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GRADI DI RARITA'


elledi

Risposte migliori

La rarità di una moneta non avviene tramite le varianti ad esempio, non è perchè la legenda è diversa da un altra che da R si passa a R5 o R10 come scritto da qualcuno.

 

la rarità di una moneta è dettata dal cliente, se la domanda è superiore all'offerta del mercato, tale moneta sarà estremamente rara e prestigiosa (ne possono essere passate anche 20 negli ultimi 10 anni ma può essere R5 e avere prezzi da capogiro)

 

molti fanno l'errore di prendere monete in MB credendole R5 o R6 per differenze di conio, posizione di data, legenda ecc...

ma una moneta che è R o C se presenta una differenza non è che diventa unica o prestigiosa, sono semplicemente differenze.

 

sono le Tipologie a dettar Legge e le monete estremamente rare e prestigiose sono ben descritte non da un Catalogo, ma da tutti.

 

avviene oggi che cataloghi più moderni riferiscano rarità diverse dai libri passati, bhè sono solo mode o pareri, monete che ormaì hanno secoli e secoli, le rarità erano già ben espresse 30/50 anni fa.

 

vorreì anche definire un concetto che tanti non intuiscono o fanno finta di intuire e valutare, una moneta di rarità C (comune ) in BB ne è pieno il mondo ma in FDC o eccezionale diventa come un R4 diventa introvabile ed avrò una richiesta di mercato notevole.

 

mentre una  R3 R4 in MB o appiccagnolata o montata rimarrà sempre al palo.

 

saluti

fofo

 Basta leggere questo intervento per capire come non possiamo (!!!!!!!!!!!!!) metterci d'accordo.

Collezioniamo cose diverse ... classiche, medioevali, preunitarie, moderne, ... di grandi tirature e vasto mercato, di piccole zecche e piccolo mercato, ..... consideriamo rarità e reperibilità, .... complichiamo le cose accostando la rarità alla conservazione, ............ impossibile trovare un accordo.

Una moneta di elevata valutazione e di difficile reperibilità perché molto ricercata non è rara, è di prezzo elevato e di difficile reperibilità.

Una moneta è rara perché ce ne sono poche.

Logico sarebbe forse leggere la R come reperibilità o ricercabilità (termine ovviamente non corretto ma rende il senso) e non come rarità.

Io ho monete che pochi (uno, due, cinque, dieci altri hanno).... saranno ben più rare di un 5 centesimi del 1914 o no? Qual è il grado di rarità in un confronto? Ha senso attribuirlo?

Per me il grado di rarità è cosa che il singolo collezionista conosce ... se no sa  quale sia vuol dire che il suo percorso di studio non è completo e lo sarà prima o poi .... si basi intanto sul prezzo richiesto.

Lasciamo le sigle ai venditori .... il collezionista cosciente i gradi di rarità non li guarda neppure, se non per farci un sorriso.

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Potremmo partire da un primo punto....per le monete di cui sappiamo l'esatta tiratura, da questo dato.

 

Per le restanti, dalla loro apparizione sul mercato, dalla presenza in collezioni pubbliche e poi dalla conoscenza di esistenza in collezioni private.

 

Poi subentra l'altra variabile, la richiesta di un determinato esemplare....

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Ciao.
 
"Potremmo partire da un primo punto....per le monete di cui sappiamo l'esatta tiratura, da questo dato."

 

Su questo criterio mi vengono subito in mente due obiezioni:

 

1. Non avremmo modo di applicarlo a tutte quelle monetazioni per le quali non disponiamo di dati certi circa la tiratura.

 

Sarebbe pertanto un criterio tendenzialmente utilizzabile per la sola monetazione moderna (o giù di lì).

 

2. La seconda obiezione è che anche in presenza di dati di tiratura ufficiali, questi dati possono non essere attendibile in concreto.

 

Mi rifaccio, per un esempio specifico, al già citato caso dello scudo del 1914, la cui tiratura ufficiale è di oltre 272 mila pezzi, ma che sarà presente sul mercato e nelle collezioni forse in non più di alcune centinaia di esemplari.

 

Che aiuto può fornirci, al fine di stabilire la rarità del predetto scudo, il dato teorico della sua tiratura ufficiale?

 

Mi pare che non sia di nessun aiuto.

 

Il caso non è solo quello dello scudo citato ma di tantissime altre monete, delle quali conosciamo la tiratura ufficiale ma che sono poi state oggetto di demonetazione.

 

A questo punto, o teniamo conto dei pezzi demonetati (quando disponiamo del relativo dato) ottenendo, per differenza, il "saldo" dei pezzi residui, oppure se partiamo dal solo dato teorico della tiratura iniziale non so che utilità ne avremo al fine di stabilire la rarità di quella specifica moneta.

 

"Per le restanti, dalla loro apparizione sul mercato, dalla presenza in collezioni pubbliche e poi dalla conoscenza di esistenza in collezioni private."

 

Questo dovrebbe essere l'effettivo e corretto criterio per determinare la rarità di una moneta, cioè fare un "censimento" del numero dei pezzi esistenti.

 

Ma è un'attività realisticamente realizzabile (lasciando da parte i casi di unicum o di pochi pezzi conosciuti, dove evidentemente è facile risalire al numero di pezzi esistenti)?

 

Saluti. :hi:

M.

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Ciao.

 

"Potremmo partire da un primo punto....per le monete di cui sappiamo l'esatta tiratura, da questo dato."

 

Su questo criterio mi vengono subito in mente due obiezioni:

 

1. Non avremmo modo di applicarlo a tutte quelle monetazioni per le quali non disponiamo di dati certi circa la tiratura.

 

Sarebbe pertanto un criterio tendenzialmente utilizzabile per la sola monetazione moderna (o giù di lì).

 

2. La seconda obiezione è che anche in presenza di dati di tiratura ufficiali, questi dati possono non essere attendibile in concreto.

 

Mi rifaccio, per un esempio specifico, al già citato caso dello scudo del 1914, la cui tiratura ufficiale è di oltre 272 mila pezzi, ma che sarà presente sul mercato e nelle collezioni forse in non più di alcune centinaia di esemplari.

 

Che aiuto può fornirci, al fine di stabilire la rarità del predetto scudo, il dato teorico della sua tiratura ufficiale?

 

Mi pare che non sia di nessun aiuto.

 

Il caso non è solo quello dello scudo citato ma di tantissime altre monete, delle quali conosciamo la tiratura ufficiale ma che sono poi state oggetto di demonetazione.

 

A questo punto, o teniamo conto dei pezzi demonetati (quando disponiamo del relativo dato) ottenendo, per differenza, il "saldo" dei pezzi residui, oppure se partiamo dal solo dato teorico della tiratura iniziale non so che utilità ne avremo al fine di stabilire la rarità di quella specifica moneta.

 

"Per le restanti, dalla loro apparizione sul mercato, dalla presenza in collezioni pubbliche e poi dalla conoscenza di esistenza in collezioni private."

 

Questo dovrebbe essere l'effettivo e corretto criterio per determinare la rarità di una moneta, cioè fare un "censimento" del numero dei pezzi esistenti.

 

Ma è un'attività realisticamente realizzabile (lasciando da parte i casi di unicum o di pochi pezzi conosciuti, dove evidentemente è facile risalire al numero di pezzi esistenti)?

 

Saluti. :hi:

M.

si..hai ragione...il caso delle 5 lire 1914 fa scuola

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 Basta leggere questo intervento per capire come non possiamo (!!!!!!!!!!!!!) metterci d'accordo.

Collezioniamo cose diverse ... classiche, medioevali, preunitarie, moderne, ... di grandi tirature e vasto mercato, di piccole zecche e piccolo mercato, ..... consideriamo rarità e reperibilità, .... complichiamo le cose accostando la rarità alla conservazione, ............ impossibile trovare un accordo.

Una moneta di elevata valutazione e di difficile reperibilità perché molto ricercata non è rara, è di prezzo elevato e di difficile reperibilità.

Una moneta è rara perché ce ne sono poche.

Logico sarebbe forse leggere la R come reperibilità o ricercabilità (termine ovviamente non corretto ma rende il senso) e non come rarità.

Io ho monete che pochi (uno, due, cinque, dieci altri hanno).... saranno ben più rare di un 5 centesimi del 1914 o no? Qual è il grado di rarità in un confronto? Ha senso attribuirlo?

Per me il grado di rarità è cosa che il singolo collezionista conosce ... se no sa  quale sia vuol dire che il suo percorso di studio non è completo e lo sarà prima o poi .... si basi intanto sul prezzo richiesto.

Lasciamo le sigle ai venditori .... il collezionista cosciente i gradi di rarità non li guarda neppure, se non per farci un sorriso.

Una moneta di elevata valutazione e di difficile reperibilità perché molto ricercata non è rara, è di prezzo elevato e di difficile reperibilità.

Una moneta è rara perché ce ne sono poche.???

 

scusi ma si contraddice da solo!!

 

una moneta di difficile reperibilità è RARA perchè non ve ne SONO!!

 

non ci possiamo soffermare solo sulle Tirature delle monete per determinare le rarità!! ci sono esempi lampanti su questo Topic che sono stati citati più volte, le 5 lire del 1914 ecc.. monete su cui andrebbe analizzato il mercato e i pezzi in giro per determinarne l'effettiva Rarità visto la domanda da parte dei clienti e quindi la sua Reperibilità.

 

credo che infatti come dicevo ci sia confusione in giro..

 

un esempio una moneta della Repubblica comune in FDC diventa introvabile e quindi Rara.

una moneta Rara, ma brutta se ne trovano eccome, solo alcuni pezzi sono veramente rari e si parla di date e non di varianti.

 

credo che il 5 lire 1914 sia l'esempio più lampante.

 

io colleziono monete di 300/400/500 anni fa e la tiratura non vuol dire Rarità, la rarità è la domanda del mercato della reperibilità di essa, poi se ci mettiamo la conservazione di mezzo tanto meglio!!

 

saluti

fofo

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"Secondo il mio parere le lire 5 del 1914 sono particolarmente ricercate e costose, ma rare non direi proprio,almeno non nel senso che intendiamo."

 

Concordo. E vorrei ricordare che, anzi, i Cataloghi la indicano come due volte rara (R2).

 

M.

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Secondo me, sono giuste entrambe le teorie, ma una non esclude l'altra.

La rarità può essere data sia dalla bassa tiratura, sia dalla difficile reperibilità.

Un esempio con due monete di VE II:

Il 20 lire Roma del 1873 è dato come R3 (qualcuno lo dà come R4) perché fu coniato in appena 2.100 esemplari.

Il 20 lire Torino del 1856 fu coniato invece in oltre 61.000 pezzi; eppure anch'esso è dato pacificamente come R3, perché è difficile da trovarsi.

 

Ribadisco il mio pensiero: per attribuire il grado più corretto alla monetazione cosidetta "rara", ci potrebbe essere utile il metodo della "comparazione" per tipologia.

Utilizzando l'esempio di prima: se riteniamo il 1856 R3, come consideriamo, in base alla tiratura e alla reperibilità sul mercato, il 1858 Torino o il 1860 Milano? Se il primo è R3, il secondo cos'é? R2 o R? E il terzo? R o NC?

Modificato da tuttonero
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Lo scudo del 1901 per me è paragonabile all'ancoretta...più o meno. :)

E poi..diciamoci la verità..basta avere i soldi e lo scudo del 1901 si trova eccome (anche se con la spada di Damocle del pericolo del riconio). Noto ad esempio che sono anni che ne vediamo uno in vendita su un noto sito numismatico 

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Lo scudo del 1901, per me, è un R4 (forse anche R5).

 

Mi risulta però difficile, in questo caso, utilizzarlo per la comparazione. E' vero che si trova, avendo i grani, ma è stato comunque coniato in poco più di cento pezzi.

 

Forse il "metodo" (si fa per dire) riesce meglio con altre monete, più facilmente reperibili.

Proviamo con la tipologia degli scudi di VE I.

Partiamo da quello del 1821: si può ritenere un R3? Se sì, rispetto a questo, possiamo ritenere il 1816 R2 e gli altri, dal 1817 al 1820, come R?

 

Proviamo a fare la comparazione anche con lo scudo di Umberto I del 1878, dato per R2. Se lo scudo del 1821 è R3, quello del 1878 è R2? Cosa ne pensate?

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Carissimo Elledi,

dico 114 pezzi, ma non sono affatto sicuro.

 

A ben pensarci, anche per una moneta come questa potrebbe servire il metodo della comparazione.

 

Proviamo a confrontare questo scudo con il 20 lire 1825 Genova di Carlo Felice, coniato in poco più di 300 pezzi. In teoria dovrebbe trovarsi di più il secondo del primo (300 contro 100).

Invece non è così.

In molti anni ricordo due/tre passaggi del marengo.

Dello scudo rammento, solo recentemente, la vendita di un esemplare su Asta Felsinea e di due su Numismatica Lago Maggiore...

Il grado di rarità attribuiti al marengo (R5) e quello dello scudo (R4) non sembrano, in effetti, così bilanciati. La forchetta sembra decisamente maggiore.

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Carissimo Elledi,

dico 114 pezzi, ma non sono affatto sicuro.

 

A ben pensarci, anche per una moneta come questa potrebbe servire il metodo della comparazione.

 

Proviamo a confrontare questo scudo con il 20 lire 1825 Genova di Carlo Felice, coniato in poco più di 300 pezzi. In teoria dovrebbe trovarsi di più il secondo del primo (300 contro 100).

Invece non è così.

In molti anni ricordo due/tre passaggi del marengo.

Dello scudo rammento, solo recentemente, la vendita di un esemplare su Asta Felsinea e di due su Numismatica Lago Maggiore...

Il grado di rarità attribuiti al marengo (R5) e quello dello scudo (R4) non sembrano, in effetti, così bilanciati. La forchetta sembra decisamente maggiore.

sono daccordo con te

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R4 basta eccome...un R5 è lo stemmino...quello si che esce una volta ogni 6/7 anni forse....anche la lira dell'83 per me è R4/5

Diciamo che l'R4 è giustificato dal prestigio di cui gode e dalle quotazioni che raggiunge...ma non la considero estremamente rara..semmai estremamente CARA.

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Per stabilire la rarità di una moneta non basta conoscere quante monete esistono sul mercato.  Questo dato da solo non significa nulla, ormai s’è capito. Una moneta potrebbe essere unica ma se non vi sono collezionisti che la ricercano, rimane invenduta, senza valore e pure  di facile reperibilità (anche se unica).  Può aiutare un parallelismo con la statistica medica e introdurre il concetto di “prevalenza”.  In ambito epidemiologico la prevalenza è il numero di eventi osservati  in un periodo K  / il numero di individui nella popolazione nel periodo k.  In campo numismatico la prevalenza di una moneta potrebbe essere semplicemente il numero di esemplari nel mercato (il 1 gennaio)  /  il numero di collezionisti disposti a comprarla (il 1 gennaio).

La definizione temporale è importante perché  il 2 gennaio 100 nuovi collezionisti potrebbero lanciarsi nel collezionismo di quella tipologia di moneta e la prevalenza cambiare sensibilmente (oppure un ritrovamento fortuito aumentare il numero di pezzi disponibili)

Questa frazione, la prevalenza appunto, esprime la vera rarità di una moneta per il collezionista. Ovvero la sua difficoltà a reperirla e in ultima analisi, il prezzo.

Quindi per prima cosa bisogna capire quanti collezionisti ci sono di una data tipologia. Si è fatto l’esempio del  5L 1914. E’ una moneta molto ambìta, interessa praticamente a chiunque bazzichi la numismatica, questo la rende quotata e “rara” perché ha una frazione di prevalenza nettamente a sfavore del collezionista (nonostante di  5L 1914 ce ne siano a centinaia sul mercato, i collezionisti sono migliaia).

Il discorso si complica se si considerano gli esemplari dei musei o delle collezioni non in vendita, diciamo quiescenti, questi esemplari modificano il numero assoluto di monete (potrebbero essere tantissime e la tipologia potrebbe apparire comune)  ma non la loro reperibilità per il collezionista. Quindi modificano la percezione di rarità ma non la reperibilità.

Quindi:

P= N/C

Ove P sta per prevalenza numismatica (o indice di reperibilità)

N sta per numero di monete sul mercato in un dato momento

C sta per numero di collezionisti disposti a comprarla in un dato momento.

Cosa ne dite? Cosi si smetterà di lamentarsi che i sesterzi di Nerone sono comuni  come fanno a costare così tanto … ;)

 

 

Un testo, non italiano, degli anni cinquanta del secolo scorso usava solo tre gradi di rarità così suddivisi:

R = moneta che si trova in poche collezioni 

RR = moneta che si trova solo nelle migliori collezioni

RRR = moneta conosciuta in pochissimi esemplari (da 1 a 5).

Tutto il resto era considerato comune. 

Non mi dispiace questo criterio di valutazione della rarità.

 

Arka

 

 

Discussione molto interessante con molti spunti, tra le varie cose emerse non avevo fatto caso neanche io che i cataloghi stranieri non riportano il grado di rarità a cui noi siamo da sempre abituati.

 

Comunque da quello che mi pare di capire siamo più o meno tutti d'accordo che la definizione di rarità come definita oggi in stretto senso numerico è un tantino antiquata e ci va stretta.

 

Forse andava bene quando si ragionava tra pochi pari grado e pari ceto che collezionavano prevalentemente monete classiche o medievali e dove addirittura ci si basava sulla presenza di una data moneta "in poche collezioni" , "nelle migliori " etc... Per la serie "ci conosciamo praticamente tutti nel giro e sappiamo chi ha cosa" :D

 

Ma oggi in cui il mondo del collezionismo è variegato per ceto, tipologia di collezione e provenienza geografica con quale nuovo "indice" possiamo sostituire questa definizione vetusta di rarità? Sicuramente la questione è complessa.

 

La classificazione anni '50 ricordata da arka non dispiace affatto neanche a me: in quel "poche collezioni"... "migliori collezioni" c'è molto poco di scientifico come definizione ma ridotta ai soli 5 gradi di NC, R, R2, R3 e U (dal momento che è una scala piuttosto traballante perchè complicarla ulteriormente con addirittura 10 gradi?) e unita al fattore "Conservazione" si potrebbe rivelare piuttosto attendibile nella pratica. 

 

Considerando infatti l'esempio di elledi riguardo la 5 lire del 1956 quante collezioni possono annoverarla in bassa/bassissima conservazione? A spanne si direbbe non tutte ma molte... Allora si potrebbe definire "Non Comune."  In media conservazione tipo BB? Già le cose si complicano "poche" allora "Rara" e così via.

 

Già così (con conteggi molto a naso) sarebbe un bel passo avanti.

 

Se volessimo fare poi veramente un salto di qualità in senso più scientifico mi piace moltissimo anche l'idea di applicare il concetto di prevalenza medica alle numismatica come espresso da caius.

 

Certo che in quest'ultimo caso per applicarlo come si deve ci vorrebbe che un Montenegro o un Gigante con i suoi dati a disposizione studiasse attimo la cosa e procedesse di conseguenza.

 

Saluti

Simone

Modificato da uzifox
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Si..una discussione davvero interessante e ricca di interventi pertinenti.

 

A proposito delle lire 5 del 1956...trovatene una FDC (Non circolata)...altro che R5.

ne ho vista una l'anno scorso a parma :D corredata da una illustre perizia...nientepopodimeno che Varesi. ma è davvero una rarità trovarla immacolata.

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Awards

Qualche tempo fa mostrai questa moneta e scherzando la definii R 10.

Qualcuno con molto sussiego ribattè : Per me gli R10 sono cose diverse da varianti piu' o meno opinabili...

La ripropongo:

P.Renier Zecchino d.jpg P.Renier Zecchino r.jpg

sarà pure una variante opinabile ma sfido tutti a trovarne un'altra con questa variante.

[aria con sussiego andante]

La classificazione R1-R10 e ' abbastanza vetusta e non di utilizzo oggi comune ( la usava il Biaggi nelle sue opere sulla monetazione dei Savoia).

Il concetto di rarita' espresso per una moneta non e' un concetto - a rigore - numismatico ( si studio) bensi 'collezionistico'. Il grado di rarita' non e' molto influente per un esame di merito del pezzo studiato, lo e' invece sotto l'aspetto della frequenza con cui si rinviene - ad esempio / nei ripostigli , che fornisce un'idea - ai fini degli studi - sull'effettiva diffusione sell'emissione.

Articoli e libri ( scientifici) di numismatica non fanno mai riferimento ad una scala di rarita' ( e neanche normalmente alla conservazione - tanto cara invece ai collezionisti)

Sotto il profilo collezionistico invece la rarita' ha la sua bella rilevanza. Quello da porre in evidenza e' la rarita' dell'emissione innanzitutto. Le varianti -che possono anche essere ricercatissime quando costituiscono una tipologia originale ( un esempio per tutti: il coronato con il volto del drago a testa umana rmesso per la sconfitta dei baroni da Derdinando I d'Aragona) , laddove si presentino con differenze di legenda, interpunzioni e altri particolari minori - pur rare o rarissime - rivestono un interesse piu modesto.

La scala R1-R5 piu' comunemente adottata e' ancora pratica. Ovviamente va adattata alle varie monetazioni . Per alcune serie un R5 sara' da 2a 4 esemplari. Per altre ( aurei o denari romani) potrebbe allargarsi a 6-10 esemplari ( per i compilatori sei cataloghi di romane emissioni oggi conosciute in 20 es sono considerate gia' rarissime).

Un eventuale grado R6 non parrebbe congruo con le scale comunemente utilizzate che gia' sono piu' che sufficienti ad inquadrare questo aspetto - squisitamente collezionistico - sotto il quale puo' essere analizzata un'emissione

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