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IGNORED

Pietro III di Vico [ERA: Denarino che non conosco]


Risposte migliori

Caro numa numa

è sempre un piacere scambiare opinioni con te.

Ti ringraziamo per i complimenti e siamo lieti che l'articolo abbia catturato la tua attenzione. E' doveroso sottolineare che l'argomento è stato trattato in estrema sintesi per ragioni editoriali e l'argomento avrebbe meritato maggiori approfondimenti. Tuttavia l'aver affrontato, senza presunzione alcuna da parte nostra, un tematica che per oltre un secolo è rimasta chiusa in un cassetto ci rende ragionevolmente soddisfatti.

Le tue osservazioni sono interessanti, come sempre, e sono da noi state prese in seria considerazione prima della pubblicazione. Abbiamo letto con attenzione i vari Martinori, Calisse ed Egidi, che anche se ormai datati, rappresentano le basi storiche dell'argomento.

Da quanto si evince, il dono della rosa d'oro (oltre al "mantello di porpora") ai Prefetti di Roma (tutti??) da parte del papa, a dimostrazione della loro fedeltà alla Chiesa, sembra effettivamente reale. I tuoi stessi dubbi li abbiamo condivisi anche noi; a nostro avviso la carica di "prefectus Urbis" era rappresentanza dell'Imperatore a Roma e quindi la simbologia stona in qualche maniera. Abbiamo comunque preferito privilegiare una linea di pensiero suffragata da riferimenti bibliografici.

Per quanto riguarda il presunto ritratto attribuito a Pietro III nell'impronta della moneta siamo stati confortati dall'epigrafia nelle leggende dove appaiono inequivocaboli sia il nominativo che la carica rivestita del personaggio emittente. Tale ritratto rappresenta l'eccezionalità della moneta, come hai ben capito. Difficile, ma mai dire mai, individuare altre autorità al di là di quella ipotizzata. Certamente creare una moneta senza nominarvi una legittima autorità (la carica di prefetto era priva di di qualsiasi potere effettivo) universalmente riconosciuta era difficile da accettare all'epoca. Non vi è indicazione di zecca (a meno chè non si voglia interpretare Vico come sede di officina) e richiamo all'autorità imperiale o papale.

Emissione celebrativa? Non dimentichiamo la presenza di un "vichese" nel trattato di aritmetica "Columbia" sempre che si riferisca a tale nominale (?).

Insomma un bel grattacapo ma per questo intrigante e bisognoso di approfondimento.

In finale mettere in risalto i tuoi-vostri-nostri dubbi era lo scopo principale del nostro articolo divulgativo.

Ci sembra di essre riusciti nell'intento ;)

Cordiali saluti

Le tue analisi riguardo la ritrattistica sono sempre eccellenti, grazie.

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salve

Grazie alla ricostruzione di Scacchi mi sembra di ravvisare in questo esemplare un profilo diverso di quello studiato da Adolfos e Paleologo nel loro articolo su PN. Questa raffigurazione si approssima piu a quella di un santo (con il nimbo) che a quella del supposto ritratto del di Vico.

Vorrei anche ptrnare un attimo sulla possibilità di emissione da parte di un'autorità diversa da quelle normalmente preposte alla concessione del diritto di conio. Coniare moneta era un affare maledettamente serio, maxime (ma anche oggi d'altronde) nei tempi antichi. Proprio per questo , a parte casi di autodeterminazione (Luni ? :)) erano solo le massime autorità del potere costituito a decretarne la possibilità. Ad esempio ai tempi del senato romano il podestà (es. Brancaleone d'Andalò) metteva il suo nome (mai il suo ritratto però) sui grossi che però erano emissione del senato non certo sua particolare.

Sui denari medioevali (nel territorio italiano e all'estero) abbiamo abbondanza di ritratti stilizzati di sovrani, papi, vescovi (non "quel vescovo" bensi l'immagine stilizzata di un vescovo benedicente), santi e mi sembra di aver esaurito le categorie (ma smentitemi , vi prego..)

immaginare un personaggio raffigurato su moneta, tanto più se nenache di primissimo piano , è un vero rompicapo come dice il simpatico Adolfos. Mi era venuta in mente un altra possibilità, quella di una tessera o di un gettone (questo spiegherebbe anche le condizioni assai malconce del pezzo e la sua limitatissima circolazione) . In fondo se ne conoscono diverse di tessere emesse da decine di comuni o borghi. Questa avrebbe potuto essere stata fatta per motivi celebrativi . Però mi pare che la grande maggioranza delle tessere sia si rame, non mistura o argento. Inoltre le caratteristiche della tessera la diferenziano di molto epigraficamente, simboli etc. dai denari, mentre in questo caso questo parrebbe proprio un denaro

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Intanto complimenti a Numa per le sue osservazioni sempre acute e intriganti,secondo il mio modesto parere,

io rimango dell'idea che sia una moneta di pura ostentazione, situazione diffusa in alcuni ambiti nel medievale, esempio nelle zecche piemontesi piccole ; una moneta che sicuramente ha avuto una tiratura molto limitata, perchè probabilmente poi contrastata,povera,facilmente per usi locali e per un breve periodo .

L'anomalia, se vogliamo, è effettivamente la raffigurazione di un Prefetto, cosa credo unica, ma visto il personaggio e le sue entrature non si può escludere questo narcisismo numismatico, autocelebrativo.

Certamente si discosta dalla casistica classica medievale e iconografica.

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Effettivamente le implicazioni giuridiche di questa emissione sono un altro aspetto particolarmente intrigante che non abbiamo potuto approfondire più di tanto, anche per non snaturare le caratteristiche e gli obiettivi dell'articolo. Il nostro lavoro ha voluto essere soprattutto uno stimolo a far ripartire gli studi su questo specifico settore della numismatica medievale, ancora abbastanza trascurato nonostante qualche recente importante contributo incentrato in particolare sulla circolazione monetaria e l'analisi dei ritrovamenti in Tuscia viterbese (Rovelli e Gambacorta).

Questo denaro (non ho particolari dubbi che di questo si tratti, anche per l'affinità tipologica e formale con altre emissioni dell'epoca, i.e. cortonesi, viterbini ecc.; e poi c'è il riferimento ai "vichesi"...) potrebbe essere inserito nel filone delle emissioni feudali laiche, che in Italia ha avuto pochissimi riscontri, separati inoltre da ampi intervalli di tempo (mi vengono in mente i denari "ottolini" di Ugo e Giuditta marchesi di Toscana per la zecca di Lucca nel X secolo, il denaro di Marcovaldo di Anweiler per la zecca di Ancona/Ravenna alla fine del XII secolo, pubblicato qualche anno fa da Matzke, e forse un paio d'altri). Tuttavia qui siamo in un periodo in cui il potere imperiale è in declino, la stessa Viterbo oscilla tra la fedeltà imperiale e quella papale, e certamente Pietro si barcamena in questa situazione approfittandone per trarne vantaggio. Ricordiamo il precedente del denaro emesso come COMES ANGVIL[larae]: non risulta, ma non possiamo escludere, che il titolo di Conte dell'Anguillara comportasse il diritto di zecca; certamente quello di Prefetto dell'Urbe non lo comportava. Tuttavia è plausibile che Pietro, confortato dal grande potere acquisito nella zona, abbia deciso di appropriarsi del diritto di zecca anche in assenza di una concessione esplicita (cosa non diversa da quanto fatto dai Comuni anche in periodi in cui il potere imperiale era ben più saldo) e in più arrivando, a quanto pare, a farsi effigiare sulle monete stesse, cosa senza dubbio di estrema audacia e che rende unica questa emissione, come giustamente detto sopra. Non voglio spingermi troppo in là ma si potrebbe ipotizzare che Pietro abbia in qualche modo anticipato il clima storico e culturale (e forse anche psicologico) che di lì a qualche decennio vedrà avviato il processo che porta alla nascita delle signorie... peccato che in realtà di questo personaggio a livello storico e personale sappiamo veramente poco.

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Beh .. adesso non scomoderei un improbabile irrdentismo della nobiltà dei pèiccoli comuni medievali.

In realtà monete a nome di principi, casate nobili , duchi, conti etc. che hanno potuto battere monete a loro nome , ovviamente con concessione papale o imperiale.

Amedeo II di Savoia (1060-1080) batte un denaro secusino che riporta il suo nome (Cudazzo n. 4)

Senza scomodare le grandi famiglie, se prendiamo una zecca come Ascoli, notiamo che vi coniarono Ladislao di Durazzo, un quattrino con il suo nome e le sue iniziali al centro; il conte di Carrara , con il suo nome e il simbolo del carro; e infine Francesco Sforza , anche lui quattrino con le iniziali)

Di esempi se ne potrebbero fare decine e decine, spaziando tra l'XI e il XV secolo (ricordo simpaticamente un Secondotto Paleologo , signore di Asti tra il 1372 e il 1377)

E allora cosa distingue la monetina del Di Vico in questione : probabilmente non tanto il fatto che riscontriamo una coniazione a suo nome, quanto piuttosto che il denarietto in questione riporti un busto che , apparentemente , non sembra essere un busto di santo, o al limite di papa, o la Veronica o il Volto Santo, come sarebbe stato accettabile in un'emissione dell'epoca, maxime della marca pontificia, bensi quello che parrebbe un personaggio . .Strana occorrenza, approfondiamo ancora ...

Di denarietti co ritratto , del periodo medioevale, che non siano appunto un santo, un papa, etc. me ne viene in mente uno, quel grossetto anonimo battuto a Mantova da Luigi Gonzaga che rappresenta Virgilio. . l busto o semibusto di Virgilio sarà un tema iconografico ricorrente sulle monetine mantovane, Nei grossetti medioevali il ritratto di Virgilio ha tratti molto primitivi certamente non fisionomici, nei quattrini piu tardi , in epocaq già rinascimentale - con Ludovico II e Federico I - la raffigurazione assume una configurazione di vero e proprio ritratto.

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.Strana occorrenza, approfondiamo ancora ...

Magari riuscissimo a dimostrare un'identità diversa del personaggio rappresentato nell'immagine. Sarebbe un fulmine a ciel sereno. Il problema è che personalmente mi rimane difficile approfondire ulteriormente con nuove considerazioni valide. C'è bisogno di nuove idee supportate da opinioni ragionevoli da parte di tutti. Chissà.......

Grazie comunque per l'interessamento dimostrato da tutti gli amici che sono intervenuti :hi:

Saluti

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Beh .. adesso non scomoderei un improbabile irrdentismo della nobiltà dei pèiccoli comuni medievali.

No, quale irredentismo... se mai egocentrismo :D

Amedeo II di Savoia (1060-1080) batte un denaro secusino che riporta il suo nome (Cudazzo n. 4)

Giusto, era uno degli esempi che mi sfuggivano. Anche se è buona norma ricordare che i Conti di Savoia, per quanto nobiltà imperiale, in questo periodo gravitavano poco verso il regnum italicum e molto verso la Borgogna... se non altro perché la loro principale fonte di reddito erano i pedaggi imposti sulle strade dei principali passi alpini (Moncenisio e Gran San Bernardo) di cui avevano il controllo. Basta guardare la fattura dei denari secusini, che richiamano da vicino le coeve emissioni feudali francesi e molto poco le monete di Pavia e Lucca.

Senza scomodare le grandi famiglie, se prendiamo una zecca come Ascoli, notiamo che vi coniarono Ladislao di Durazzo, un quattrino con il suo nome e le sue iniziali al centro; il conte di Carrara , con il suo nome e il simbolo del carro; e infine Francesco Sforza , anche lui quattrino con le iniziali)

Di esempi se ne potrebbero fare decine e decine, spaziando tra l'XI e il XV secolo (ricordo simpaticamente un Secondotto Paleologo , signore di Asti tra il 1372 e il 1377)

Giusto, ma non stupiscono questi esempi se fanno riferimento al pieno XIV secolo. E' trovare un esempio di prima della metà del duecento che suscita interesse :)

E allora cosa distingue la monetina del Di Vico in questione : probabilmente non tanto il fatto che riscontriamo una coniazione a suo nome, quanto piuttosto che il denarietto in questione riporti un busto che , apparentemente , non sembra essere un busto di santo, o al limite di papa, o la Veronica o il Volto Santo, come sarebbe stato accettabile in un'emissione dell'epoca, maxime della marca pontificia, bensi quello che parrebbe un personaggio . .Strana occorrenza, approfondiamo ancora ...

Su questo siamo perfettamente d'accordo!

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  • 4 settimane dopo...

Cari amici

vi diamo comunicazione di un'ulteriore esemplare di denaro di Pietro III di Vico con ritratto presente in letteratura e da noi colpevolmente dimenticato nella versione del nostro articolo :unknw: .

Rileggendo "La zecca e le monete di Perugia", 1997, opera del compianto A. Finetti, medievista di chiarissima fama, abbiamo trovato alla p. 51 del testo un riferimento a tale moneta.

In un ripostiglio (A. M. Stahl, 1988, A hoard of medioeval pennies from Arezzo, R. I. N., XC) insieme a trecentotrenta denari di Arezzo e Cinque di Perugia sono presenti anche tre denari di Viterbo. Tra questi ultimi Finetti ne riconosce uno a nome di Pietro per altro erroneamente individuato da Stahl genericamente come esemplare della zecca di Orvieto o Volterra.

Il numero di esemplari conosciuti aumentano a cinque unità, pertanto. Anche se, come abbiamo già detto in precedenza, la cifra è sicuramente destinata ad aumentare in un prossimo futuro.

Grazie per l'attenzione

Cordiali saluti

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Grazie Adolfos per questo supplemento di indagine

la ricerca continua e chi cerca .. indubbiamente trova :)

Sarei curioso di sapere cosa dice il Finetti a proposito della moneta, sempre che la commenti ben inteso.

Immagino che Stahl non abbia riconosciuto il pezzo come tale e quindi non vi siano commenti particolari.

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Grazie a te, numa numa!!

Sapere che ci segui è confortante. A volte mi chiedo se ne valga la pena e se non sia meglio riporre i propri appunti chiusi a doppia mandata in un cassetto.

Finetti non va oltre di una riga nel testo. E comunque è suo il merito della catalogazione. Stahl, il nulla, credo. Ma chi avesse a disposizione l'articolo.............potrebbe essere più preciso :rolleyes:

Cordiali saluti

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quando potrò darò un'occhiata alla RIN con l'articolo di Stahl

.. ci mancherebbe Adolphos.. tutte le discussioni interessanti meritano di essere seguite :)

Grazie, numa, te ne saremmo grati!!

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  • 10 anni dopo...

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