilie, nemmeno si hanno monete in "soldi". Lo stato più vicino che usava quel taglio era se non erro lo stato pontificio...

Secondo voi da cosa deriva questa abitudine del popolo di usare un sistema non decimale per "nominare" le monete, ignorandone il valore facciale espresso in centesimi?

P.S. riporto un detto calabrese e siciliano: "Ci 'mmancunu 20 sordi pi fari na lira" ovvero "Gli mancano 20 soldi per fare una lira". si dice di una persona che chiede sempre prestiti.

Modificato da Inkub0
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Il ligure non è una lingua parlata -soprattutto dai giovani- quotidianamente, a differenza di quanto accade in molte altre regioni (ad esempio Veneto, Napoletano o Siciliano) ma se un genovese dovesse parlare di centesimi parlerebbe di citti.

Il termine cittö (leggasi cìttu) non è sinonimo od abbreviazione di centesimo ma di spicciolo: qualcosa che è stato pagato pochi spiccioli "g'ho dætö döi citti" eppure la moneta con su la Venere di Botticelli è una moneta da "dexe citti" .

Questo, almeno, nella mia zona: il ligure è mutevole quasi da quartiere a quartiere, e viene parlato da Nizza (compreso il "Principatu de Munegu") fino a Sestri Levante

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in ogni caso voglio sottolineare che non è solo un'abitudine di mia nonna, e che lei non ha strani antenati abitanti dello stato pontificio, tutti i vecchietti più in là con gli anni di Reggio Calabria (e anche Messina a quanto mi risulta) considerano il "u sordu" come fosse una unità monetaria a tutti gli effetti.

E non parlano di soldi come sottomultipli dell'Euro perchè, giustamente, il Soldo è soltanto sottomultiplo della Lira :rolleyes:

Modificato da Inkub0
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Molto gradevole il racconto di tua nonna. In linea generale, i "sistemi" di conteggio sono sempre imposti dall'alto (esempio: riforme monetarie ecc.), e questi sistemi si innestano su sistemi locali, geografici... come accade per i dialetti locali. Non sono "naturali". Guarda soltanto quanti sinonimi, in italiano: danee, picciuli...

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L'altro giorno parlavo con mia nonna 87enne del valore effettivo che un "aquilotto" aveva negli anni della sua giovinezza.

Mi ha risposto che con 5 lire compravano il pane per circa una settimana, perchè allora costava "19 soldi" al Kg Sono rimasto stupito dal fatto che considerasse la lira soltanto nella sua interezza, mentre considerava come sottomultipli i "soldi".

È ovvio che ai suoi tempi non venivano prodotte monete con valore facciale in "soldi" e lei stessa mi confermava, ricordandolo nitidamente, che sullo spiccolo da 1 soldo c'era la spiga, su quello da due un'ape su fiore, sui quattro una "fimmina a nuda" :D. È strano il fatto però che al sud (si parla di reggio calabria) sia stata diffusa ai tempi di Vittorio Emanuele III questa "nomenclatura parallela", poichè, come sappiamo, nel precedente regno delle due sicilie, nemmeno si hanno monete in "soldi". Lo stato più vicino che usava quel taglio era se non erro lo stato pontificio...

Secondo voi da cosa deriva questa abitudine del popolo di usare un sistema non decimale per "nominare" le monete, ignorandone il valore facciale espresso in centesimi?

P.S. riporto un detto calabrese e siciliano: "Ci 'mmancunu 20 sordi pi fari na lira" ovvero "Gli mancano 20 soldi per fare una lira". si dice di una persona che chiede sempre prestiti.

Ciao Incubo, nelle Due Sicilie c'erano molti più nomi e nomignoli per esprimere il nominale di una moneta della zecca di Napoli:

cavallo

3 cavalli - mezzo tornese

6 cavalli - tornese

2 tornesi - grano

3 tornesi - publica

5 grana - mezzo carlino - "cingranella"

10 grana - carlino

20 grana - 2 carlini - tarì

60 grana - mezza piastra

100 grana - ducato

120 grana - piastra

200 grana - 2 ducati - zecchino napoletano

300 grana - 3 ducati - oncetta (dopo il 1818)

400 grana - 4 ducati - doppia napoletana

600 grana - 6 ducati - oncia napoletana - dupla (dopo il 1826)

1500 grana - 15 ducati - quintupla (dopo il 1818)

3000 grana - 30 ducati - decupla (dopo il 1818)

Poi è chiaro che in base al nome del nominale più grande potevano derivare diversi nomi come ad esempio: 120 grana - 12 carlini - piastra - 6 tarì, eccetera.

Non dimentichiamo che molte espressioni vivaci attuali che esprimono il denaro in generale derivano dai nomi delle monete italiane in circolazione prima del 1861 come ad esempio: "dammi la grana!", "dammi i quattrini!", "dammi i soldi!", "dammi le palanche!".

Modificato da francesco77
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Se poi andiamo nella Napoli del periodo vicereale scopriamo molti più nomi e nomignoli: scudo, pataccone, patacca, cianfrone, testone, eccetera, eccetera. Qualcosa lo si è detto in questa discussione http://www.lamoneta.it/topic/71911-notizie-su-una-patacca-autentica/ . A presto. Francesco

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qui a Roma e provincia è un modo di dire abbastanza comune...

il famoso detto "te manca sempre un sordo a fa na lira" molto simile al precedente che però non riuscirei a pronunciare... :D

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L'altro giorno parlavo con mia nonna 87enne [...] Sono rimasto stupito dal fatto che considerasse la lira soltanto nella sua interezza, mentre considerava come sottomultipli i "soldi".

È ovvio che ai suoi tempi non venivano prodotte monete con valore facciale in "soldi" e lei stessa mi confermava, ricordandolo nitidamente, che sullo spiccolo da 1 soldo c'era la spiga, su quello da due un'ape su fiore, sui quattro una "fimmina a nuda" [...]

Secondo voi da cosa deriva questa abitudine del popolo di usare un sistema non decimale per "nominare" le monete, ignorandone il valore facciale espresso in centesimi?

E' colpa (si fa per dire) nientemeno che di Carlo Magno.

Fu lui a stabilire che da una libra di argento si dovessero ricavare 20 parti chiamate soldi, ciascuna delle quali divisa in 12 denari.

Dunque 1 lira = 20 soldi = 240 denari

Inizialmente libra o lira e soldi furono solo monete di conto, perché ad essere coniati effettivamente furono solo i denari.

Ma anche quando si passò a coniare i soldi e la lira, lo schema contabile 1 : 20 : 12 rimase lo stesso, e così pure quando si abbandonò il monometallismo argenteo.

Potevano cambiare i nomi delle monete, ma non il criterio. E così, tanto per fare un esempio, nelle Due Sicilie 12 cavalli equivalevano a 1 grano.

Questo schema rimase in vigore fino all'era napoleonica, quando fu introdotto il sistema decimale. Tuttavia in Inghilterra solo nei primi anni '70 del Novecento si abbandonò il criterio per cui 1 Pound (lira sterlina) equivaleva a 20 scellini ciascuno dei quali diviso in 12 pennies.

La ragione di tanta durata, probabilmente, è da ricercare nel fatto che il sistema duodecimale, a differenza del decimale, consentiva di coniare anche la moneta da un terzo (dell'unità base) senza resto (perché 12/3 = 4, mentre 10/3 = 3,33...).

Anche dopo l'introduzione del sistema decimale, nel linguaggio parlato la ventesima parte della lira continuò ad essere chiamata soldo.

Ecco perché tua donna identificava il soldo con la moneta da 5 centesimi "spiga", i due soldi con il 10 centesimi "ape" e i 4 soldi con il 20 centesimi "libertà librata" (o, come diceva lei, fimmina nuda).

Ed ecco perché esistono proverbi, tra i quali anche i due (simili) citati nei post precedenti, nei quali il termine "soldo" significa non necessariamente denaro in generale, ma si riferisce a precise tipologie monetali.

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Anche qui, nel profondo sud dell'Abruzzo, contare in soldi era la norma.

Quando con mia nonna spunta un discorso economico inerente la prima metà del secolo scorso, si finisce sempre a parlare di un soldo, due soldi, quattro soldi, dieci soldi, venti soldi e quaranta soldi.

L'unica moneta che mia nonna chiama col suo "vero" nome è il pezzo da 5 lire, ovvero il già citato aquilotto. Cinque lire erano una bella sommetta e forse è per questo che l'aquilotto meritava maggiore rispetto anche nella lingua parlata.

Piccolo aneddoto.

Quando, una quindicina d'anni fa, compivo i miei primi passi in ambito numismatico, mostrai a mia nonna un 10 lire biga: ebbene, mi disse che non ne aveva mai visto uno (o, perlomeno, non ne conservava ricordo). Questo fatto mi aiuta a capire quanto potesse essere importante per una famiglia contadina una moneta da 5 lire; una moneta che per noi oggi costa quanto una pizza...

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Piccolo aneddoto.

Quando, una quindicina d'anni fa, compivo i miei primi passi in ambito numismatico, mostrai a mia nonna un 10 lire biga: ebbene, mi disse che non ne aveva mai visto uno (o, perlomeno, non ne conservava ricordo). Questo fatto mi aiuta a capire quanto potesse essere importante per una famiglia contadina una moneta da 5 lire; una moneta che per noi oggi costa quanto una pizza...

un chilo di pane costa quasi due euro dalle mie parti ormai. quindi se usiamo questo termine di paragone l'aquilotto di quel tempo valeva una bella sommetta: da 8 a 10 euro.

la moneta da 20 lire mi sa che circolava molto più di rado, come la 500.000 lire pre euro insomma. È normale che nei contesti contadini e dei ceti più bassi non veniva utilizzata. Correggetemi se sbaglio ;)

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in generaLE la lira è nata come moneta di conto ed era multiplo del soldo, poi è diventata moneta effettiva ed era ancora multiplo del soldo, non è strano che sia rimasta come multiplo del soldo anche negli anni e nelle generazioni successive

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in generaLE la lira è nata come moneta di conto ed era multiplo del soldo, poi è diventata moneta effettiva ed era ancora multiplo del soldo, non è strano che sia rimasta come multiplo del soldo anche negli anni e nelle generazioni successive

Quello che dicevo io è che parliamo di un epoca relativamente recente: la Lira non era più moneta "di conto" da un paio di secoli o più :lol:...

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De Amicis in Cuore (1886) fa i conti in lire, soldi e centesimi...

A mio parere, ai tempi in cui non c'era televisione e pochi leggevano i giornali, varie usanze permanevano molto piu a lungo.

Sarebbe interessante fare il paragone con la sterlina decimale: Dopo quanto tempo la terminologia con gli scellini e mezza corone scomparve ? Dieci anni dopo il D-day, quando ancora c'erano in circolazione monete da uno e due scellini, equiparate ai 5 e 10 pence, non mi sembra che nessuno facesse piu riferimento alla vecchia denominazione.

Modificato da ersanto
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Parlando di monete con i miei genitori, posso dirvi che anche in città (Roma) si usava la denominazione "soldo" e "due soldi" , per le monete da 5 e 10 cent del regno (spiga e ape). Nelle tasche di mio papà , quando era piccolo (era del 1930) entravano solo quei piccoli spiccioli. Mia mamma si ricorda molto bene la moneta da 20 centesimi, poichè era il prezzo che doveva pagare per poter mangiare presso le monache, dove andava a scuola (inizio anni '40)

Quando era in vita mia nonna, lei non aveva mai visto monete d'argento, né da 5 , né da 10 lire e questo vale anche per i miei genitori e loro fratelli. Tali monete non entravano in case popolari quali erano loro. Piuttosto si rammentano benissimo delle AM-Lire che circolavano abbondantemente nel dopo guerra e delle prime monete repubblicane di alluminio, e dei biglietti della Luogoteneza. Ci facevano poco perché la moneta da una lira di quegli anni non valeva nulla

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C' è anche una frase popolare ,con riferimento alla monetazione precedente , ed è quetso : "m'hanno dato dù bajocchi", per dire che il lavoro eseguito è stato pagato poco o per indicare cose di poco valore.

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Con Roma e con le città che facevano parte dello Stato Pontificio parlare in "soldi" è facile da comprendere. Fino a pochi anni prima era la loro moneta.

:unknw: infatti la mia osservazione era che a Roma potrebbe essere rimasta questa usanza di chiamare "soldo" il 5 cent, perchè fino a 150 anni fa era così, ma in Calabria? mboh!:ph34r:

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  • 2 anni dopo...

Anche qui da noi in Puglia vi era l'usanza di chiamare i centesimi soldi, mia nonna parla solo di soldi, ma alla domanda a quanto equivaleva un soldo in centersimi o lire non sapeva rispondere, ha sempre parlato in soldi e questo presuppone che anche tutti gli altri parlavano in soldi; io non ho mai capito nè quant'era l'equivalenza e nè perchè, in un territorio dove circolavano, prima della lira, tornesi, cavalli, grani, ecc. si parlava di soldi ma forse, grazie a questa discussione l'ho capito: al tempo di Carlo Magno, come fa presente @@tornese71 nel post #10, e successivamente, si usavano i denari e i soldi, questo significa che il termine "soldo" è rimasto radicato nella mente delle persone fino ad essere riusato dopo secoli....

Modificato da Acqvavitus
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Quando ero bambino, a Genova, sentivo chiamare le lire... franchi!

Qui da me, Modena, i più anziani fino a pochi anni fa, prima dell'introduzione dell'euro, sostituivano alla parola "lire" Franch (Franchi).

Quindi per dire "1000 lire" o "5000 lire" dicevano mell franch (1000 franchi) oppure czeinc mela franch (5000 franchi)....

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Qui da me, Modena, i più anziani fino a pochi anni fa, prima dell'introduzione dell'euro, sostituivano alla parola "lire" Franch (Franchi).

Quindi per dire "1000 lire" o "5000 lire" dicevano mell franch (1000 franchi) oppure czeinc mela franch (5000 franchi)....

Ovviamente stessa cosa a Reggio Emilia. Mia nonna (classe 1897) distingueva i bessi (soldi) dai centeisom (centesimi): l'ape era la moneta da 2 bessi, la spiga da 1 bessi, che si poteva anche dire dez centeisom o zinc centeisom. Per dire una moneta di infimo valore usava l'espressione cavurrein, che non mi sono mai spiegato in quanto non sono mai state coniate monete con l'effigie di Cavour.

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