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Stampi monetari in terra cotta del III secolo


grigioviola

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Se n'era parlato in diverse occasioni nel forum e un accenno l'avevo fatto in un post sulle tecnologie produttive dei radiati imitativi.

In questi giorni mi sono imbattuto in un articolo (in francese) e pur con qualche difficoltà mi son dato alla traduzione e alla stesura di uno scritto (una sorta di sintesi dell'articolo) che vi pubblico come spunto per ulteriori analisi e approfondimenti.

L'articolo, che si trova tranquillamente in rete, ha una ricchissima bibliografia per chi vuole addentrarsi nella materia ed è un'ottima sintesi degli studi noti fino al 2003 e quindi è materiale piuttosto recente. Buona lettura!

Articolo di base: Les moules monétaires en terre cuite du III siècle: cronologie et géographie, Gèrard Aubin, in Revue numismatique, n. 159, 2003, pp 125-162

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STAMPI MONETARI IN TERRA COTTA

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1. Il materiale noto.

J-P Callu nel suo libro La politique monetaire des empereurs romains de 238 à 311 del 1969 è stato il primo a fornire dei dati quantitativi sui quali argomentare e individuare una sistematizzazione cronologica degli stampi in terra cotta utilizzati per la produzione di monete romane (false e/o di necessità).

Prima di lui diversi autori avevano citato o descritto stampi, ma senza mai affrontare una sistematizzazione d’insieme.

Un corpus fondamentale dei repertori noti di questa particolare produzione lo si deve a J. Lallemand nel 1994, successivamente implementato con alcuni esemplari, all’epoca inediti o non ancora scoperti, da parte di G. Aubin nel 2003.

Aubin, arrivando a censire 142 ritrovamenti (singoli e in gruppo) di stampi monetari, fornisce un quadro statistico preciso sulla conoscenza documentata di questo materiale individuando sostanzialmente quattro gruppi di materiale utilizzabile per uno studio della materia:

  1. per 18 ritrovamenti su 142 (12%) c’è una dettagliata catalogazione
  2. 8 ritrovamenti su 142 (5%) presentano una decina di stampi descritti
  3. 101 ritrovamenti su 142 (71%) offrono notizie imprecise, indicano qualche nome di imperatore e si limitano a descrive pochissimi esemplari
  4. per 15 ritrovamenti su 142 (10%) viene semplicemente indicata la presenza generica di stampi in terracotta senza alcuna indicazione di genere

Nonostante ci sia un discreto quantitativo di materiale c’è al contempo una forte carenza documentaria, carenza spesso aggravata dallo stato di conservazione degli stampi stessi che in molte occasioni sono stati rinvenuti in frammenti. Proprio per la loro natura, infatti, questi oggetti non possono essere considerati alla stregua di strumenti seriali di un officina di coniazione in quanto il loro era un impiego prevalentemente di usa e getta.

Il materiale in qualche maniera noto e censito (reperibile bibliograficamente) è il seguente: 2455 stampi provenienti da Pachten (Germania), 103 stampi da Verbe-Incarné a Lyon (Francia), 34 stampi da Melun (Francia), 100 stampi da Chateaubleau (Francia) 699 stampi da Saint-Mard (Francia), 16 da Rumst (Belgio), una sessantina di stampi da Arras (Francia), 151 da Lyon (Francia), circa un migliaio a Augst (Svizzera).

2. Datazione.

L’attenzione sugli stampi viene generalmente catalizzata dal riconoscimento dell’impronta e dalla conseguente identificazione della moneta originale utilizzata per produrli creando così l’assunto consolidato della contemporaneità stampo/moneta. La produzione di questi materiali è concentrata tra il II e il III secolo con picchi in corrispondenza dei Severi, di Gordiano e Filippo e con una coda finale durante l’impero gallico.

Nello studio dei ritrovamenti multipli di stampi viene utilizzata l’impronta più recente per la datazione dell’intera produzione utilizzando la medesima tecnica di datazione dei ripostigli monetali, tuttavia questa interpretazione lascia aperte molte problematiche collegate al sistema di fabbricazione di monete fuse.

Gli stampi sono dotati di due valve indipendenti recanti una l’impronta del dritto e una del rovescio, tuttavia per realizzare una produzione seriale le valve venivano impilate in cilindri dove solamente le due estremità erano costituite da stampi singoli mentre quelli intermedi erano composti da valve accoppiate. I ritrovamenti hanno messo in luce come spesso le valve accoppiate presentassero dritti/rovesci non riconducibili allo stesso imperatore o alla stessa moneta: uno stampo proveniente da uno scavo a Corseul (Cotes-d’Armor) presenta su una faccia l’impronta di un dritto di un denario di Julia Domna e sull’altra faccia un rovescio di un antoniniano di Aureliano.

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Questo fatto crea ovviamente non poche perplessità e interrogativi per quanto riguarda una corretta datazione in quanto ci si trova di fronte a monete distanziate da un arco temporale piuttosto lungo (una sessantina d’anni) che ovviamente mettono in discussione la datazione di tutti gli stampi rinvenuti. Ci si trova di fronte a un fenomeno di falsificazione coevo o di poco posteriore rispetto gli originali oppure si tratta di una produzione realizzata in un periodo nettamente successivo alla coniazione delle monete falsificate? La presenza di ibridi realizzati a ridosso delle monete imitate non avrebbe forse creato qualche difficoltà di assorbimento nel flusso circolante?

Infine un'altra circostanza rende difficile una corretta identificazione cronologica della produzione degli stampi in terracotta: accanto al relativamente elevato numero di esemplari (e frammenti) scoperti c’è una elevata penuria di rinvenimenti di monete fuse… virtualmente sembrano non esserci monete prodotte da questi stampi e quelle che ci sono, sono in numero fortemente esiguo.

Un dato importante infatti per una collocazione temporale della produzione degli stampi in terracotta potrebbe venire dall’analisi della datazione dei ripostigli contenenti monete fuse. Gerard Aubin nel suo articolo fornisce questa tabella indicativa e non esaustiva dei ripostigli monetali utili a questa ricerca:

[ripostiglio] [num. monete] [num. monete fuse su imitate] [autorità imitata] [termine ripostiglio]

Eauzé > 28003 > 2? Su 25? > 1d Severo, 1d Julia Domna > 261

Saint-Boil > 7d + 515 ant. > 1/1 > 1 Postumo > 263

Cravent > 4410 > 7/122 (5,7%) > 3 Gordiano, 1 Filippo, 1 Volusiano, 2 Postumo > 270

Courcité > 3258 > 8 /124 (6,5%) > 2 Gordiano III, 1 Octacilia, 1 Decio, 1 Gallo, 3 Postumo > 271

Tournai > 1938 > 1/49 (2%) > 1 Postumo > 271 (281?)

Saint-Maximin > 1437 > 4/64 > 2 Postumo, 2 Tetrico II > 273

Marboué > 1684 > 3/27 > 1 Gallieno, 2 Postumo > 274

Aldbourne > 5077 > 10/266 (3,75%) > 1 Gallieno, 1 Claudio II, 1 Postumo, 2 Vittorino, 5 Tetrico > 274

Cunetio > 54951 > 64/2149 (3%) > da Gordiano a Claudio e Tetrico > 274

Bourg-Blanc > 1d. + 825 ant. > 1/4 > 1d Caracalla > 276

Rouilly-Sacey > 3598 > 10/3032 (0,3%) > 2 Gallieno, 3 Vittorino, 5 Tetrico > 278

Bus-la Mésière > 782 > 1/70 > 1 Tetrico II > 278

Goeblingen-Miecher > 2769 > 7/259 (2,7%) > 1d Severo Alessandro, 2 Postumo, 3 Vittorino, 1 Tetrico > 279

Coleby > 7767+ > 67/786 (8,5%) > 16 Gallieno, 3 Salonina, 2 Claudio II, 1 Postumo, 34 Vittorino, 11 Tetrico > 281

Chalfont > 6682 > 2/197 (1%) > 2 Postumo > 281

Tattershall Thrope > 5074 > 19/24 (6,6%) > 1 Gallieno, 1 Salonina, 1 Postumo, 7 Vittorino, 7 Tetrico, 1 radiato non identificabile > 281

Saint-Maurice-de-Gourdans > 1272 > 2/328 > (0,6%) > 2 Tetrico II > 284

Normamby > 47909 > 74/2262 (3,3%) da Gallieno a Probo > 289

Infine un ulteriore contributo, seppur frammentario, alla datazione degli stampi in terracotta arriva dalle analisi stratigrafiche archeologiche dei rinvenimenti singoli. Laddove d’aiuto, il dato emergente da queste analisi individua il termine di datazione nel III secolo, attestandolo principalmente attorno alla metà con qualche sconfinamento all’inizio del IV secolo.

3. Distribuzione geografica.

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Contrariamente a quanto si possa pensare, la diffusione degli stampi in terracotta non copre l’intera estensione dell’impero romano bensì risulta fortemente delimitata in Francia, Germania, Belgio e Bretagna in un area fortemente coincidente con l’impero gallico. Certo sono noti alcuni ritrovamenti fuori da questa macro area, tuttavia la maggiore concentrazione si ha in queste località: Bretagna (29 siti), Belgio (23 siti), area di Lyon (12 siti), Germania superiore (9 siti), Germania inferiore (5 siti), Aquitania (7 siti). Per quanto riguarda l’Italia è noto solamente un ritrovamento a Padova avvenuto nel 1972 di uno stampo riconducibile al periodo 193-218 d.C.

4. Ipotesi e conclusioni.

L’interpretazione dei dati raccolti si focalizza sul diramare di una duplice questione: si tratta di stampi realizzati per la produzione di moneta fraudolenta (falsi di origina privata) oppure di un rimedio ufficiale o quantomeno tollerato per sopperire la penuria di moneta circolante?

Due grossi studi si sono concentrati sul cercare di dare una soluzione o quantomeno un’interpretazione più sicura a questo fenomeno.

Il primo a opera di M. Andolfi basato sull’analisi di 2455 stampi in terracotta provenienti dalla città di Pachten da un sito riconducibile a un’officina di un artigiano falsificatore. Gli stampi identificati corrispondono a 141 monete originali: 114 denari da Commodo a Alessandro severo (più uno di Fustina II); 6 antoniniani di Julia Domna, Gordiano III, Filippo, T. Decio, T. Gallo e Valeriano II; 2 sesterzi di Marco Aurelio e Commodo e 19 assi da Marco Aurelio a Gordiano III. Un dato significativo riguarda lo stato di conservazione dei denari utilizzati per la realizzazione degli stampi che sono stati scelti pressoché fior di conio rispetto gli assi e i sesterzi. L’officina ha operato in un arco temporale che va dal 220 al 260 circa. Le osservazioni della Andolfi pongono l’accento sul fatto che tutta la produzione veniva realizzata in bronzo e leghe a pressoché nullo contenuto di argento anche nel caso di imitazione di denari, che il peso delle monete di bronzo imitate era inferiore dell’originale e che i prodotti realizzati dovevano servire il mercato locale e scomparvero al ripristinarsi del flusso monetario ufficiale.

Il secondo studio a opera di Pilon, riguarda l’officina individuata a Chateaubleau dove gli stampi sono stati utilizzati per produrre essenzialmente antoniniani e sesterzi di Postumo e in minima parte di Tetrico. L’officina era di una certa importanza e rimase in attività in un primo periodo dal 260 al 275 producendo monete di buona qualità sia fuse che coniate e sia in rame che argento e tutte di gran modulo. Una seconda fase produttiva è poi da ricondurre al 276-280 dove è attestata esclusivamente la produzione di radiati imitativi di bassa qualità chiaramente moneta di necessità). L’analisi di questo sito mette in stretta relazione la produzione di moneta fusa con il periodo d’esistenza dell’impero gallico creando uno stretto parallelo con la produzione dei radiati imitativi di necessità.

L’analisi dei dati non fornisce risposte certe, tuttavia è più che lecito supporre che la produzione dei denari fusi creati con stampi in terracotta sia da porre in relazione al periodo d’esistenza dell’impero Gallico e alla scomparsa che ci fu in quel periodo del numerario d’argento. Resta ancora da chiarire però se il fenomeno era dovuto alla confusione monetaria creatasi in quel periodo che permetteva e tollerava una simile produzione fraudolenta oppure alla reale necessità di mantenere nei flussi commerciali la presenza di monete in qualche modo riconducibili al denario.

In sintesi, quali considerazioni conclusive, si può affermare che nella stragrande maggioranza dei casi gli stampi in terracotta sicuramente devono essere considerati di fabbricazione posteriore rispetto l’impronta che recano e che il fenomeno di produzione di moneta fusa fu di tutt’altra entità (non minore, addirittura minima) rispetto alla produzione dei radiati imitativi.

Modificato da grigioviola
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ciao,articolo molto interessante grazie per averlo tradotto :good: ,come sempre vedo che questo periodo degli usurpatori nelle gallie britannia è parecchio controverso e ci sono tante ipotesi ma poche certezze....

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be' diciamo che nella storiografia ufficiale le fonti sono quel che sono e per quanto riguarda la produzione numismatica si può tranquillamente dire che sono poche e al tempo stesso molte! nel senso che ci sono moltissimi articoli, interventi sparsi su testi, cataloghi, riviste, atti di convegni, tesi di laurea... ma quello che manca è un vero e proprio lavoro sistematico che raggruppi un po' tutte queste fonti cercando di fare un po' il punto della situazione.

di aspetti da analizzare e tematiche da affrontare ce n'è un'infinità.... per limitarci al solo mondo numismatico si può dire che i ritrovamenti siano pressoché sterminati sia come ripostigli che come rinvenimenti singoli (in proporzione con i ritrovamenti di altre epoche).

se per tutto l'800 e parte del primo '900 lo studio si era limitato alla produzione "ufficiale" degli usurpatori, in anni più recenti le attenzioni si sono focalizzate molto anche sulla produzione imitativa e di materiale ce n'è... il difficile sta appunto nel reperirlo tutto e nel cercare di dargli una forma e di arrivare a delle conclusioni!

insomma... c'è molto da fare e molto da divertirsi!!!

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secondo me sono usati per fare falsi artigianali

difatti vengono usati per produrre denarii o sesterzi (che alla fine del III secolo non valevano piu` 1/8 di antoniniano ma ne parleremo in altra sede) e non radiati imitativi.

questi conii credo che fossero usa e getta o quasi quindi il volume di produzione dei radiati e` troppo grande per esser stati fatti cosi.

i radiati poi sono tutti o quasi battuti e non fusi

ciao

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ciao rick.

sì, se leggi l'articolo (e lo dico anche nel mio sunto) ci sono monete ottenute per fusione. però non sono molte. ho riportato la tabella con le monete ottenute per fusione trovate nei vari ripostigli. queste sono messe in relazione (laddove presenti) con le monete imitative e/o false ottenute per coniazione.

quello che rilevava l'autore dell'articolo è la relativa assenza di queste monete specie se confrontati gli esemplari noti con gli esemplari rinvenuti (o frammenti) degli stampi in terracotta.

gli stampi erano pressoché monouso, al massimo qualcuno poteva essere riutilizzato un paio di volte, ma la fraglità della terracotta e il sistema di produzione prevedevano un utilizzo "usa e getta".

i radiati imitativi sono prodotti per coniazione quasi nella loro totalità.

nel sito di chateaubleau, di cui avevo già parlato in un altro post, se non ricordo male sono state rinvenute anche monete fuse direttamente riconducibili a stampi in terracotta (credo sesterzi di Postumo). E' un sito su cui non è stato pubblicato tutto e molto è ancora in fase di studio.

molto probabilmente sì, erano utilizzati per produrre dei falsi artigianali con un occhio di riguardo ai denari degli imperatori che hanno preceduto l'impero gallico. la falsificazione di questi denari, spesso con dritti e rovesci di imperatori anche lontani nel tempo, era favorita dalla situazione dello stato del circolante durante l'impero gallico, specialmente dal post-Postumo (mi si passi il gioco di parole!). questo nella casistica più frequente, poi certo non sono da escludere falsi coevi o di poco posteriori ai denari imitati.

l'articolo completo (e molto corposo!) lo potete trovare qui: http://www.persee.fr..._num_6_159_2508 vi invito a leggerlo e a chi è interessato di andare a ritroso data la ricca bibliografia presente in calce.

il mio è solo un sunto e non ha alcuna pretesa di completezza!

Modificato da grigioviola
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Ciao Grigioviola,

vedo che la tua ricerca continua e con buoni risultati.

Interessante anche questo tuo riassunto sugli stampi in terracotta...

Ciao

Illyricum

:)

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grazie, diciamo che sono molto in una fase di raccolta materiale e le risorse che si trovano in rete, sapendo cercare, non son poche!

ho recuperato un altro articolo a firma si G. Aubin sugli stampi in terracotta. E' precedente rispetto all'altro suo scritto (1990) e quindi i dati rilevati e le ipotesi son tutte presenti nell'articolo di cui ho postato la traduzione riassunta. Tuttavia son poche paginette ben fatte e complete che si leggono con piacere, c'è meno carne al fuoco e quindi forse una più facile comprensione della materia e ci sono delle foto di stampi in terracotta molto interessanti. vi lascio il link http://www.persee.fr/articleAsPDF/galia_0016-4119_1990_num_47_1_2911/article_galia_0016-4119_1990_num_47_1_2911.pdf

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DE GREGE EPICURI Ciao Grigioviola, anni fa avevo collaborato con F.Bourbon per un articolo, uscito poi sul n. 46 di Monete Antiche(anno VIII, luglio-agosto 2009) "Suberati e denari di bronzo": se non lo hai visto, ti riassumo un paio di voci della bibliografia, che ci erano parse molto utili. Non so che cosa si trovi in rete, forse Guidarelli. 1) A.Kunisz, "La moneta di necessità nelle province romane e danubiane dell'impero romano, nella prima metà del III secolo", tratto dal seminario di Danzica dell'ott. 1978 a cura della Ecole Franç. de Rome e della Soc. Polacca di Numismatica. Si nota come nell'alto Reno e alto Danubio, numerose officine "non ufficiali" emisero imitazioni di denari, degli anni da Settimio ad Alessandro Severo; più rare quelle di periodi successivi...Tali imitazioni sono eseguite con metodi diversi: ci sono dei suberati, con strato superficiale di Ag, ma anche monete in lega di rame, debolmente argentate in superficie. Sono inoltre attestate molte monete fuse, in lega di argento di titolo analogo alle monete coeve. Tecniche produttive piuttosto primitive, il che spiega il gran numero di ibridi, anche di periodi un po' distanti. In alcuni ritrovamenti di quest'epoca compaiono anche numerosi stampi di fusione: a Pachten nella Saar furono rinvenuti 2500 stampi in argilla (M. Alfoeldi); servivano alla produzione di denari, ma anche assi e sesterzi imitanti quelli dei Severi. L'officina fu attiva specie fra il 220 e il 240, ma imitava anche monete più antiche (di S.Severo). Anche a Mainz sono stati trovati molti stampi di fusione... 2)Alessandro Guidarelli, "Denari fusi senza presenza di Ag nella monetazione di Settimio Severo", III Quaderno di Studi dell'Associazione Culturale Italia Numismatica, 2008. E' incentrato sulle scoperte di Fourvière, giardino del Verbe Incarné (presso Lione) del 1911, studiate anche da altri. Si tratta di numerose matrici per fondere denari, i quali presentavano un'alta percentuale di stagno, ma niente Ag; se n'era occupato Turcan (Trésors Monétaires, 1982, Tome IV). Al microscopio elettronico si è dimostrato che si trattava di una lega a struttura quaternaria: 50% rame, 45% stagno, 2,5% piombo e 2,5% zinco. Si trattava di una lega adatta alla sola fusione: per la elevata componenbte di stagno, in caso di coniazione la lega si sarebbe crepata. Lo stagno permetteva una grande scorrevolezza nella fusione, precisione nella definizione dei rilievi ed una colorazione analoga a quella dell'Ag.Dagli studi sulle matrici di Fourvière risulta che furono utilizzati circa 20 denari originali fior di conio per otrtenere le matrici in argilla refrattaria; Guidarelli riporta molte belle foto delle matrici.I fusi provenienti da Fourvière sono molto pochi, di elevato livello qualitativo, e "a vista" paiono coniati.

Modificato da gpittini
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i siti di Verbe Incarné e Pachten erano stati presi in analisi anche dall'autore dell'articolo che ho riassunto io e nella bibliografia infatti c'erano i riferimenti.

vedo se trovo Guidarelli in rete! grazie per le segnalazioni

intanto ho trovato un post in cui se ne parlava!

http://www.lamoneta.it/topic/37168-denario-di-bronzo/page__st__65

Modificato da grigioviola
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  • 6 anni dopo...

Grazie di questa interessantissima discussione… ci ho messo un po' a trovarla e ne avevo aperta una simile.

Sperando di fare cosa gradita, vi posto una foto di uno stampo che ho visto proprio a Lione, nel museo gallo-romano.

Un caro saluto

 

 

Moule.jpg

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io invece ho alcune monete in terracotta e non ho ancora capito se sono coeve e a che scopo le avrebbero fatte. (oltre che fregare i collezionisti)

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