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IGNORED

Il collezionismo è una manifestazione psicotica?


antvwaIa

Risposte migliori

ciao @@antvwaIa, complimenti...penso che hai individuato tutti i tic, le paure, le ansie, le gioie del collezionista numismatico..

Quante volte ho detto  questa è l'ultima, ma, poi, alla prima occasione, ci sono ricascato..

Così come spesso penso all'inutilità di collezionare dischetti di metallo...

Il collezionare monete a me è servito, soprattutto, a fare pace con la mia terra...

Le monete mi hanno portato a conoscere la sua storia ed ho cominciato a volere bene al mio Sud, a partire, territorialmente dalla Regio  I^ Augustea..

Saluti Eliodoro

Modificato da eliodoro
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Scrive @@papalcoins: "...Ci sono i "raccoglitori" che  mettono da parte qualsiasi cosa differisca dall'ordinario..."

 

Osservazione che mi pare molto centrata: mi domando se dietro al collezionismo non ci possa essere il desiderio di differenziarsi da una multitudine, identificandoci nell'oggetto della nostra collezione, che lo vediamo diverso dagli altri oggetti che pur gli rassomigliano.

 

Scrive @@Cinna74: "...Io penso che sia nella stessa natura umana raccogliere e "venerare" feticci..."

 

Un concetto che si ricollega a quello precedente. L'oggetto collezionato, in quanto diverso, diventa feticcio.

 

Il rapporto emotivo del collezionista con la sua collezione è molto simile a quello che il fedele ha con il feticcio venerato. Il rapporto con il feticcio, come con l'oggetto collezionato, è irrazionale (ma profondamente viscerale) e compulsivo.

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Condivido tutto quello che hai detto @@antvwaIa sui nostri difetti o sulle nostre patologie derivanti dall'irrefrenabile desiderio di possedere beni.

 

Il collezionismo, se gli viene tolto lo studio e tutto ciò che riguarda l'arte, diventa effettivamente una forma di accumulo.

 

Forse questo è un istinto innato, forse è un bisogno che tutti noi abbiamo, ma è di sicuro una sorta di copertina alla Linus alla quale ci aggrappiamo per sentirci meglio (forse una sorta di medicina antistress?).

 

 

(Caro antvwaIa al post #3 , in piccolo, mi hai descritto come un inquisitore (e forse in parte lo sono anche), ma non è corretto ciò che hai scritto.

Vorrei precisare che il mio disappunto era sulla legittimità giuridica di postare la foto di un minore senza l'autorizzazione di chi ne ha la tutela, in quanto non avevi detto che era un'immagine artefatta (anche se in merito esiste una strana norma sul cp in materia di pedopornografia VIRTUALE, ma lasciamo perdere). Quindi la storia è un tantino differente.

Scrivo ciò non tanto per polemizzare, ci mancherebbe, ma per far comprendere che le cose si devono dire in modo giusto. Nient'altro.

Nemici come prima :rofl: :rofl: :rofl:. Ops volevo dire Amici.

 

PS: pensando a nando12, ti dico subito che non ti voglio bannare)

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Nella figura, ricostruzione del volto di una ragazzina neandertaliana realizzata grazie alla collaborazione tra genetisti, anatomisti e archeologi. Avevo già postato in altra sezione questa stessa immagine, ma mi fu cassata da un moderatore in quanto un forista (che aveva avuto una digestione particolarmente difficile) mi accusò di postare immagini pedofile!!! Spero che stavolta ci sia più buon senso e che l'immagine non venga rimossa: mi pare che possa essere mostrare bene quale immagine errata abbiamo dell' homo neanderthaliensis che troppo spesso sciocche pubblicazioni e giornalisti poco informati hanno dipinto più simile a una scimmia che a un essere umano…

 

Antwala, ti chiederei gentilmente se puoi indicare la fonte esatta della foto, meglio ancora linkare la provenienza. Grazie

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"Esistono collezionisti che siano davvero solitari? Ovvero che collezionano qualcosa, non importa cosa, ma senza mai mostrare ad altri quanto da loro collezionato?"

 

Se esistono, provo molta tristezza per loro.

 

Collezionare qualcosa senza il piacere di condividere le proprie emozioni con altri, credo sia un vero e proprio disturbo comportamentale.

 

M.

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Vickydog: non ricordo l'origine di quell'immagine, molto nota e ripetutamente pubblicata nei testi di antropologia. Corrisponde a una delle prime ricostruzioni fatte dagli anatomisti a partire da un teschio di una ragazzina che un tempo era ritenuta essere cro-magnon, mentre ora l'analisi del DNA l'ha fatta riconoscere come neanderthaliano tardivo (l'esistenza del cro-magnon ora è posta in dubbio). Ora si dispone di tantissime immagini ricostruite molto accuratamente dagli anatomisti. Ma non vado avanti perché sarebbe davvero fuori tema.

 

Bizerba: anche a me pare che il collezionismo solitario sia qualcosa di molto triste. Andare con un gruppo di amici al bar a bersi una birra o un'aperitivo, è gradevolissimo: andarci soli è squallido (almeno lo è ai miei occhi).

 

Non colleziono più monete perché preferisco dedicarmi al loro studio, ma colleziono fotografie antiche, sebbene non in modo compulsivo. Questo mio collezionismo è fortemente socializzante: intercambio foto digitalizzate e ne discuto con tantissime persone. Credo che se diventasse un accumulare solitario, mi annoierei subito e smetterei.

Del collezionismo, ciò che più m'interessa è il suo aspetto psicologico e sociale: forse perché l'antropologia e la materia che più mi appassiona, più ancora della numismatica.

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"Bizerba: anche a me pare che il collezionismo solitario sia qualcosa di molto triste. Andare con un gruppo di amici al bar a bersi una birra o un'aperitivo, è gradevolissimo: andarci soli è squallido (almeno lo è ai miei occhi)."

 

Totalmente d'accordo con Te.

 

M.

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"Esistono collezionisti che siano davvero solitari? Ovvero che collezionano qualcosa, non importa cosa, ma senza mai mostrare ad altri quanto da loro collezionato?"

 

Se esistono, provo molta tristezza per loro.

 

Collezionare qualcosa senza il piacere di condividere le proprie emozioni con altri, credo sia un vero e proprio disturbo comportamentale.

 

M.

scriveva Eco ne "La misteriosa fiamma della Regina Loana": (cito con parole mie): "Che senso ha possedere una cinquecentina se poi si è costretti e determinati a tenerla nascosta a tutti, in una cassaforte?" (nel passo affrontava il discorso della fobia dei furti, se non ricordo male). Credo che questo si ricolleghi al tuo discorso. un saluto.

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Concordissimo sul fatto che collezionare da soli è tristissimo ma c'è anche da dire che molte volte nella condivisione si hanno delle piccole delusioni... Pensate che io oltre a mostrare e spiegare la mia collezione a tutte le persone che conosco ho anche regalato monete (mondiali comuni in particolar modo) praticamente a tutti nessuno escluso (persino a ragazze con cui ero uscito la prima volta :P) facendo sempre anche un piccolo accenno storico-culturale riguardo la moneta in questione ma quasi tutti alla fine non erano realmente interessati nonostante gli avesse fatto piacere il gesto. Molti ad esempio hanno perso le monete che gli ho regalato, uno aveva scarabocchiato con la penna su una banconota che gli regalai (un 500 Shilingi della Tanzania... aveva disegnato i bassi al Bufalo :D). Però io non demordo, è bellissimo condividere e poi una minima percentuale che si incuriosisce e mi pone domande comunque c'è :)

Modificato da Erdrückt
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 uno aveva scarabocchiato con la penna su una banconota che gli regalai (un 500 Shilingi della Tanzania... aveva disegnato i bassi al Bufalo :D

sto morendo!  :rofl:  :rofl:  :rofl:  :rofl:  :rofl:

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Uno dei più bei pezzi della mia collezione di fotografie antiche (tutte di tema indigenista: ne ho alcune centinaia). Famiglia mapuche, ca. 1870, fotografo Christian Enrique Valck (non credo di essere fuori tema perché la discussione riguarda il collezionismo in generale):

 

35bysmw.jpg

 

Una fotografia così ha senso unicamente se si hanno altre persone, ugualmente interessate, con le qualid discuterne: ovvero il collezionismo assume una dimensione di gruppo ed è coinvolgente. Se resta chiusa in un cassetto, senza che nessuno la veda, non ha più nessun senso.

 

Credo che l'impulso che spinge una persona a collezionare sia fortemente correlato al bisogno umano di dire "io mi manifesto nei confronti di un contesto e lo faccio avendo degli oggetti/feticci che altri ambiscono e invidiano". Credo che il collezionista ama essere invidiato per gli oggetti che possiede, ma ovviamente solo altre persone che collezionano in modo simile possono invidiarlo, e quindi apprezzarlo e quindi riconoscerlo.

Modificato da antvwaIa
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@@Lay11

 

Ecco più o meno così :D
 

170824fed80345ab0cf60d487b7f30a1_orig.pn

 

Ma questi sono solo piccoli esempi, qualcosa lo scrissi nel thread "Loro ci vedono così" dove ad esempio descrvo un episodio nel quale mostrai la collezione di 2 euro commemorativi (93 pezzi) a mio cognato spiegandogli qua e la i significati e quello alla fine se ne uscì dicendo "ua!! hai 186 euro qua dentro!!" :D

Modificato da Erdrückt
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Si parla di collezionisti più o meno solitari, così descrivevo nella realtà un collezionista anni fa, storia triste ma verissima, ma così è....anzi la mia percezione è che nel frattempo la solitudine, il stare lontani da tutto e tutti stia aumentando ed è ancora più evidente, ma non per volontà loro, per fattori vari chiamiamoli ambientali, e la storia raccontata ne è una grande dimostrazione, oggi il collezionismo, ma lo si vede anche sullo stesso forum, tranne rare eccezioni, non ha alcuna intenzione di mostrare e divulgare, i tre o quattro milanesi disponibili e divulgatori sono qui sul forum e dintorni e Milano, per quanto possa soffrire anch'essa, non è città da tre o quattro collezionisti ....che sia forum o altri ambiti, Circoli, associazioni, Società e altro ancora....questo è evidente.....

 

ttp://www.lamoneta.it/topic/67368-il-collezionista-solitario/

http://www.lamoneta.it/topic/67368-il-collezionista-solitario/?hl=%2Bcollezionista+%2Bsolitario

Modificato da dabbene
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Scrive @@papalcoins: "...Ci sono i "raccoglitori" che  mettono da parte qualsiasi cosa differisca dall'ordinario..."

 

Osservazione che mi pare molto centrata: mi domando se dietro al collezionismo non ci possa essere il desiderio di differenziarsi da una multitudine, identificandoci nell'oggetto della nostra collezione, che lo vediamo diverso dagli altri oggetti che pur gli rassomigliano.

************************

Scrive @@Cinna74: "...Io penso che sia nella stessa natura umana raccogliere e "venerare" feticci..."

 

Un concetto che si ricollega a quello precedente. L'oggetto collezionato, in quanto diverso, diventa feticcio.

 

Il rapporto emotivo del collezionista con la sua collezione è molto simile a quello che il fedele ha con il feticcio venerato. Il rapporto con il feticcio, come con l'oggetto collezionato, è irrazionale (ma profondamente viscerale) e compulsivo.

 

La prima osservazione, sul "differenziarsi dall'ordinario", è molto interessante. Ma va separata dai meccanismi di "identificazione nell'oggetto"....C'è sicuramente in gioco qualche meccanismo di "Identificazione" in senso freudiano, ma il discorso non si può chiudere così in fretta, è una questione molto complessa.

 

Anche riguardo al "feticcio".....io non rischierei ad addentrarmi in questo tema, perchè si sfocia nell'ambito delle parafilie, e quindi sul patologico, dove l' oggetto assume un significato sessuale, e diventa un sostituto dell'oggetto d'amore.

 

.

Interessante è anche l'osservazione di @@ARES III:

"Il collezionismo, se gli viene tolto lo studio e tutto ciò che riguarda l'arte, diventa effettivamente una forma di accumulo.

Forse questo è un istinto innato, forse è un bisogno che tutti noi abbiamo, ma è di sicuro una sorta di copertina alla Linus alla quale ci aggrappiamo per sentirci meglio (forse una sorta di medicina antistress?)."

 

 

************************************************

Alla base, sta sicuramente il "desiderare", elemento che è proprio della nostra natura.

 

A questo punto entra in gioco la questione del cosa, e direi anche del "come" desiderare;

questo dipende dal livello di razionalità che guida il processo,

che, a sua volta, dipende dallo stato psicologico in cui si trova il soggetto!...

 

Ecco, allora, i due casi "estremi":

 

1) il collezionismo vero e proprio, che è guidato da

- uno "studio", cioè da tutta una serie di "metodiche" che permettono di seguire un filo logico e di apprezzare i risultati di questo "applicarsi";

- dall' "arte", concetto da intendersi in modo molto ampio; è in gioco il "trovare piacere", cioè il godere del "bello" e del "desiderabile",

di qualcosa che è "diverso" dall'ordinario, qualcosa che "solo io ho".

 

Qui potrebbe entrare in gioco anche il fattore "evasione dalla realtà".....E qui sta il punto di divisione tra i due estremi:

perchè evadere??...

"Evado" dalla realtà, e acquisisco oggetti, per il piacere di acquisire del "bello" (1),

o per "calmare" sensazioni di disagio interiore? E veniamo al secondo caso:

 

2) l'accumulo compulsivo, che non è più "collezionismo"; infatti, i due fattori che ho menzionato sopra vengono a mancare o ad essere "distorti":

- la dimensione "artistica" viene a mancare, perchè non è più in gioco il piacere (ecco l'altro fattore chiave), come il "godere del bello e del desiderabile",

ma il portare a termine dei "rituali" compulsivi, anche molto complessi, volti allo "stare bene": la persona è "costretta" ad accumulare per eliminare le sensazioni negative che prova, o comunque il "dispiacere" di perdere qualcosa;

- la dimensione dello "studio" e dell' "applicazione" è completamente distorta: siamo nell'ambito della compulsione, dove tutti questi "rituali" (es. il sistemare le cose, mettere in un certo ordine, rispettare certi tempi,...) sono tutti volti all'eliminazione del disagio interiore.

 

 

Quindi, se nel primo caso l' "acquisire degli oggetti" può essere definito "collezionismo", perché non ha niente di patologico,

nel secondo caso non può più essere definito tale, 

e non è tanto una psicosi in sé, ma può esserne un sintomo...in parole povere, una sorta di "medicina antistress" di cui sopra.

Modificato da Georg
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La prima osservazione, sul "differenziarsi dall'ordinario", è molto interessante. Ma va separata dai meccanismi di "identificazione nell'oggetto"....C'è sicuramente in gioco qualche meccanismo di "Identificazione" in senso freudiano, ma il discorso non si può chiudere così in fretta, è una questione molto complessa.

 

Anche riguardo al "feticcio".....io non rischierei ad addentrarmi in questo tema, perchè si sfocia nell'ambito delle parafilie, e quindi sul patologico, dove l' oggetto assume un significato sessuale, e diventa un sostituto dell'oggetto d'amore.

 

.

Interessante è anche l'osservazione di @@ARES III:

"Il collezionismo, se gli viene tolto lo studio e tutto ciò che riguarda l'arte, diventa effettivamente una forma di accumulo.

Forse questo è un istinto innato, forse è un bisogno che tutti noi abbiamo, ma è di sicuro una sorta di copertina alla Linus alla quale ci aggrappiamo per sentirci meglio (forse una sorta di medicina antistress?)."

 

************************************************

Alla base, sta sicuramente il "desiderare", elemento che è proprio della nostra natura.

 

A questo punto entra in gioco la questione del cosa, e direi anche del "come" desiderare, 

e ciò dipende dalla situazione psicologica in cui si trova l'individuo;

possono accadere due cose, a seconda, appunto, di quanto il fattore razionale guidi il meccanismo dell' "avere",

due estremi:

1) il collezionismo vero e proprio, che è guidato da

- uno "studio", cioè da tutta una serie di "metodiche" che permettono di seguire un filo logico e di apprezzare i risultati di questo "applicarsi";

- dall' "arte", concetto da intendersi in modo molto ampio; è in gioco il "trovare piacere", cioè il godere del "bello" e del "desiderabile",

di qualcosa che è "diverso" dall'ordinario, qualcosa che "solo io ho".

 

Qui potrebbe entrare in gioco anche il fattore "evasione dalla realtà".....E qui sta il punto di divisione tra i due estremi:

perchè evadere??...

 

2) l'accumulo compulsivo, che non è più "collezionismo"; infatti, i due fattori che ho menzionato sopra vengono a mancare o ad essere "distorti":

- la dimensione "artistica" viene a mancare, perchè non è più in gioco il piacere (ecco l'altro fattore chiave), come il "godere del bello e del desiderabile",

ma il portare a termine dei "rituali" compulsivi, anche molto complessi, volti allo "stare bene": la persona è "costretta" ad accumulare per eliminare le sensazioni negative che prova, o comunque il "dispiacere" di perdere qualcosa;

- la dimensione dello "studio" e dell' "applicazione" è completamente distorta: siamo nell'ambito della compulsione, dove tutti questi "rituali" (es. il sistemare le cose, mettere in un certo ordine, rispettare certi tempi,...) sono tutti volti all'eliminazione del disagio interiore.

 

Condivido pienamente tutte queste osservazioni che arricchiscono moltissimo la discussione e la rendono più articolata e quindi più dibattibile nelle sue diverse componenti.

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Condivido pienamente tutte queste osservazioni che arricchiscono moltissimo la discussione e la rendono più articolata e quindi più dibattibile nelle sue diverse componenti.

 

...da prendere con cautela, eh? ;)...Le mie sono solo riflessioni...Ho cercato anche di "riassumere" gli spunti che sono stati dati finora,

cercando di ordinarli e di seguire un filo conduttore..

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Riprendo il concetto di "evasione dalla realtà", perchè mi sembra un po' il punto nodale.

 

Sia nel caso "normale" (il collezionismo vero e proprio), sia nel caso "patologico" (dell'accumulo compulsivo),

mi pare di intravedere, nei meccanismi psicologici sottostanti, una sorta di "desiderio di evasione" dalla realtà,

e di costruirsi un piccolo "mondo" personale nel quale "rifugiarsi".

 

Nel  primo caso l' "evasione" può essere guidata dal desiderio di oggetti che "differiscono dall'ordinario",

ma attenzione: questo "ordinario", non è detto che sia fonte di disagio!...

 

Ecco quello che differenzia il caso normale da quello patologico:

 

nel caso patologico, il soggetto, semplicemente, cerca e accumula oggetti,

ma senza un criterio apparente: non importa quanto "differiscano dall'ordinario",

perché il suo scopo non è più la ricerca di un piacere da elementi esterni,

quanto la cessazione di un dolore,

che si cerca di "spegnere" con il comportamento compulsivo,

comportamento che, spesso, neanche il soggetto stesso riesce a "spiegare"....

"Deve farlo",punto e basta.

 

Nel caso "normale", c'è un desiderio di "evasione dall'ordinario" inteso come "quotidianità", un' evasione tesa alla ricerca di un piacere dato da qualcosa di diverso, nella fattispecie di "particolare", di "prezioso", di "gradevole";

 

nel caso patologico, c'è un desiderio di evasione da un disagio interiore,

e questo si può manifestare con l'accumulo compulsivo di oggetti, la ricerca dei quali non ha più nessun criterio.

Modificato da Georg
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Riprendo il concetto di "evasione dalla realtà", perchè mi sembra un po' il punto nodale.

 

Sia nel caso "normale" (il collezionismo vero e proprio), sia nel caso "patologico" (dell'accumulo compulsivo),

mi pare di intravedere, nei meccanismi psicologici sottostanti, una sorta di "desiderio di evasione" dalla realtà,

e di costruirsi un piccolo "mondo" personale nel quale "rifugiarsi".

 

Nel  primo caso l' "evasione" può essere guidata dal desiderio di oggetti che "differiscono dall'ordinario",

ma attenzione: questo "ordinario", non è detto che sia fonte di disagio!...

 

Ecco quello che differenzia il caso normale da quello patologico:

 

nel caso patologico, il soggetto, semplicemente, cerca e accumula oggetti,

ma senza un criterio apparente: non importa quanto "differiscano dall'ordinario",

perché il suo scopo non è più la ricerca di un piacere da elementi esterni,

quanto la cessazione di un dolore,

che si cerca di "spegnere" con il comportamento compulsivo,

comportamento che, spesso, neanche il soggetto stesso riesce a "spiegare"....

"Deve farlo",punto e basta.

 

Nel caso "normale", c'è un desiderio di "evasione dall'ordinario" inteso come "quotidianità", un' evasione tesa alla ricerca di un piacere dato da qualcosa di diverso, nella fattispecie di "particolare", di "prezioso", di "gradevole";

 

nel caso patologico, c'è un desiderio di evasione da un disagio interiore,

e questo si può manifestare con l'accumulo compulsivo di oggetti, la ricerca dei quali non ha più nessun criterio.

Hai dato una corretta definizione di accumulo compulsivo patalogico, ma

anche il collezionista attento che si studia e ristudia le monete sognando sia quelle che non ha, sia quello che potrebbero aver visto quelle possedute, che storie potrebbero raccontare, chi le ha avute per le mani e dopo sente l'istinto irrefrenabile di cercare cercare fino a trovare l'oggetto del desiderio e poi magari fa una pazzia per portarlo casa, mi chiedo, non e' altrettanto patalogico ?

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Awards

Uno dei più bei pezzi della mia collezione di fotografie antiche (tutte di tema indigenista: ne ho alcune centinaia). Famiglia mapuche, ca. 1870, fotografo Christian Enrique Valck (non credo di essere fuori tema perché la discussione riguarda il collezionismo in generale):

 

35bysmw.jpg

 

Una fotografia così ha senso unicamente se si hanno altre persone, ugualmente interessate, con le qualid discuterne: ovvero il collezionismo assume una dimensione di gruppo ed è coinvolgente. Se resta chiusa in un cassetto, senza che nessuno la veda, non ha più nessun senso.

 

Credo che l'impulso che spinge una persona a collezionare sia fortemente correlato al bisogno umano di dire "io mi manifesto nei confronti di un contesto e lo faccio avendo degli oggetti/feticci che altri ambiscono e invidiano". Credo che il collezionista ama essere invidiato per gli oggetti che possiede, ma ovviamente solo altre persone che collezionano in modo simile possono invidiarlo, e quindi apprezzarlo e quindi riconoscerlo.

Non è solo la fotografia,ma qualsiasi ramo del collezionismo

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Awards

Discussione interessante @Antvwala....

 

 

Resta ai miei occhi un'incognita il perchè la "malattia" del collezionismo contagi principalmente gli uomini e non le donne le quali, seppur intelligenti e di ottima cultura, sembrano esserne immuni. Almeno nell'80% dei casi (viceversa gli uomini, direi colpiti dal virus almeno nell'80% dei casi)

 

Sai darmi una spiegazione ?

 

 

Ciao

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Hai dato una corretta definizione di accumulo compulsivo patalogico, ma

anche il collezionista attento che si studia e ristudia le monete sognando sia quelle che non ha, sia quello che potrebbero aver visto quelle possedute, che storie potrebbero raccontare, chi le ha avute per le mani e dopo sente l'istinto irrefrenabile di cercare cercare fino a trovare l'oggetto del desiderio e poi magari fa una pazzia per portarlo casa, mi chiedo, non e' altrettanto patalogico ?

 

Va valutato il quadro psicologico generale...

Se, alla fine, viene fuori che tutti questi comportamenti, in realtà, fanno parte di una sindrome compulsiva volta a "spegnere" un disagio interiore di altro tipo....è patologico.

Altrimenti, fanno parte della "sana" sintomatologia di qualsiasi collezionista!;)...

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