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IGNORED

Una fonte del 1908 insolita e sorprendente


Mr. Coin

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Salve a tutti. Abbiamo già discusso varie volte riguardo la circolazione monetaria dei primi del '900; più di una volta è stato ribadito il concetto degli scudi che venivano utilizzati quasi solo per grandi transazioni e che comunque in quegli anni non circolavano più, sostituiti dalle banconote. Eppure, credo di aver trovato una fonte dell'epoca che sembra dimostrare ben altro. Si tratta nientemeno che di un passo del Giornalino di Gian Burrasca, di Vamba (pseudonimo di Luigi Bertelli), pubblicato a puntate tra il 1908 e il 1909, ed ambientato tra il 1905 e il 1906. Ebbene, per nostra sorpresa, c'è scritto testualmente in una pagina:

[...]

19 ottobre

Stamani Luisa mi ha condotto in camera sua, mi ha baciato e con le lacrime agli occhi mi ha regalato un bello scudo d'argento dicendomi, come al solito, di esser buono, di non fare sciocchezze, perché in casa col da fare che c'è per i preparativi dello sposalizio nessuno può badare a me... L'ho sempre detto io, che Luisa è la migliore di tutte. Ho preso lo scudo e via, a mettere in esecuzione la mia idea. Ho comprato dodici razzi col fischio, sei candele romane, otto tippi-tappi, quattro belle girandole e altri fuochi artificiali tutti svariati, coi quali festeggerò gli sposi la sera del matrimonio, in giardino.

[...]

Naturalmente, è fuori discussione il fatto che Gian Burrasca aveva una famiglia borghese dalle abitudini e dalle possibilità economiche ben diverse rispetto a quelle della maggioranza delle persone. Nè, tantomeno, mi interessa in questa sede discutere riguardo il potere d'acquisto di uno scudo in quegli anni o del suo valore attualizzato. Quello che trovo assai significativo è il fatto che, in questo passo qualsiasi di quel libro per ragazzi, venisse considerato lo scudo come una moneta ben nota al pubblico giovane di allora, e quindi senza bisogno di ulteriori spiegazioni (neanche di indicarne il valore facciale). Ma, soprattutto, sembra mostrare chiaramente che allora recarsi in un negozio in città (in questo caso Firenze) e fare acquisti pagando con un singolo scudo fosse una cosa magari non comunissima, ma perfettamente normale: ovviamente, non poteva che trattarsi di uno scudo di un sovrano precedente e quindi coniato almeno una trentina d'anni prima. Forse è un po' poco, ma mi sembra che porti a dover necessariamente rivedere i "preconcetti" che avevamo sulla circolazione monetaria di quel periodo. Il tutto si sposa poi perfettamente con il fatto dello scudo del 1911 per richiedere il quale occorreva fornire uno scudo vecchio, ed apre nuove possibili considerazioni sullo scudo del 1914, che evidentemente non era poi così avulso dalla circolazione, come tipologia monetale.

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Supporter

Interessante spunto, da approfondire senz'altro. Uno stimolo a riprendere in mano alcune opere a cavallo del secolo scorso e vedere se si riescono a scovare passi che tertimonino le abitudini con il maneggiar moneta di quel periodo.

Forse però qualcuno lo ha già fatto: ho trovato queste due discussioni lontane oltre 10 anni e non particolarmente visitate: potrebbero essere riprese e ampliate...

 

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2 ore fa, [email protected] dice:

Forse però qualcuno lo ha già fatto: ho trovato queste due discussioni lontane oltre 10 anni e non particolarmente visitate: potrebbero essere riprese e ampliate...

 

Ho unito le due discussioni da te ottimamente segnalate in una sola, avevano anche lo stesso titolo...

Saluti

Simone

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Anche io penso che fosse perfettamente normale pagare con scudi d'argento e, direi, anche con moneta aurea, fino allo scoppio della grande guerra. Sicuramente era più comune nelle aree rurali che nelle città, un po' come negli Stati Uniti è rimasta a lungo la preferenza per i grandi dollari d'argento negli stati del "west" mentre nelle grandi città della costa atlantica si era imposto definitivamente il biglietto di pari valore.

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Esatto quello che afferma @Burkhard,  fin all'inizio della I guerra mondiale, parlo per la mia zona, il Piemonte, il bestiame  al mercato si commerciava SOLO con moneta aurea ( marenghi ) non che fosse proibito pagarla con la carta, però era quasi un punto d'onere saldarla in oro, e quasi un demerito dell'acquirente saldare  con carta.

saluti

TIBERIVS

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Il 12/5/2020 alle 11:59, [email protected] dice:

ho trovato queste due discussioni lontane oltre 10 anni e non particolarmente visitate: potrebbero essere riprese e ampliate

Bellissime discussioni. Varrebbe sì la pena di continuare.

 

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Il 11/5/2020 alle 23:58, Mr. Coin dice:

Ma, soprattutto, sembra mostrare chiaramente che allora recarsi in un negozio in città (in questo caso Firenze) e fare acquisti pagando con un singolo scudo fosse una cosa magari non comunissima, ma perfettamente normale: ovviamente, non poteva che trattarsi di uno scudo di un sovrano precedente e quindi coniato almeno una trentina d'anni prima. Forse è un po' poco, ma mi sembra che porti a dover necessariamente rivedere i "preconcetti" che avevamo sulla circolazione monetaria di quel periodo. Il tutto si sposa poi perfettamente con il fatto dello scudo del 1911 per richiedere il quale occorreva fornire uno scudo vecchio, ed apre nuove possibili considerazioni sullo scudo del 1914, che evidentemente non era poi così avulso dalla circolazione, come tipologia monetale.

Lo spunto, lo ripeto, mi sembra interessantissimo, tuttavia non credo ci sia molto da rivedere sulle affermazioni che si fanno su questa piattaforma da 10 anni a questa parte in merito alla circolazione monetaria a cavallo tra '800 e '900. Infatti non credo che ci sia mai stato qualcuno qui che negasse con assoluta certezza un seppur minimo scambio di scudi in quel periodo. Chi eventualmente dovesse averlo fatto, immagino che parlasse in termini macroeconomici, dove una circolazione è tale solo se massiccia, quotidiana. Secondo me, il fatto che Gian Burrasca, in questo brano riportato, vada a far compere con uno scudo, non può farci automaticamente dire che forse era "normale" nel senso di "quotidiano". Potremmo forse dire che era "normale" nel senso di "unanimemente accettato". Siamo pur sempre in un epoca di identità tra intrinseco e nominale, fluttuazioni a parte della materia prima. Magari quello scudo era in un portagioie, assimilato quasi a un gioiello piuttosto che a un mezzo di pagamento...

Non dobbiamo peraltro confondere circolazione monetaria e scambio di metallo prezioso monetato.

No, in effetti, non credo che la testimonianza di Gian Burrasca ripresa ottimamente da @Mr. CoinCoin sposti molto l'ago delle nostre dichiarazioni. Secondo me bisogna solo lavorare di lima sulle sfumature di significato delle parole che utilizziamo. Potremmo allora dire, al di là di ogni esegesi dell'opera di Vamba, che fare acquisti in un negozio in quegli anni pagando con degli scudi non era normale, non era pratica comune, eppure forse accadeva.

 

Geniale, secondo me, l'intuizione e la riflessione di Mr. Coin sulla possibilità che la popolazione giovanile di allora potesse ancora figurarsi in modo nitido l'immagine degli scudi nonostante la scarsa circolazione  reale del pezzo. Forse davvero i portagioie delle famiglie benestanti erano pieni di scudi. Sappiamo bene d'altronde come gli scudi venissero tesaurizzati.

 

Altre opinioni in merito?

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15 ore fa, TIBERIVS dice:

Esatto quello che afferma @Burkhard,  fin all'inizio della I guerra mondiale, parlo per la mia zona, il Piemonte, il bestiame  al mercato si commerciava SOLO con moneta aurea ( marenghi ) non che fosse proibito pagarla con la carta, però era quasi un punto d'onere saldarla in oro, e quasi un demerito dell'acquirente saldare  con carta.

saluti

TIBERIVS

Mi viene in mente il film "L'albero degli zoccoli" di Olmi, quando un tizio, povero contadino o povero bracciante non saprei dire, trova per terra durante un assembramento di persone una moneta d'oro, presumibilmente un 20 lire di Umberto I. Siamo anche lì credo a cavallo tra '800 e '900 nella bergamasca. E ho sempre immaginato il tizio fare propositi di acquisto di una bella mucca pagandola col marengo. Peccato poi che la moneta vada persa.

?

 

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Il 15/5/2020 alle 08:44, sdy82 dice:

Lo spunto, lo ripeto, mi sembra interessantissimo, tuttavia non credo ci sia molto da rivedere sulle affermazioni che si fanno su questa piattaforma da 10 anni a questa parte in merito alla circolazione monetaria a cavallo tra '800 e '900. Infatti non credo che ci sia mai stato qualcuno qui che negasse con assoluta certezza un seppur minimo scambio di scudi in quel periodo. Chi eventualmente dovesse averlo fatto, immagino che parlasse in termini macroeconomici, dove una circolazione è tale solo se massiccia, quotidiana. Secondo me, il fatto che Gian Burrasca, in questo brano riportato, vada a far compere con uno scudo, non può farci automaticamente dire che forse era "normale" nel senso di "quotidiano". Potremmo forse dire che era "normale" nel senso di "unanimemente accettato". Siamo pur sempre in un epoca di identità tra intrinseco e nominale, fluttuazioni a parte della materia prima. Magari quello scudo era in un portagioie, assimilato quasi a un gioiello piuttosto che a un mezzo di pagamento...

Non dobbiamo peraltro confondere circolazione monetaria e scambio di metallo prezioso monetato.

No, in effetti, non credo che la testimonianza di Gian Burrasca ripresa ottimamente da @Mr. CoinCoin sposti molto l'ago delle nostre dichiarazioni. Secondo me bisogna solo lavorare di lima sulle sfumature di significato delle parole che utilizziamo. Potremmo allora dire, al di là di ogni esegesi dell'opera di Vamba, che fare acquisti in un negozio in quegli anni pagando con degli scudi non era normale, non era pratica comune, eppure forse accadeva.

 

Geniale, secondo me, l'intuizione e la riflessione di Mr. Coin sulla possibilità che la popolazione giovanile di allora potesse ancora figurarsi in modo nitido l'immagine degli scudi nonostante la scarsa circolazione  reale del pezzo. Forse davvero i portagioie delle famiglie benestanti erano pieni di scudi. Sappiamo bene d'altronde come gli scudi venissero tesaurizzati.

 

Altre opinioni in merito?

Salve, grazie mille per l'apprezzamento. Non sono sicuro, però, che la parola "tesaurizzazione" sia il termine corretto riguardo gli scudi: questa, correggetemi se sbaglio, ha luogo quando vengono tolte dalla circolazione e accumulate delle monete in metallo prezioso il cui valore intrinseco si ritiene possa superare quello nominale, come avvenne negli anni '60 per le 500 lire d'argento, ma anche nel 1916/17 con gli spezzati d'argento, come le 1-2 lire quadriga briosa, che a causa del valore dell'argento allora in salita a causa della guerra, vennero tesaurizzate e ben presto poste fuori corso. Al contrario, le loro versioni precedenti "quadriga lenta" e "aquila sabauda" circolarono normalmente e per diversi anni, in quanto il valore dell'argento prima del 1914 fu stabile. Naturalmente, circolarono di più le banconote, su questo non c'è dubbio, ma non credo ci sia nemmeno sul fatto che gli spezzati d'argento in quegli anni circolarono anch'essi con normalità, sebbene in quantità nettamente minore rispetto alle banconote (e, non lo dimentichiamo, allora continuavano a circolare anche gli spezzati omologhi dei sovrani precedenti). Molti sostengono che fin dai tempi di V.E.II lo scudo, a differenza degli spezzati, non veniva usato normalmente anche singolo per le piccole spese quotidiane ma quasi solo in grandi quantità per acquisti importanti, allo stesso modo dei marenghi. Tuttavia, personalmente sono abbastanza scettico al riguardo, e ciò perché faccio riferimento al valore che avevano quelle monete: se erano di uso comune la moneta da 1 lira e quella 2 lire, non trovo il motivo per cui non dovesse esserlo anche la 5 lire, anch'essa coniata in milioni di esemplari. Trovare il resto per uno scudo nella quotidianità del piccolo commercio di allora non doveva essere affatto difficile, un po' come avviene per le banconote di 50 euro di oggi: un pochino scomode, ma nulla più, ed allo stesso tempo una cifra sostanziosa: io paragonerei proprio ad esse, in modo approssimativo, il valore ed il ruolo economico degli scudi del tempo, compreso quello ricevuto in dono da Gian Burrasca. Dico approssimativo in particolare al ribasso perché non credo che il valore attualizzato, comparato con i prezzi dei beni acquistabili, arrivi a 50 euro. Comunque, certamente il marengo era molto meno comodo e probabile da trovare in circolazione, ma non dobbiamo dimenticare che allora l'oro valeva molto meno ed il fatto che queste monete d'oro valgono molto più oggi, come intrinseco, che non allora come facciale (che, appunto, era praticamente la stessa cosa).

Analogamente, mi sento di escludere che l'acquisto fatto di Gian Burrasca sia avvenuto considerando lo scudo come un lingotto. Non sarebbe stato logico, essendo il valore intrinseco non superiore al facciale. Inoltre, come già notavo, credo sia sorprendente il fatto che in un libro per ragazzi di allora si parlasse di scudi come di un qualcosa di noto anche ai ragazzi stessi e per cui non occorrevano ulteriori specificazioni. Ciò va senz'altro a favore di una circolazione, all'epoca, meno occasionale di quanto si possa pensare oggi e si sposa bene non solo con il fatto dell'articolo di giornale del 1911 in cui per avere il nuovo scudo da collezione occorreva fornire uno scudo vecchio, ma anche con il fatto dello scudo del 1914, di cui peraltro non c'è prova di una modalità di richiesta analoga e che, comunque, non ne esclude una seppur minima circolazione possibile senza stupire più di tanto i negozianti, se non per la scoperta dell'avvenuta coniazione di una nuova tipologia. 

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Buonasera, volevo se puo interessare, portare un piccolo contributo alla discussione. Conservo le lettere scritte a mio bisnonno nei primi decenni del Novecento dai suoi zii materni emigrati in America; una di queste parla di monete...

In pratica mio bisnonno chiede se gli spettasse qualcosa come eredità della sua defunta madre, la risposta degli zii è negativa; e la spiegazione...

Cito testualmente: " quando tuo padre è morto lasciò tua madre molto stretta di avere moneta e allora si rivolgeva sempre alla nostra famiglia, che delle volte passavano 15 o 20 giorni che lei vedesse qualche Scudo... Cosi ci davamo dell'acconto sulla dote, e nel 1890 le dovevamo ancora 18 marenghini e abbiamo arrangiato tutto cedendole una piccola vacca o manza o cosa era..."

Tenete conto che la mia era una povera famiglia contadina dell'entroterra genovese, difatti i piu tanti erano emigrati in America... Però parla di Scudi. E poi cosa intenderà per " marenghini" ? Marenghi? 360 lire poteva essere il valore di una mucca nel 1890?

Saluti e grazie per l'attenzione

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40 minuti fa, Chiappara Fabio dice:

Buonasera, volevo se puo interessare, portare un piccolo contributo alla discussione. Conservo le lettere scritte a mio bisnonno nei primi decenni del Novecento dai suoi zii materni emigrati in America; una di queste parla di monete...

In pratica mio bisnonno chiede se gli spettasse qualcosa come eredità della sua defunta madre, la risposta degli zii è negativa; e la spiegazione...

Cito testualmente: " quando tuo padre è morto lasciò tua madre molto stretta di avere moneta e allora si rivolgeva sempre alla nostra famiglia, che delle volte passavano 15 o 20 giorni che lei vedesse qualche Scudo... Cosi ci davamo dell'acconto sulla dote, e nel 1890 le dovevamo ancora 18 marenghini e abbiamo arrangiato tutto cedendole una piccola vacca o manza o cosa era..."

Tenete conto che la mia era una povera famiglia contadina dell'entroterra genovese, difatti i piu tanti erano emigrati in America... Però parla di Scudi. E poi cosa intenderà per " marenghini" ? Marenghi? 360 lire poteva essere il valore di una mucca nel 1890?

Saluti e grazie per l'attenzione

Per marenghi s'intende sicuramente la moneta da 20 lire, poi non so dirti quanto valeva una mucca nel 1890....

saluti

TIBERIVS

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Nel suo Egy polgár vallomásai (tradotto in italiano come "Memorie di un borghese"), scritto tra il 1934 e il 1935, Sándor Márai descrive la sua infanzia in una famiglia agiata di una piccola città di provincia dell'Impero austro-ungarico, Kassa (oggi Košice in Slovacchia). Parlando della sua educazione elementare, siamo quindi intorno al 1910, così si esprime: "Dopo ogni esame le consegnavo [all'insegnante privata] venti monete d'oro chiuse in una busta; mio padre, rispettoso delle buone usanze, versava sempre l'onorario in metallo pregiato". Direi che qui, come nel caso del bestiame citato da @TIBERIVS, si può parlare di una modalità di pagamento considerata più "onorevole", più "signorile" rispetto a quella con moneta cartacea. Siamo in Ungheria e non in Italia ma presumo che le usanze dovessero più o meno essere le stesse in quegli anni.

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Nella monografia di Lefevre, "La circolazione metallica nel Regno d'Italia 1862-1930", viene chiaramente detto che alla data che a noi interessa , il 1908, effettivamente esisteva una circolazione di scudi argentei, anche se sottoposti a un graduale ritiro .

immagine.thumb.png.02df756900ebc672bc1d455b122bc679.png

Inoltre, conferma una "dignitosa e onorevole" circolazione di moneta metallica nel Regno, aurea e argentea, che cesserà soltanto a causa della grande Guerra.

immagine.thumb.png.e38b01474e18e0028d9dd4ccf89f8412.png

 

Modificato da Saturno
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  • uzifox ha evidenziato questo topic come importante

Salve a tutti.

Allora, provo un po' a ricapitolare.

Siamo partiti pensando: "Ecco un'altra prova secondo cui la circolazione degli scudi a inizio '900 in Italia sarebbe stata più ordinaria di quanto si creda."
Il fatto da più fonti accertato che alcune transizioni commerciali sia in Italia che all'estero avvenissero tramite pagamenti in moneta preziosa comprova peraltro l'assunto iniziale. Anche lo stato di conservazione di molti scudi di V.E.II e di U.I potrebbero comprovare una circolazione più ordinaria di quanto si creda all'inizio del '900. Non dimentichiamoci tuttavia della circolazione delle banconote che stava soppiantando l'uso delle monete preziose. Ed è qui che si innestano fenomeni di tesaurizzazione delle monete preziose nei confronti della carta con gli stessi nominali. Rimangono poi anche i dubbi sugli scudi di V.E.III. La tiratura degli scudi del 50° è debole solo perché, oltre alle banconote, c'erano già gli scudi dei sovrani precedenti a fungere come mezzo di pagamento?

Lo studio del Lefèvre ci dice tante cose importanti, però forse parlando di circolazione lui non distingue veramente tra uso quotidiano, tesaurizzazione privata e accantonamenti degli istituti bancari. E nessuno qui mette in dubbio che gli scudi e le altre monete preziose "circolassero" nei forzieri delle banche, delle istituzioni e dei faccendieri. Qui si cerca di capire quale fosse l'uso degli scudi da parte della popolazione borghese e rurale benestante, cioè quella fascia sociale a cui apparteneva Gian Burrasca.
A me interessano sempre tanto le notizie sulla circolazione quotidiana che si possono ritrovare nei film, nella corrispondenza privata, nella letteratura, però per poter considerare quelle notizie fonti scientifiche affidabili e univoche, bisognerebbe presumere che gli autori dei copioni, delle lettere e dei romanzi in oggetto abbiano usato con cognizione di causa i termini numismatici, senza cioè slittamenti di significato.

La domanda è questa: le minute transazioni commerciali (mi sembra plausibile il paragone con i 50 euro, tenendo conto, come ha già fatto Mr.Coin, delle enormi e varie differenze con il tempo nostro) attraverso gli scudi , come quella messa in atto da Gian Burrasca, accadevano quotidianamente, occasionalmente oppure mai ai primi del '900? Io escluderei l'ipotesi del "mai" e del "quotidianamente" e, in assenza di altre prove dirette e inconfutabili, mi terrei sull'"occasionalmente".

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Il 17/5/2020 alle 23:41, Chiappara Fabio dice:

Cito testualmente: " quando tuo padre è morto lasciò tua madre molto stretta di avere moneta e allora si rivolgeva sempre alla nostra famiglia, che delle volte passavano 15 o 20 giorni che lei vedesse qualche Scudo... Cosi ci davamo dell'acconto sulla dote, e nel 1890 le dovevamo ancora 18 marenghini e abbiamo arrangiato tutto cedendole una piccola vacca o manza o cosa era..."

Grazie molte per aver condiviso con noi questa notizia. Davvero bella!

Forse per "marenghini" si intendevano le 10 lire in oro? Forse è solo un vezzo?

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23 minuti fa, sdy82 dice:

Forse per "marenghini" si intendevano le 10 lire in oro? Forse è solo un vezzo

Non so... Cercando in rete ho trovato soltanto lo stralcio di un documento di una cooperativa toscana, risalente al 1915, in cui determinavano il valore di 9000 capi di bestiame in 4 milioni di lire, ossia 444 lire a capo. E quindi possibile che a fine '800 una piccola vacca fosse valutata 360 lire... Ossia 18 Marenghi.

Saluti

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  • ADMIN
Staff

18 marenghi sono ad oggi circa 5.300 euri. Sarebbe interessante sapere il costo di un capo di bestiame oggi (ammetto la mia totale ignoranza in merito).

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Supporter
Il 24/5/2020 alle 23:23, incuso dice:

18 marenghi sono ad oggi circa 5.300 euri. Sarebbe interessante sapere il costo di un capo di bestiame oggi (ammetto la mia totale ignoranza in merito).

In base alla tabella dell'inflazione (non il valore dell'oro) dovrebbero equivalere a circa 1800 Euro (1 lira=5 euro odierni). Cercando online, ho visto prezzi che variano da un minino di 1500 Euro fino a 5000 per le più pregiate per una mucca. Naturalmente mi aspetto che all'epoca le vacche fossero più comuni e costassero, in proporzione, meno di ora. 

Modificato da azaad
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  • 7 mesi dopo...

Mi permetto di riportare quanto raccontatomi da un conoscente:

"Mio nonno aveva una chiatta per l'arrtaversamento del Po all'altezza; presumibilente, dell'attuale ponte di Casalgrasso (Cn), quando un uomo minuto s dai modi gentili, chiedendogli di poert  attraversare, gli chiese cosa ne pensasse del Re, e questi ripose: "Io so solo che è più o meno alto come me... Mi va bene".

Fatto il viaggio, l'omino [Vittorio Emanuele III, si scoprì poi - non chidetemi come] regalò al barcaiolo uno scudo"

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